Come Steven Spielberg convinse Will Smith a recitare in Men in Black: “Mi mandò un elicottero”

In una recente intervista con Kevin Hart, l'attore ha anche raccontato di essersi spinto "troppo in là" nell'immergersi nel ruolo dello schiavo nel film tratto dalla storia vera Emancipation - Oltre la libertà, uscito nel 2022

Will Smith ha svelato come Steven Spielberg lo abbia convinto ad accettare un ruolo da protagonista in Men in Black. Nell’ultima puntata del talk show Hart to Heart di Kevin Hart, l’attore ha dichiarato di essere stato sul punto di rifiutare diversi ruoli nel corso della sua carriera, se non fosse stato per James Lassiter, suo ex-manager e storico socio in affari.

Smith ha detto che Lassiter era “l’arbitro del gusto” ed è in realtà il motivo per cui ha deciso di accettare alcuni dei suoi progetti più importanti. “Nel mio periodo di massimo successo, i dieci film che ho fatto all’apice della mia carriera, sono tutti figli di una scelta di JL”, ha detto. “Aveva occhio. Non volevo fare La ricerca della felicità. Non volevo fare Alì. È JL che ha scelto Men in Black, io non volevo farlo”.

L’attore ha spiegato che inizialmente era restio sull’accettare il ruolo nel film del 1997, perché era reduce da Independence Day, uscito nel 1996, e “non volevo fare due film sugli alieni di fila”. Ma Spielberg, che era produttore esecutivo di Men in Black, non aveva intenzione di accettare un “no” come risposta, così aveva contattato personalmente Smith per cercare di convincerlo a prendere la parte del protagonista.

Il ricordo di Will Smith

“Steven Spielberg mi mandò un elicottero”, ha ricordato Smith. “Ero a New York. L’ha mandato solo per parlarmi e l’ha fatto atterrare a casa sua. Mi aveva già convinto al ‘ciao’. Ed è stata la prima volta che ho bevuto una limonata con acqua gassata. Non si può dire di no ad una cosa del genere”.

“È stato freddissimo quando mi ha parlato”, ha scherzato l’attore. “Mi ha detto: ‘Dimmi, dimmi perché non vuoi fare il mio film’. Per diplomazia ha messo dei puntini di sospensione alla fine del discorso. Se avesse continuato, avrebbe detto: ‘Buffone, lo sai che ho fatto Lo Squalo, vero? Lo sai che ho fatto E.T.?'”. Smith ha poi deciso di recitare nel ruolo dell’Agente J nei tre film di Men in Black.

Durante la conversazione con Hart, l’attore premio Oscar ha parlato anche di Emancipation – Oltre la libertà e della sua sensazione di essersi spinto troppo oltre per il ruolo. Smith interpretava Peter nel film, basato sulla storia vera di uno schiavo in fuga dai proprietari di una piantagione che lo avevano quasi ucciso. Smith ha dichiarato di essersi immerso troppo nel ruolo durante le riprese e di essersi perso durante il processo creativo.

Emancipation – Oltre la libertà e quelle catene vere

“Solo a parlarne, mi viene da piangere”, ha detto ricordando la lavorazione di Emancipation – Oltre la libertà. “Volevo percepire la degradazione della schiavitù e mi sono spinto troppo in là. Ho scoperto il livello più alto della brutalità umana, quello che ci facciamo l’un l’altro”. L’attore ha anche descritto un momento di terrore sul set, quando gli è preso il panico perché i membri della troupe non riuscivano a togliergli le catene che aveva al collo per una scena.

“Dicevo: ‘Voglio sentire il peso, quello reale. Voglio delle catene vere’”, ha spiegato Will Smith. “Così hanno preso delle vecchie catene e me le hanno messe al collo. Le stavano adattando alla mia misura e io ero lì in piedi. L’attrezzista ha messo dentro la chiave e non funzionava. Ho pensato: ‘Oh no. Will, rilassati’. Ero lì in piedi e loro correvano tutt’intorno e non riuscivano a tirarmi fuori. Ero sul filo dell’iperventilazione”.

Alla fine è stato liberato, ma Smith ha sottolineato che, sebbene interpretare il personaggio gli sia costato molto in termini personali, non cambierebbe mai l’esperienza vissuta. “Non la scambierei mai con nient’altro”, ha aggiunto. “È stata una delle migliori che abbia mai fatto come attore. Peter mi ha fatto conoscere Dio. La mia fede è diventata solida dopo aver lavorato a quel film”.

Traduzione di Nadia Cazzaniga