Massimiliano Gallo: “Cinema e teatro d’autore non soccomberanno all’IA. Sono come Napoli, inimitabili”

Un antidivo che ha saputo entrare nelle nostre case con il garbo e il carisma che ha ereditato dal padre Nunzio, ma sapendo spesso anche incarnare meravigliosi perdenti come l'avvocato Malinconico. Si racconta a THR Roma, a partire dal suo legame con la città partenopea

“L’altro giorno sono finito in largo Nunzio Gallo, e l’emozione è stata fortissima. Mio padre mi ha dato tutto: l’entusiasmo per questo lavoro, e insieme la capacità di non prendersi mai troppo sul serio. Nonostante una carriera straordinaria, quando lo chiamavano ‘maestro’ si metteva a ridere”.

La dedizione e l’umiltà. L’amore per il mestiere, per comunicare emozioni sul palco, e la coscienza che si tratta comunque di artigianato. Massimiliano Gallo è il figlio del cantante Nunzio Gallo, fratello minore dell’attore Gianfranco Gallo. Ed è, come forse nessun altro in questo momento, il volto di Napoli al cinema e in tv.

Per il cinema, sta girando Napoli milionaria con la regia di Luca Miniero. In televisione, tornerà con la seconda stagione di Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso: un antieroe, un personaggio realmente atipico nella galleria dei molti eroi televisivi. Massimiliano Gallo è stato premiato recentemente al Giffoni film festival. Ha incontrato le centinaia di ragazzi che sono i giurati – e la forza – della manifestazione di cinema per ragazzi più importante d’Europa. E mentre l’auto lo stava portando a Giffoni dal set napoletano, si è raccontato in questa intervista.

Partiamo da Napoli milionaria, dalla pièce che Eduardo scrisse immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1945
Ci sono moltissimi rimandi al nostro presente. Sono ancora sconvolto dalla forza di Eduardo: scrisse quando la guerra era appena finita. E scrisse una commedia amara, che mostra come la guerra faccia perdere l’innocenza alle persone. La guerra cambia irrimediabilmente le persone”.

“Ha da passà ‘a nuttata”. È la frase più celebre della pièce. Le parole che dice il medico, dopo aver somministrato la medicina alla bambina Rinuccia. Una frase diventata proverbiale. Oggi a che cosa la riferirebbe?
Alla situazione del paese. Lo vedo in un momento complicato. Abbiamo vissuto un grande ottimismo, persino eccessivo, negli anni ’80. Oggi vedo dei ragazzi in stato quasi depressivo. Per il lavoro, per la situazione internazionale. Perché ci sono persone il cui lavoro viene pagato pochissimo.

La nuttata passerà?
Ho una figlia di ventun anni, mia moglie ha un figlio di undici: penso sempre a loro. E penso che a loro, come ai loro coetanei, consegniamo un mondo terribile, e questo mi fa molta rabbia. Però vedo molti ragazzi maturi, centrati. Spero, per i miei figli e per tutti quelli che sono giovani oggi, che abbiano la fortuna e la volontà di coltivare una passione.

Napoli è il centro della sua vita, delle sue interpretazioni da attore. Napoli è stata, quest’anno, al centro della vita sportiva e artistica d’Italia. Che cosa ha di speciale questa città? Qual è la forza di Napoli?
Napoli ha una qualità eccezionale: accoglie, assorbe e rimodella. Assorbe tradizioni culturali diverse, da sempre. Basti pensare a Pino Daniele: il blues e la musica napoletana, la musica nera e il dialetto. Oppure basterebbe pensare ai chioschi che hanno il kebab, ma insieme alle sfogliatelle.

Napoli, città aperta
Sì, nel senso del non pregiudizio, della metamorfosi continua. Napoli parla tante lingue, Napoli è un laboratorio di mondo. Ed è davvero ‘mille culure’: ieri abbiamo girato una scena di Napoli milionaria in via Petracca, e siamo entrati in luoghi di una bellezza allucinante. A pochi passi, tutto un altro mondo.

Gli attori americani sono in sciopero contro l’uso dell’intelligenza artificiale nel cinema. A lei fa paura?
Molta. Ma credo che non riuscirà a toccare il nocciolo duro dell’arte: il guizzo dello sceneggiatore, l’intuizione del giornalista, il colpo di scena mai scritto prima non si imitano, non si costruiscono artificialmente. Sono ottimista: il cinema d’autore, il teatro d’autore, la letteratura d’autore non moriranno, non soccomberanno neanche davanti all’intelligenza artificiale.

Sta lavorando tantissimo. Ha finito di girare la terza stagione di Imma Tataranni,  e da settembre inizierà a girare la seconda stagione di Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso. Che cosa rappresenta per lei questa serie?
Una grande scommessa. Ho pensato che Raiuno non avrebbe voluto proporre un personaggio così ‘scorretto’, un non vincente, uno che deve fare a botte con le bollette per arrivare a fine mese. Ma proprio per questo suo essere vulnerabile, sconfitto, molte persone si sono riconosciute in lui. È un figlio della crisi, ed è anche una delle molte persone perbene di questo paese”