Il crollo dei media continua: BuzzFeed è l’ultima azienda a tagliare la propria forza lavoro. La testata digitale guidata da Jonah Peretti ha dichiarato che taglierà la sua forza lavoro del 16%.
“Gli editori digitali si trovano ad affrontare molteplici venti contrari nell’attuale mercato, e i nostri recenti risultati in termini di ricavi riflettono il fatto che un approccio basato su un portafoglio di pacchetti non è in linea con le attuali tendenze degli inserzionisti o delle piattaforme”, ha scritto Peretti, Ceo di BuzzFeed, in un’e-mail inviata allo staff mercoledì 21 febbraio.
“E soprattutto, la nostra performance non riflette il valore o il potenziale di crescita futura dei nostri singoli marchi. I cambiamenti che stiamo apportando per ridurre le dimensioni dei nostri team commerciali e amministrativi consentiranno a ciascun marchio di operare in modo più autonomo. In futuro, ci concentreremo sull’introduzione sul mercato di ciascuno dei nostri marchi, con particolare attenzione alla loro differenziazione per i nostri partner pubblicitari e di piattaforma”.
BuzzFeed ha anche dichiarato mercoledì 21 febbraio che venderà la piattaforma Complex alla piattaforma di shopping livestream NTWRK per 108,6 milioni di dollari, più 5,7 milioni di dollari destinati ai costi d’ufficio e di liquidazione. BuzzFeed manterrà la rivista First We Feast nell’ambito dell’accordo.
BuzzFeed, tagli dopo tagli
I nuovi licenziamenti arrivano quasi un anno dopo che BuzzFeed ha ridotto il suo personale del 15% e ha chiuso BuzzFeed News, concentrando tutti i suoi contenuti giornalistici nell’HuffPost. Mercoledì l’azienda ha annunciato anche una nuova struttura, con BuzzFeed, HuffPost, First We Feast e Tasty che opereranno come proprie linee di business “con strategie individuali e linee di ricavo adattate alle dinamiche del mercato e del pubblico”.
I dettagli specifici della nuova ristrutturazione saranno resi noti il 28 febbraio (data in cui saranno informati anche i dipendenti), ma l’azienda afferma di aspettarsi un risparmio annuo di 23 milioni di dollari. Nella sua e-mail Peretti ha affermato che HuffPost, Tech, BuzzFeed Studios, Tasty, First We Feast (incluso Hot Ones) e International non saranno interessati dai tagli, che riguarderanno in totale poco meno di 160 persone.
L’azienda utilizzerà il denaro ricavato dalla vendita di Complex per pagare gli obblighi di debito e per rafforzarsi finanziariamente in futuro.
“I cambiamenti annunciati oggi permetteranno alla nostra azienda di entrare in una fase entusiasmante, con una maggiore attenzione ai nostri marchi iconici – BuzzFeed, HuffPost, First We Feast, Hot Ones e Tasty -, una struttura dei costi e un modello operativo più efficienti e la possibilità di accelerare l’innovazione grazie all’intelligenza artificiale e ai formati di contenuti interattivi”, ha dichiarato Peretti in un comunicato. E continua: “Non vedo l’ora di condividere ulteriori informazioni nei prossimi mesi”.
Un settore in crisi
BuzzFeed ha anche avvertito gli investitori che i ricavi del quarto trimestre si aggireranno tra gli 87 e i 98 milioni di dollari (che includono i ricavi di 14-18 milioni di dollari per Complex), rispetto alle prospettive finanziarie di 99-10 milioni di dollari condivise a novembre.
“Durante il quarto trimestre il nostro business esperienziale ha subito un impatto sotto forma di minori ricavi da sponsorizzazione per l’evento annuale di punta del marchio, ComplexCon, riteniamo a causa della messa in vendita dell’asset Complex“, ha dichiarato Matt Omer, Cfo di BuzzFeed, in un comunicato. “Inoltre, la performance complessiva dei nostri ricavi riflette le sfide legate alla nostra strategia di go-to-market in un mercato pubblicitario digitale più ristretto. Di conseguenza, abbiamo deciso di ridurre le dimensioni delle nostre operazioni centralizzate, consentendo ai nostri singoli marchi di operare con maggiore autonomia e di realizzare le loro proposte di valore differenziato per gli inserzionisti”.
I tagli a BuzzFeed avvengono nel contesto di un mercato dei media in fermento, come ha accennato Omer nella sua dichiarazione. Il Washington Post, il Los Angeles Times, il Time, The Messenger, Condé Nast, Sports Illustrated, Business Insider, Paramount, Forbes, il Wall Street Journal, il New York Daily News, il National Geographic e il Baltimore Sun sono stati oggetto di licenziamenti o di lotte sindacali nelle ultime settimane, con i modelli di business in subbuglio e la pubblicità (almeno per i media e la TV lineare) ancora in crisi.
Traduzione di Pietro Cecioni
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