L’India ha fatto ritorno al Festival di Cannes, dopo dieci anni di assenza dal concorso per la Palma d’Oro, con All We Imagine As Light di Payal Kapadia che si contende l’ambito premio con opere come Kinds of Kindness di Yorgos Lanthimos e Megalopolis di Francis Ford Coppola.
Il film di Kapadia, la storia di due infermiere in viaggio per seguire i loro sogni e sfuggire dai drammi domestici – è il primo film dal 1994 a essere selezionato dal paese per la Palma d’Oro. La notizia che All We Imagine as Light era arrivato in concorso ha suscitato scalpore in India ed è stata inquadrata nel contesto della crescente portata internazionale del cinema indiano, un anno dopo il successo mondiale di RRR, che ha vinto l’Oscar per la migliore canzone originale e ha contribuito a ridefinire i canoni dei film indiani.
Per gli addetti ai lavori dell’industria indiana, che hanno aspettato trent’anni da Swaham (My Own) di Shaji N. Karun per avere la possibilità di vincere la Palma d’Oro, i premi e un pubblico globale sono solo un paio di elementi nel quadro generale. Una delle loro priorità è invogliare i registi stranieri a girare i loro film in India.
Il piano film in India
A Cannes quest’anno, infatti, l’India si propone come location per produzioni internazionali sperando di trarre vantaggio dalle località esotiche del paese, dai costi di manodopera più accessibili e dall’esperienza dei lavoratori del settore. Tra i suoi punti di forza c’è un piano di incentivi per Film in India che offre uno sconto fino al 40% per una spesa che supera i 3,6 milioni di dollari.
“L’India ha tutte le carte in regola affinché i produttori internazionali la scelgano”, afferma Sanjay Jaju, segretario del governo indiano al Ministero dell’informazione e della radiodiffusione, “che si tratti di riprese dal vivo o progetti di animazione”.
Il piano Film in India è stato lanciato a Cannes due anni fa con un tetto massimo di 3 milioni di dollari, con maggiori incentivi introdotti a dicembre. Jaju afferma che questo salto “ha già attirato molte produzioni” nel Paese.
L’India a Cannes 77
Tra questi c’è All We Imagine as Light, che si unisce ad altre due coproduzioni indiane proiettate in concorso a Cannes quest’anno. Il film di Sandhya Suri Santosh (nella sezione Un certain Regard) e la commedia dark di Karan Kandhari Sister Midnight (nella sezione Quinzaine des réalisateurs). Nel frattempo, gli studenti del Film and Television Institute of India hannor realizzato Sunflowers Were the First Ones to Know, che sarà proiettato nella sezione studentesca La Cinef di Cannes.
Santosh è ambientato nella campagna dell’India settentrionale intorno alla città di Lucknow. Ha come protagonista Shahana Goswami, una donna vedova a cui viene offerto il lavoro di poliziotto del marito morto.
“Santosh ha rappresentato una sfida dall’inizio perché è una produzione prevalentemente inglese, realizzata da un regista inglese e da produttori inglesi”, afferma il Mike Goodridge di Good Chaos, una delle società britanniche dietro il film. “Allora come avrebbe fatto quella squadra a realizzare un film in India, in hindi, con un cast e una troupe indiani?”.
La risposta, dice Goodridge, è stata la sua partnership con la Adatto Pictures, la casa di produzione con sede a Mumbai che ha aiutato tutto il team a orientarsi. Al progetto hanno lavorato anche la BBC Film e Razor Film.
Sister Midnight, invece, è ambientato a Mumbai. La sinossi la definisce come una “commedia punk, un film di vendetta femminista e un film sui vampiri, tutto in uno”. La storia è quella dei travagli di una giovane donna (Radhika Apte) intrappolata in un matrimonio combinato.
“Girare in India, nell’industria cinematografica più attiva del mondo, è stata una prospettiva allo stesso tempo entusiasmante e scoraggiante”, ha affermato Anna Griffin, produttrice del film con Wellington Films, con sede nel Regno Unito. “Abbiamo lavorato a stretto contatto con i nostri partner di produzione. Fin dall’inizio era chiaro che il team aveva la nostra stessa passione e sensibilità per il cinema indipendente”. Tra i finanziatori del film Film4 e BFI del Regno Unito, e tra i produttori Radhika, Adatto Pictures e Alan McAlex.
Le coproduzioni internazionali
Tutti questi progetti sono stati realizzati grazie a un accordo di coproduzione che l’India ha con la Francia. Il Paese inoltre ha accordi di coproduzione con altri 15 paesi. Australia, Bangladesh, Brasile, Canada, Cina, Germania, Israele, Italia, Nuova Zelanda, Polonia, Portogallo, Corea del Sud, Russia, Spagna e Regno Unito.
Negli ultimi anni, film degni di nota girati nel paese includono Extraction 2 (2023) con Chris Hemsworth, che fa parte del franchise d’azione più importante di Netflix, e il film candidato all’Oscar The White Tiger (2020), sempre su Netflix.
Nei due anni trascorsi dall’annuncio di Film in India, il piano ha subito modifiche una dozzina di volte per suscitare maggiore interesse. Oltre agli incentivi finanziari, un punto di forza è quello che i funzionari governativi chiamano un sistema di autorizzazione “a finestra singola”. Questo metodo consente ai produttori di aggirare complicate burocrazie per filmare in luoghi come antichi forti del deserto, festival e spiagge.
“Abbiamo adottato misure per facilitare il processo di richiesta dei permessi di ripresa attraverso richieste online”, afferma Prithul Kumar, segretario al Ministero dell’informazione e anche amministratore delegato del National Film Develop Council of India.
Un’industria tra le più attive al mondo
L’industria cinematografica indiana produce fino a 2.000 film all’anno. Un numero che è anche indice della quantità di troupe qualificate disponibili per lavorare sulle produzioni. “Il cinema è nel DNA dell’India”, osserva il produttore di Santosh Goodridge.
Kumar è particolarmente lieto che alcuni dei film girati in India di recente ottengano riconoscimenti anche quest’anno a Cannes. “È incoraggiante avere più progetti indiani nella selezione ufficiale”, afferma, “due di questi hanno beneficiato del sostegno del governo in termini di incentivi”.
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