“Giornalisti sostituiti dall’IA”: la Bild Zeitung taglia 200 posti di lavoro. Poi toccherà al cinema?

L'annuncio dell'Axel Springer Verlag, che edita il quotidiano più diffuso del Paese: "Dovremo separarci da colleghi che possono essere sostituiti dall’intelligenza artificiale". La notizia arriva mentre a Hollywood va avanti lo sciopero degli sceneggiatori: il tema degli algoritmi "generativi" è al centro della protesta. E' l'inizio di una nuova era?

La chiamano intelligenza artificiale generativa. Un’espressione romantica, che evoca la nascita di un tempo nuovo, in cui il positivismo digitale disegnerà scenari mirabolanti. E invece rieccoci davanti al lato oscuro della forza di Chat GPT: licenziamenti, nel nome delle “magnifiche sorti e progressive” dell’algoritmo. Dopo gli sceneggiatori di Hollywood in sciopero, i giornalisti. Dopo gli Stati Uniti, la Germania. Niente di meno che la Bild Zeitung di Axel Springer, che – secondo quanto riportano alcuni media tedeschi, tra cui la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) online – sta per dare il via a una “sostituzione occupazionale”.

Oscuri presagi

Si tagliano 200 posti di lavoro. Si chiudono diverse piccole sedi regionali: da 18 a 12 (Bild Rheinland, ad esempio, prenderà il posto di Bild Dusserdolf e Bild Colonia). In nome di un doppio movimento che non guarda in faccia a nessuno: ammodernamento e risparmio.

La mossa era stata annunciata già a febbraio, ma da poche ore sembra farsi notizia. La battono le agenzie anche in Italia, anche se la stragrande maggioranza dei giornali sembra al momento girare la testa di lato. Oscuri presagi? Intanto dal 1 gennaio 2024 si stacca la slavina. L’impresa del tabloid più letto di Germania abbraccia la policy del “digital only”: prima il digitale e poi la carta stampata. Fin qui, in linea con ogni piano editoriale del momento.

Lacrime e sangue dell’era digitale

Ma l’Ansa riporta stralci di una mail firmata Marion Horn e Robert Schneider (direzione giornalistica), insieme a Christopher Eck-Schmidt e Claudios Senst (direzione manageriale). Un manifesto triste che rischia di segnare l’inizio di una nuova era di lacrime e sangue occupazionale 2.0. Si promette di limitare i licenziamenti a soluzioni accettabili sul piano sociale, scrivendo esplicitamente in un passaggio una frase-slogan che non ci gira attorno: “Purtroppo dovremo separarci da colleghi che hanno compiti che possono essere sostituiti dall’intelligenza artificiale o dai processi del mondo digitale”.

Una copia della Bild Zeitung, il tabloid più popolare della Germania

Una copia della Bild Zeitung, il tabloid più popolare della Germania

Purtroppo.

Purtroppo l’investimento in sistemi di intelligenza artificiale capaci di generare articoli simili a quelli scritti da esseri umani pensanti rende molto economicamente e ossigena i bilanci. Purtroppo consente di risparmiare in buste paga, welfare aziendale, orario di lavoro, diritti e agitazioni sindacali. Purtroppo  la perdita di una cultura realmente generativa – di approfondimento, di pensiero critico, di capacità di discernimento e di inchiesta – fa comodo a una politica divisa tra populismi e tecnocrazie. Purtroppo quello che accade alla Bild rischia di essere solo l’inizio di una pratica diffusa destinata a impattare sul piano occupazionale su comparti in cui la scrittura disegna mondi e modella prodotti culturali.

Uso indiscriminato dell’IA

Cinema e serie tv, oltre a tv e giornalismo. Erano 15 anni che Hollywood non vedeva uno sciopero come quello promosso ormai quasi due mesi fa dalla Writers Guild of America (Wga), l’associazione che rappresenta a livello sindacale gli sceneggiatori americani di tv e cinema. Uno sciopero che, oltre agli sceneggiatori, sta coinvolgendo gli attori (che a inizio giugno hanno autorizzato il sindacato a unirsi alla battaglia del comparto scrittura) e ha diviso anche il mondo dei registi. Al centro del quale, per la prima volta, c’è la battaglia contro l’uso indiscriminato dell’intelligenza artificiale.

E dunque Achtung, pericolo. Perché nell’affascinante guerra dei mondi tra passato e futuro, un tassello alla volta, si rischia di trasformare l’originalità in disvalore, il prodotto autoriale in merce fungibile, in un orizzonte di livellamento inquietante, che dall’altro lato della medaglia dei licenziamenti disegna, peraltro, uno scenario opposto e contrario a ogni cultura delle differenze.