Il martire Allende e il fantasma Pinochet: il viaggio a ritroso di Guzman nell’11 settembre cileno

Nel cinquantesimo anniversario del golpe arrivano per la prima volta nelle sale italiane Il mio paese immaginario ed altri quattro film firmati dal grande regista: un’occasione preziosa per riportare la memoria agli anni della dittatura. Che ancora estende le sue ombre sul presente

Ai tempi di Unidad Popular cantavamo “el pueblo unido / jamas será vencido”. Era una canzone degli Inti Illimani, che in quel momento (primi anni ’70) in Italia erano popolari quanto i Beatles. Salvador Allende era un eroe. La sua fine fu un momento terribile e un monito angosciante per tutti coloro che sognavano di vedere le sinistre al potere in Europa.

Oggi lo slogan è “machiriweu”. Parola che viene sempre dal Cile, ma è lingua mapuche. Significa “mai sconfitti”. La spiega, nel film Cile – Il mio paese immaginario di Patricio Guzmán, la linguista di etnia mapuche Elisa Loncon. È una delle tante donne intervistate nel film (solo interviste con donne, giusta scelta politica e morale di Guzmán). Oltre a essere un’insegnante (una “Acádemica”, ci informa la didascalia) è stata la presidente dell’Assemblea Costituente che nel 2022 ha tentato di dare al Cile una nuova costituzione. Purtroppo, come è noto, tale costituzione è stata bocciata dal voto popolare e in questo momento la situazione è di stallo.

La Costituzione del vampiro

Attualmente è ancora in vigore la Costituzione di Pinochet, un fantasma politico che non vuole scomparire – come ha testimoniato anche il recente film di Pablo Larrain visto a Venezia, El Conde, dove l’ex dittatore riappare in forma di vampiro.

L’11 settembre ricorre il 50esimo anniversario del golpe di Pinochet. È una data maledetta, l’11 settembre. E il primo a ricordarlo fu, anni fa, Ken Loach: quando nel 2002 lo invitarono a partecipare a un film collettivo sull’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, accettò e poi sparigliò le carte girando un episodio in cui si ricordava la tragedia cilena, avvenuta lo stesso giorno, ma nel 1973.

In occasione del cinquantenario Zalab e I Wonder con il patrocinio dell’Ambasciata del Cile in Italia porteranno per la prima volta nelle sale cinematografiche italiane, a partire dall’11 settembre 2023, Cile – Il mio paese immaginario, il nuovo film di Patricio Guzmán passato fuori concorso a Cannes nel 2022.

Patricio Guzman alla Berlinale nel 2015

Patricio Guzman alla Berlinale nel 2015

Sempre a partire dall’11 settembre torneranno in sala (sempre con la stessa distribuzione) altri quattro film di Guzmán: Salvador Allende (2004), Nostalgia della Luce (2010), La Memoria dell’acqua (2015) e La Cordigliera dei sogni (2019). È un’occasione preziosa per riflettere su ciò che è successo, riportare la memoria agli anni della dittatura e riflettere sul presente e il futuro dell’America Latina. È anche, aggiungiamo noi, l’occasione di conoscere un grandissimo regista: Guzmán è un grande artista, il più grande regista cileno contemporaneo (no, non ci stiamo dimenticando di Larrain…); i suoi film sono al tempo riflessioni politiche e viaggi poetici nella memoria di un paese.

La rivoluzione dei tornelli

Cile – Il mio paese immaginario è un documentario puro ed è paradossalmente il meno bello dei cinque. Inoltre, ahinoi, è datato: si conclude con la vittoria elettorale di Gabriel Boric e quindi, giocoforza, lascia fuori tutto quello che è successo dopo, la bocciatura della Costituzione, il drammatico calo di consensi del giovane presidente.

Ma mostra, prima, la famosa “rivoluzione dei tornelli” iniziata nell’ottobre del 2019 dopo l’aumento dei prezzi della metropolitana di Santiago: una rivolta dal basso che portò in piazza milioni di persona, soprattutto donne stanche di una finta democrazia e di un patriarcato feroce simboleggiato dai poliziotti e dai “carabineros” in perenne assetto da guerra.

Guzman lo sa meglio di tutti

Dice bene la politologa Claudia Heiss, una delle donne intervistate: non si scioglierà mai il nodo sociale cileno senza un cambiamento delle forze armate e di polizia, figlie di un retaggio fascista – vengono ancora addestrate e indottrinate come ai tempi di Pinochet – che indica un legame mai davvero interrotto con la dittatura.

Dai tempi di Allende il Cile è un “laboratorio” politico che ci riguarda tutti. Guzmán, che prima di fuggire all’estero fu prigioniero nel famigerato stadio di Santiago trasformato in un lager (aveva 32 anni), lo sa meglio di tutti. I suoi film circuitati da Zalab e I Wonder sono una lezione di cinema e di storia.