Lasagna, pizza e spaghetti. Per una volta non è lo stereotipo sull’italianità, ma Garfield. Il gatto inventato da Jim Davis torna sul grande schermo dopo più di dieci anni di assenza e lo fa in grande stile, con un film d’animazione gustoso – come il titolo suggerisce.
La pellicola, diretta da Mark Dindal, trasporta il soriano arancione più famoso dei fumetti in un’avventura diversa dal solito, ma che lo rappresenta al 100%, riuscendo a trovare una veste grafica più moderna e una chiave umoristica accessibile, visiva. Garfield e Odie sono una coppia comica fenomenale, e molte delle loro gag si muovono dentro e fuori l’inquadratura, in un ping pong spassoso e che sfrutta appieno il linguaggio cinematografico, abbattendo anche la quarta parete (come spesso avviene anche nelle loro avventure su carta).
In una scena, ad esempio, mentre Garfield e suo padre Vic stanno discutendo nell’eterna lotta tra il gatto domestico e quello randagio (nonché tra padre assente e figlio), di Odie si vedono solo le orecchie che si muovono in sottofondo, con oggetti che sembrano casuali, fino a quando non viene svelato che il cucciolo ha allestito un angolo di riposo, con tanto di amaca, per il suo amico tigrato, proprio mentre questo afferma di essere assolutamente indipendente dai comfort della vita casalinga.
Una missione gustosa
Come le strisce a fumetti costruivano in poche vignette battute e situazione comiche piacevoli, ma allo stesso tempo profondamente riflessive, il film di Dindal compie lo stesso “miracolo” in un lungometraggio adatto sia ai giovanissimi – che forse scoprono Garfield proprio grazie a Una missione gustosa – ma anche agli adulti e ai giovani adulti, che con il personaggio di Davis sono già entrati in forte empatica, in un modo o nell’altro.
Il gatto arancione, che ricordiamolo odia il lunedì, e il suo amico Odie, questa volta vengono rapiti e costretti, insieme all’assente padre di Garfield, a rubare un carico di latte da una fattoria locale che, negli anni, è diventata una latteria industriale. La forza di questa storia non è soltanto nella sua comicità, ma anche in quel sottofondo di profonda malinconia esistenziale lacerante che ha sempre caratterizzato i fumetti di Davis, qui con l’aggiunta della dinamica padre e figlio.
I personaggi sono persi e compiaciuti nella loro monotonia, nella sicurezza che il giorno dopo sarà tutto uguale. In alcune scene del film usano lo smartphone, app di food delivery, un Netflix per i gatti, giustamente chiamato Catflix, che trasmette video divertenti di felini a ripetizione (praticamente TikTok umano). E poi ci sono le interminabili code ai centralini telefonici automatici, i droni delle consegne e tanti altre piccole aggiunte che rendono più attuale il racconto.
Un heist movie coi fiocchi
Mentre il film sviluppa questa sua seconda e non meno potente personalità, un paio di elementi, poco sviscerati, li tira fuori anche sul tema animalista. La fattoria vittima della rapina di Garfield e di Odie, da ridente luogo dove gli animali vivevano in armonia e tranquillità con gli esseri umani, è rappresentata ora con ciminiere e strutture labirintiche grigie, con animali esposti per il divertimento del pubblico che visita lo stabilimento: da colorata ad asettica. E ben sorvegliata, oltretutto.
In questo, il film di Dindal somiglia vagamente a Galline in fuga della Aardman, anche se non ha né la stessa portata di significato né la stessa animazione. Sul lato tecnico e artistico, Garfield – Una missione gustosa è impressionante e ben realizzata per altri motivi. Il pelo dei gatti ha una fisica tutta sua, ma che diventa in pochi minuti verosimile, così come le flaccide grinze di uno dei cani “cattivoni”.
Il film è quindi un heist movie in piena regola, un Mission impossible rocambolesco e verosimile nel suo essere surreale. Tutti gli elementi tornano, le sottotrame si chiudono, i personaggi evolvono e cambiano. Insomma, Una missione gustosa è un prodotto da manuale, riuscito e piacevole. Garfield e il suo cinismo sono tornati.
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