Joe Lovano, dalla Sicilia a Coltrane sulle ali del jazz supremo (visto da Maresco)

Il documentario sul sassofonista, sulle sue origini ad Alcara Li Fusi ed il suo amore sconfinato per il jazzista più grande di tutti, approda al Filmmaker festival di Milano. Un viaggio che tocca il melodramma ottocentesco, i canti di lavoro ancora intrisi di influenze arabe, il blues, il ragtime e i canti religiosi e delle piantagioni dei neri

Nel 1965 John Coltrane pubblica il suo sedicesimo disco, il più importante della sua carriera ma anche della storia del jazz: A Love Supreme. A quell’epoca Joe Lovano ha 12 anni e vive a Cleveland con i genitori. Suo padre era partito molti anni prima con un asino da Alcara Li Fusi, in Sicilia. Aveva raggiunto Palermo e si era imbarcato per l’America. Con sé portava un forte amore per la musica.

Quando dopo la guerra dovette aprire un negozio di barbiere, lo riempì di dischi (e fra una sforbiciata e l’altra anche di musicisti). Joe era cresciuto in quell’ambiente. Aveva visto suo padre suonare con Coltrane, era stato mandato a studiare alla Berklee, aveva respirato l’aria del Village Vanguard di New York: un locale nel cuore del Greenwich Village fondato nel 1935 da un lituano con aspirazioni letterarie, che per anni aveva ospitato poeti beat e musica folk e poi si era invece consacrato al jazz. Passavano di lì musicisti come Charles Mingus e ovviamente lo stesso Coltrane.

La sua prima volta (in Sicilia)

Molti anni dopo Joe Lovano si trova a raggiungere Palermo per un concerto in omaggio a Coltrane. Per lui è la prima volta nella Sicilia dei suoi genitori: incontrerà la cultura da cui proviene e uno stuolo di parenti mai visti prima. È questo viaggio, da New York ad Alcara Li Fusi, che viene raccontato in Lovano Supreme, l’ultimo documentario di Franco Maresco.

Il film verrà presentato in prima visione italiana a Filmmaker Festival venerdì 24 novembre alla Cineteca Arlecchino di Milano nella sezione Fuori Concorso.

In casa Coltrane

Lovano Supreme è un prisma di omaggi – titolo e concerto dedicati a Coltrane, il film a Lovano stesso ma anche alla Sicilia di Maresco che per una volta viene raccontata con uno spicchio di positività in più e uno in meno di cupezza. Ci muoviamo fra gli Stati Uniti e la Sicilia, fra gli anni Cinquanta e Sessanta di Coltrane e l’oggi di Lovano e Maresco, fra le riprese del documentario e i bellissimi materiali d’archivio. Entriamo nella casa di Coltrane, l’ultima in cui ha vissuto, e ascoltiamo Lovano suonare – per la troupe o per se stesso – la musica del maestro come a volerne “evocare lo spirito”.

E poi, atterrati in suolo siciliano, assistiamo alle prove del concerto con tre musicisti italiani che riferiscono di un Lovano stranamente teso e duro, incalzato dalla responsabilità enorme di questo concerto e dall’emozione di questo ritorno.

Lezioni di jazz

Momenti diversi raccontano il musicista o il paese, la storia politica o musicale, il passato o il presente. In Sicilia, vediamo Lovano impegnato a tenere una lezione di jazz in una scuola, indossando sempre pantaloncini molto corti, camicia molto colorata, occhiali da sole violacei e cappello di paglia. E poi osserviamo con ironia la cittadinanza onoraria offerta da Alcara Li Fusi e l’accoglienza pomposa del sindaco di Cesarò.

E ovviamente il mercato di Ballarò, i mercanti che urlano e incartano pesce, le processioni, le donne anziane che sbucciano pomodori e preparano la passata in enormi pentoloni: la Sicilia insomma che ha voglia di vedere un americano alla ricerca delle proprie e origini. La voce off ripercorre la storia e il viaggio di Lovano che a sua volta racconta la vita musicale del suo maestro fino a trovare un filo che lega tutto.

Lovano e l’amalgama di tradizioni

Questo filo partì dalla Sicilia attraversando le note del melodramma ottocentesco e i canti di lavoro ancora intrisi di influenze arabe – racconta Maresco – giunse negli Stati Uniti e lì si fuse con il blues, il ragtime e i canti religiosi e delle piantagioni dei neri “con i quali i siciliani e gli italiani in generale condividevano le discriminazioni razziali e marginalizzazioni da parte di un’America che democratica e libertaria lo era solo nella Costituzione”.

Lovano è uno degli ultimi rappresentanti di questo eterogeneo amalgama di tradizioni e suoni che oltre oceano si fusero in un unico amore per la musica. Love supreme, racconta Lovano verso la fine, è un titolo che ci dice tutto quello che dobbiamo sapere di Coltrane perché lui suonò per tutta la vita con un amore supremo. In Lovano Supreme Franco Maresco mette molto di questo amore per la musica e celebra fra le righe le commistioni culturali e musicali che l’hanno resa possibile.