Mostri in Laguna: dal naso di Bradley al Muro di gomma, a Venezia l’acqua è (quasi) sempre calda

Domande da festival: ci saremmo accorti delle narici di Maestro non fosse stato per le polemiche? E che c'entra Venezia con Ustica? Basta ricordare il film di Marco Risi per capirlo. Ma la Mostra è troppo distratta dalle polemiche social e dal miraggio dei tramezzini giganti resi inaccessibili da file chilometriche

Come la metti, la metti; e come ti muovi, sbagli. Qual è il modo migliore di sopravvivere a Venezia? Tuffarsi nella Mostra e dimenticare il mondo che c’è là fuori, e che procede imperterrito e incurante dei film proiettati al Lido? Oppure isolarsi dalla Mostra e seguire il mondo attraverso, per esempio, i social e la rete? In entrambi i casi si rischia l’ulcera triperforata a causa di ciò che si vede, si legge, si incontra, si ascolta.

Tuffo nella Mostra: stamane, 2 settembre, il vostro guardone cinematografico preferito si spara prima Maestro, il film su Leonard Bernstein che fa parlare di sé solo per il naso di Leonard Bernstein (senza le polemiche montate ad arte nessuno si sarebbe accorto che Bradley Cooper, per interpretare il grande musicista, si è messo un naso posticcio); poi decide di farsi del bene recandosi a Venezia Classici a (ri)vedere il “director’s cut” di Profundo Carmesì, straordinario film del messicano Arturo Ripstein che nel 1996 rischiò di vincere il Leone d’oro.

Uscito dal film verso le 14, il vostro ingenuo guardone pensa bene di prendersi un caffè e magari di mangiarsi uno di quei tramezzini giganti che a Venezia vanno per la maggiore. Ma i pochi bar in zona Mostra sfoderano tutti file di centinaia di avventori. Ok, pensa il vostro disperato guardone: andiamo in sala stampa a scrivere, mangeremo dopo, forse domani, forse mai. Anche in sala stampa cento persone in fila! A quel punto siamo tornati in albergo, maledicendo un Lido del tutto inadeguato a ospitare lo spropositato numero di accreditati alla Mostra.

Per scrivere, ci si mette di fronte a un computer. Si entra in rete. E la prima notizia che emerge da tutti i social e tutti i siti d’informazione è che Giuliano Amato ha scoperto l’acqua calda. Che ha detto, il nostro eroe? Che il Dc9 Itavia precipitato a Ustica “è stato abbattuto da un missile francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno 1980”.

Direte: che c’entra Venezia? Beh, c’entra: nel 1991 qui alla Mostra c’era in concorso il film di Marco Risi Il muro di gomma che diceva esattamente le stesse cose. Evidentemente Amato non vide quel film e magari l’ha visto oggi, 32 anni dopo. Non è mai troppo tardi. Ma mai come oggi, di fronte alle parole di Amato e alle grottesche reazioni dei membri del governo, ci manca Andrea Purgatori, che se non fosse morto un mese fa sarebbe stato qui a Venezia e ci avrebbe aiutato a sbugiardarli tutti.

Meglio limitarsi al cinema, direte voi. Ma cosa dobbiamo fare, se sui social leggiamo post di gente che paragona il film di Polanski ai cinepanettoni dei Vanzina, dimenticandosi non solo chi è Polanski, ma anche – cosa per certi versi ben più grave – che Carlo ed Enrico Vanzina NON facevano i cinepanettoni? O altra gente che sbertuccia Micaela Ramazzotti perché, orrore!, in un’intervista ha osato nominare Ken Loach. Del resto nei giorni scorsi abbiamo letto post di leoni da tastiera che hanno preso in giro, per un film che può piacere o non piacere, una donna di 90 anni come Liliana Cavani alla quale nessuno di loro legherà mai le stringhe di una scarpa nemmeno dovessero camparne 180, di anni.

L’unica salvezza è far finta che Venezia non esista. Magari domani ci proviamo.