L’incubo di ogni genitore: perdere il proprio figlio. Possono esserci tanti modi, tutti tremendi, tutti ugualmente dolorosi. Può esserci la perdita definitiva, la morte. Può esserci una sparizione, una ricerca senza lieto fine. E può esserci un allontanamento, più o meno forzato. Quando c’è una guerra, c’è chi sceglie volontariamente di separarsi, augurando ai figli di trovare un posto migliore. C’è chi invece li vede partire, andare, decidere volontariamente di combattere.
E, poi, c’è a chi i figli vengono strappati, a volte dai servizi sociali, gli stessi che dovrebbero prendersi cura dei minori, perdendo la propria lungimiranza. Accade a Sylvie, nel film Niente da perdere, ma può succedere a chiunque. Una brutta caduta, un livido di troppo, dei comportamenti che, per le strane pieghe che può prendere la vita, risultano impropri, a volte persino pericolosi.
La regista e sceneggiatrice, Delphine Deloget, inventa gli accadimenti in cui viene coinvolta la protagonista, ma ha studiato casi e casi per restituire un quadro che fosse dignitoso e onesto per ambe due le parti. Sta di fatto che in Niente da perdere Sylvie, una madre come tante, vede portarsi via suo figlio per un incidente domestico: delle patatine fritte cucinate male.
Genitore sempre presente e barista in un locale di notte, l’unica colpa della donna era trovarsi al lavoro. Una denuncia ed ecco che Sofiane, il figlio minore, le viene tolto. Polizia, avvocati, gruppi di sostegno. Il paradosso delle istituzioni. Una scrittura pulita e diretta, che mostra il dramma senza scadere nella pantomima. Anche se l’assurdo, come spesso accade nella vita vera, è dietro l’angolo.
Niente da perdere
Cast: Virginie Efira
Regista: Delphine Deloget
Sceneggiatori: Delphine Deloget, Olivier Demangel, Camille Fontaine
Durata: 112 min
Virginie Efira, integerrima e autentica in Niente da perdere
Costretta a dimostrare di non essere la madre assente e incapace di badare ai suoi figli in cui purtroppo viene incasellata, con Niente da perdere la protagonista affronta una discesa dove, alla fine, c’è solo un vicolo cieco. Ma un genitore può scavalcare ogni cosa.
Virginie Efira è meravigliosa in questo. Sa perfettamente come calibrare le emozioni, sa quando mantenere la calma per dimostrarsi integerrima e quando invece si può lasciare ai sentimenti di prendere in mano la situazione – dalla rabbia all’angoscia, dallo sconforto, fin anche all’esasperazione.
È una donna reale la sua Sylvie, non sembra mai di star guardando un personaggio, ma una persona che riesce ad affrontare le problematicità che, pur senza motivo, le si sono innalzate davanti. Perché si è trattato soltanto di un incidente. Un piccolo, per nulla determinate, incidente.
Sapendo mantenere lontano un pietismo che avrebbe rischiato di sovraccaricare la drammaticità, articolato con una penna attenta e una narrativa asciutta (alla sceneggiatura anche Olivier Demangel e Camille Fontaine), Niente da perdere non scade mai nel vittimismo e fa combattere lo spettatore accanto alla protagonista. Mostra come tutti possano avere le proprie buone ragioni, anche quando ci si ritrova su di un binario del tutto sbagliato – persone o istituzioni. E che, spesso, non resta che a noi raddrizzarlo.
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