Trent’anni dall’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio. Cronologicamente per me questa storia è iniziata il 23 settembre 2000. Lo ricordo bene perché era il giorno del mio trentasettesimo compleanno. Il produttore Gherardo Pagliei e il suo avvocato Luciano Sovena (qualche anno dopo amministratore delegato di Cinecittà-Luce) mi avevano proposto di scrivere e dirigere un film ispirato alla vicenda.
All’epoca non festeggiavo mai i miei compleanni, cercavo sempre di sfuggire inventarmi un impegno o un viaggio. Quel giorno mi trovavo sul traghetto Civitavecchia-Olbia per dei sopralluoghi in Sardegna e, avendo un bel po’ di tempo a disposizione, avevo scritto una lettera a Giorgio e Luciana Alpi che avrei incontrato un paio di settimane dopo a Roma.
Nella lettera esprimevo le mie perplessità per il timore che un film su un caso come quello, a distanza di pochi anni dall’evento, rischiasse di diventare inutilmente “consolatorio” e che potesse persino finire per fare il gioco di quei poteri forti che avevano commissionato l’omicidio.
Cautela e rispetto
Quando poi incontrati Giorgio e Luciana mi dissero di aver apprezzato la mia lettera perché, a differenza di altri registi e sceneggiatori che mi avevano preceduto, non avevo pensato solo all’occasione di fare un film importante con la conseguente visibilità e i vantaggi del caso, ma avevo mostrato “cautela e rispetto”. Fu l’inizio di una bellissima amicizia e collaborazione, durata fino alla loro morte: Giorgio nel 2010, Luciana nel 2018.
Decidemmo insieme di andare avanti, perché un film, se rigoroso e corretto, avrebbe almeno aiutato a “tenere aperte le contraddizioni” e la memoria. Iniziò così a germinare l’idea de Il più crudele dei giorni. Parafrasando Thomas S. Eliot, che attribuisce a un mese dell’anno la caratteristica della “crudeltà”, abbiamo pensato ad un giorno, quel giorno a Mogadiscio, come inizio di un’altra “crudeltà”, non tanto e non solo per la morte violenta, ma per tutto quello che ne è seguito, che abbiamo poi cercato di raccontare, dando il “LA” con la citazione di Pasolini nella prima scena.
Sette processi
Il “Romanzo delle stragi” è una dichiarazione d’intenti che rispondeva appunto alla prima domanda che con Marcello Fois (co-sceneggiatore) ci eravamo posti sul senso dell’operazione. Entrare in questa vicenda, a parte la realizzazione del film, è stata per me un’esperienza fondamentale per imparare a leggere il non detto, per comprendere come quello che potrebbe sembrare fantapolitica è la normalità nascosta dal potere mediatico e oppressivo delle moderne democrazie, comandate dalle lobby economico-bancarie che agiscono indisturbate depredando sistematicamente i cittadini con la complicità dei governi.
Ho avuto sette processi per diffamazione per aver realizzato il film, tutti archiviati. Queste azioni di disturbo però hanno spesso avuto la meglio. La Rai, che da subito aveva subito pressioni e minacce per il suo coinvolgimento, ha affrontato solamente una volta le grane e i fastidi della messa in onda quando invece, da contratto, avrebbe avuto la possibilità di trasmettere il film diverse volte nell’arco di alcuni anni. Da allora l’oblio.
Poi, cinque anni fa, l’amico Andrea Purgatori, volle il film per il 25esimo anniversario, come preludio alla sua trasmissione sul caso Alpi su La7. Dopo varie vicissitudini alla fine, nonostante le minacce di querela, decisero di mandarlo in onda.
Chi ha pagato per la morte di Ilaria
Mettendo da parte la cronologia, a me sorge spontaneo il pensiero di Hashi Omar Hassan, il giovane somalo che fu l’unico a pagare per la morte di Ilaria e Miran. Condannato all’ergastolo dopo diciotto anni di prigione era stato assolto e risarcito per non aver commesso il fatto. A scagionarlo, dopo tanti anni dietro le sbarre non è stata la giustizia, ma una giornalista di Chi l’ha visto?, Chiara Cazzaniga, che con un serio giornalismo investigativo ha smascherato il complotto con tanto di falsi testimoni, corrotti ad hoc per dare un colpevole all’opinione pubblica.
Avevamo iniziato a seguire Hashi con l’idea di raccontare la sua storia in un documentario, ma il 6 luglio 2022, lo hanno fatto saltare in aria a Mogadiscio. Era tornato in incognito per visitare la madre malata ma una bomba solito il sedile della sua auto ha messo fine alla sua vita, e forse a una pericolosa memoria. Avevamo appena iniziato le riprese in Olanda (dove abitava) dopo una serie di viaggi e incontri per lo sviluppo del progetto: stava cominciando ad aprirsi. Contavamo di andare con lui a Mogadiscio nei mesi a seguire, dove aveva aiutato molte persone con i soldi del risarcimento danni per l’ingiusta detenzione, e nel suo villaggio aveva fatto costruire un pozzo per l’acqua, migliorando la vita di migliaia di somali.
Era una persona solare che amava la vita: persino nella prigione aveva visto un’occasione di crescita. Non si era mai lamentato ed era molto apprezzato dai direttori delle varie carceri nelle quali aveva transitato negli anni perché riusciva sempre a smussare le tensioni e aiutava tutti. Ci raccontava ridendo che, da innocente, era diventato amico dei peggiori criminali, primo tra tutti il serial killer Donato Bilancia.
Come ogni 20 marzo
Come ogni 20 marzo conto di sentire al telefono gli amici con i quali negli ultimi anni ho condiviso questa parte della storia: Mariangela Gritta Greiner, Francesco Cavalli, Luciano Scalettari, Alessandro Rocca…
C’è una luna scia di morti misteriose nel caso Alpi, e con quella di Hashi anche per me questa vicenda si conclude, ma rimarrà sempre una parte importante della mia vita.
Per chiudere con un breve ricordo del film, mi sembra che tutto abbia funzionato alla perfezione, dal sodalizio nella scrittura con Marcello Fois, al cast (Giovanna Mezzogiorno e Rade Sebedzija nei ruoli di Ilaria e Miran), alla troupe, alla bellissima fotografia di Giovanni Cavallini, al montaggio di Claudio Cutry e Alessandro Heffler, all’originale colonna sonora di Paolo Fresu.
Negli anni ho scoperto che Il più crudele dei giorni continua ad essere proiettato in moltissime scuole in tutta Italia, oltre che in diversi corsi di giornalismo, dando ragione alla previsione di Giorgio e Luciana Alpi.
— A seguire un video che ho realizzato per ricordare Giorgio Alpi. Con la voce di Omero Antonutti, testo di Marcello Fois e musiche di Paolo Fresu.
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