Non dirmi che hai paura al Tribeca Festival: il racconto dell’atleta somala morta nel Mediterraneo

"Samia non si è lasciata fermare dai divieti e dalle rappresaglie misogine degli islamisti, ed era un'ispirazione per molti", racconta la regista Yasemin Şamdereli. Il film rappresenterà l'Italia alla kermesse newyorkese

Sarà Non dirmi che hai paura a rappresentare l’Italia al Tribeca Film Festival, la kermesse cinematografica nata grazie a Robert De Niro, nella sezione International Narrative Competition. Il film, diretto dalla regista Yasemin Şamdereli, è dedicato alla storia vera dell’atleta Samia Yusuf Omar, ed è tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Catozzella. Il romanzo, in Italia edito da Feltrinelli, cerca di ricostruire la storia della ragazza somala ed è stato vincitore del premio Strega Giovani nel 2014.

Samia Yusuf Omar era una velocista somala che ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino 2008. Pur classificandosi ultima, Yusuf Omar attirò l’attenzione e l’affetto del pubblico, che la incoraggiò a perseguire il sogno di vincere una medaglia per il suo paese alle Olimpiadi di Londra. Fu probabilmente questo sogno, unitamente alla pericolosa situazione politica, a spingere l’atleta ad abbandonare la Somalia nella primavera del 2012. A partire da quella decisione, però, è incerto quale sia stato il destino di Samia. L’ipotesi più accreditata, ricostruita grazie alla giornalista di Al Jazeera Teresa Krug e alla sorella della ragazza, è che Samia abbia attraversato il Sahara, per essere prima imprigionata e poi rilasciata a Tripoli. Samia sarebbe infine annegata nel Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere le coste di Lampedusa.

Non dirmi che hai paura: il racconto della regista

Raccontare la vita di Samia Yusuf Omar, afferma la regista Yasemin Şamdereli, “è stato il mio progetto del cuore per più di sei anni. Non c’è progetto in cui io creda di più, non c’è storia di cui mi sia innamorata così tanto. Samia non si è lasciata fermare dai divieti e dalle rappresaglie misogine degli islamisti, che non vogliono nemmeno concedere a una donna il diritto di fare sport”. L’adattamento cinematografico, aggiunge la regista, punta a celebrare la vita di Samia, mostrando “di cosa fosse capace questa giovane donna e perché gli islamisti la temessero e la combattessero tanto: lei era un’ispirazione per molti”.

Non dirmi che hai paura, però, non punta solo a mettere in scena la storia drammatica di una famiglia, o a raccontare il motivo che spinga le persone migranti a scappare dalle loro case. Il film, specifica ancora Şamdereli, tiene particolarmente a raccontare chi era Samia, includendo le sue fantasie poetiche e mettendo in scena ciò che la ragazza sogna e desidera. Un approccio fedele non solo allo stile registico di Şamdereli, ma anche al racconto dell’atleta che Catozzella fa nel suo libro, narrando in prima persona e immaginando per la ragazza un finale diverso. Un finale in cui Samia si salva e riesce a partecipare alle Olimpiadi di Londra del 2012.

Un finale in cui, scrive Catozzella nei panni dell’atleta, “sui blocchi di partenza, in mondovisione, sono in quarta corsia. Bum. Questo è lo start. Adesso si corre”.