Un treno in ritardo è una buona occasione per conoscersi. Succede in Italia, dove la mancanza di puntualità in stazione è ormai l’ultimo baluardo dell’antifascismo, ma anche – contro ogni stereotipo – in Giappone. Kaoru Touno e Anzu Hanashiro scambiano così le prime parole, in un dialogo strano ma tutto sommato tenero, impacciato.
Piove, e la giovane Hanashiro è senza un ombrello. Putacaso, Touno ne ha uno. Battute un po’ secche descrivono immediatamente i caratteri dei due protagonisti di The Tunnel to Summer – The Exit of Goodbyes, il film d’animazione, tratto dal romanzo di Mei Hachimoku e illustrato da Kukka, diretto da Tomohisa Taguchi, già regista di Persona 3 The Movie: No. 2, Midsummer Knight’s Dream e Digimon Adventure: Last Evolution Kizuna.
Sono introversi, un po’ spaventati, e diffidenti, ed entrambi vivono in situazioni familiari di forte disagio. E dopo che Hanashiro si scopre essere la nuova compagna di classe di Touno, i due cominciano a trascorrere del tempo insieme. Sarà il desiderio il motore di un film che fa della luce in fondo a un tunnel di disperazione la sua ragion d’essere, nonché il suo messaggio.
Infatti proprio di un tunnel si parla, di una grotta che Touno scopre per caso nella foresta, in una sequenza che sfiora l’inverosimile e che chiede agli spettatori di non farsi troppe domande, e di credere semplicemente a ciò che stanno vedendo. Questa grotta, colorata e gremita di alberi che compongono un infinito cordone di flora e prismi riflettenti, sembra mostrare a chi attraversa ciò che desidera di più, e – forse – la possibilità di ottenerlo.
Le foglie di un colore marrone quasi arancio, e una folgorante animazione, trasportano immediatamente il protagonista, e gli spettatori con lui, in un viaggio allucinogeno esteticamente gradevole. Ed è un tratto questo che contraddistingue tutta la pellicola di Taguchi. Le immagini sono splendide: pittoresche, pulite e malinconiche.
E mentre Touno è raggiunto in questo tunnel da Hanashiro (anche in questo caso è richiesto un respiro profondo per ignorare la forzatura del copione) entrambi notano che il tempo dentro quel luogo tra il sacro e la leggenda scorre in maniera completamente diversa dal mondo fuori. Pochi secondi sono ore, minuti giorni, giorni, settimane, mesi e poi anni. Decenni. Il telefono, a conchiglia proprio come all’inizio degli anni Duemila, non riceve segnale. Impossibile comunicare con l’esterno.
Il desiderio di scoprire cosa si può ottenere al fondo del tunnel di Urashima, però, tiene occupata la mente dei due giovani per l’intero anno scolastico, cercando di capirne il funzionamento e ciò che possono ottenere: qualcuno una persona cara perduta, qualcuno un ricordo, un talento. Si danno appuntamento il 2 di agosto, per passare un’estate dentro il tunnel. Ma sboccia l’amore (e si intuiva), programmi di vita. Insomma questo luogo sembra averli uniti nel sostenersi nei propri desideri e paure, piuttosto che ottenere una risposta mistica alla loro sofferenza.
E di per sé, The Tunnel to Summer, prosegue in modo intuitivo, semplice. Fin troppo, forse. Il film di Taguchi, oltre alla sua arte visiva folgorante, non ha nessun mordente. Lo stupore non è un emozione che si prova durante la visione. Al contrario, soffermandosi su alcuni punti della trama, è quasi maggiore lo sforzo nel trovare un senso alle (troppe) coincidenze. E a quel punto, la magia di The Tunnel of Summer finisce, lasciando dietro di sé solo il desiderio di vedere una storia che non è stata già raccontata in tutte le salse.
Amore eterno, magia, lutto, sogni. L’opera di Taguchi vive di già visto, con l’aggiunta di un po’ di giochi temporali. L’escamotage definitivo, la capriola che si guadagna l’applauso di incoraggiamento. Ma che oltre a quello non riesce a regalare niente di più profondo e sentito. Abbozza caratterizzazioni psicologiche interessanti e non riesce a evolverle, o a sfumarle per renderle più intime o di larga interpretazione. Un film troppo verboso, che spiega più di quello che mostra. Poi arriva la luce in fondo al tunnel, sono i titoli di coda. E del film non rimane niente se non una bella bomboniere tra tante belle bomboniere.
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