C’era una volta la pirateria. E c’è ancora. Viviamo nell’era d’oro dello streaming: Netflix, Disney+, Amazon Prime Video, Apple TV+, Paramount+ sfornano programmi pluripremiati. Anche le emittenti del servizio pubblico, a parte gli ultimi casi della Rai, se la cavano. Abbiamo accesso a librerie on demand che contengono più contenuti di quanti possiamo consumarne in una vita. Si potrebbe pensare dunque che la scelta di essere dei pirati dell’audiovisivo, tanto in voga negli anni Duemila, quando internet era ancora il Far West, appartenga al passato. Ma la pirateria in sé è tutt’altro che morta.
Certo, i servizi di streaming non costano poco. Sommando i canoni mensili base di Netflix, Dazn, Disney+ e Amazon Prime si arriva a 58 euro al mese. E sono solo i più popolari, senza contare Sky, Paramount+ o Apple TV+.
Un altro problema, affrontato anche dai creativi del settore audiovisivo, riguarda l’eliminazione o la non disponibilità dei programmi preferiti. Il grande regista Werner Herzog, autore di capolavori come Fitzcarraldo e Nosferatu, potrebbe aver espresso al meglio questo atteggiamento. “La pirateria è stata la forma di distribuzione di maggior successo in tutto il mondo”, aveva detto durante un festival in Svizzera nel 2019. Rispondeva a un commento del produttore cinematografico ucraino Illia Gladshtein, il quale aveva ammesso che in Ucraina era riuscito a entrare in contatto coi film di Herzog solo tramite siti torrent.
Non c’è quindi da meravigliarsi che un numero crescente di spettatori si rivolga, o ritorni, a servizi meno legittimi. Secondo l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, la pirateria è in aumento dal 2021.
In Italia nel 2022 “l’incidenza della pirateria di film, serie, programmi televisivi e sport live si è attestata al 42% e si sono registrati 345 milioni di atti illeciti”, ha detto a THR Roma Federico Bagnoli Rossi, presidente della FAPAV – Federazione per la tutela delle industrie dei contenuti audiovisivi e multimediali. Il dato corrisponde a 30 milioni in più rispetto allo scorso anno. Con l’esperto THR Roma ha parlato di pirateria, del Privacy Shield (il cosiddetto “scudo-antipezzotto”), di chi sono i pirati di oggi e di che cosa rischiano. E delle strategie per contrastare il fenomeno.
È vero che gli anni d’oro della pirateria sono finiti?
In realtà, secondo i dati della ricerca FAPAV/Ipsos, negli ultimi anni l’incidenza della pirateria è in leggera crescita. È in corso un processo che sta portando ad un cambiamento dello scenario. Da un lato la pirateria tradizionale (quella che ha per oggetto lo streaming illegale dei film e di altri contenuti culturali e di intrattenimento) si è stabilizzata, dall’altro, soprattutto dopo la pandemia, osserviamo come sia esploso il fenomeno delle Iptv illegali. In questo caso vengono offerti servizi di televisione via internet (IPTV) che trasmettono contenuti protetti da copyright senza il consenso dei detentori dei diritti. Questi servizi illegali di solito offrono un ampio catalogo di canali televisivi, compresi film, serie TV, eventi sportivi e altro ancora, a un costo molto inferiore rispetto alle offerte legali.
Quanto si pirata in Italia?
In attesa di conoscere i dati del 2023 che verranno presentati il prossimo 4 giugno insieme al presidente di Ipsos Italia, Nando Pagnoncelli, sappiamo che nel 2022 l’incidenza della pirateria di film, serie, programmi televisivi e sport live si è attestata al 42% e si sono registrati 345 milioni di atti illeciti. Ben 30 milioni in più rispetto all’anno precedente: una crescita trainata soprattutto dalla pirateria degli eventi sportivi live, che fa registrare un aumento del 26%.
Quali sono le conseguenze economiche della pirateria sull’indotto della tv e del cinema?
Secondo i dati FAPAV/Ipsos, la pirateria, oltre a mettere a rischio 10 mila posti di lavoro ogni anno, impedisce investimenti, e di conseguenza contrae lo sviluppo dell’economia con una perdita stimata di oltre 1,7 miliardi per le imprese italiane. Chi pirata spesso non ha un’idea molto precisa del numero di lavoratori impiegati: in generale, quando si pensa alle figure professionali che lavorano in questo settore, si considerano soprattutto attori, registi, produttori e tecnici a vario titolo, ma non la distribuzione o altre figure del dietro le quinte.
Come si inquadra il fenomeno in Italia rispetto agli altri paesi?
È sempre difficile comparare i diversi paesi, ma possiamo fare riferimento ad un recente studio condotto da EUIPO (European Union Intellectual Property Office) sulla “Violazione del diritto d’autore online nell’Ue 2023”. Il tipo di pirateria dei contenuti per Paese, così come il consumo totale di contenuti pirata per utente di Internet, mostra una grande variabilità tra gli Stati membri. Il totale varia da circa 25 accessi mensili per utente internet in Estonia a circa 7 in Germania. I quattro Paesi con i tassi di pirateria più elevati sono Estonia, Lettonia, Lituania e Cipro, mentre i tassi più bassi si registrano in Germania, Italia e Polonia.
Quali sono i contenuti più piratati?
Ancora oggi i film si confermano essere il contenuto più piratato, andando a costituire il 35% degli atti di pirateria audiovisiva (oltre 120 milioni).
Chi sono i pirati?
Una connotazione giovanile continua a caratterizzare il profilo sociodemografico dei pirati in Italia. Il 37% dei pirati ha fino a 35 anni, a fronte del 27% sul totale popolazione 15+. Si evidenzia inoltre una connotazione maschile, seppur marginale (54% vs 50% a totale). Più che in passato, poi, sono coinvolti soprattutto lavoratori (60% vs. 54% a totale).
Crede che il biglietto del cinema costi il prezzo giusto?
Credo che ci sia poca informazione in proposito. Premesso che il biglietto del cinema in Italia è tra i più bassi d’Europa (il prezzo medio nel nostro Paese è di 9 €, mentre in altri paesi supera anche i 20), sono periodicamente attive numerose campagne, come “Cinema in festa” o “Cinema Revolution” che promuovono offerte, oltre ad essere disponibili forme di acquisto molto convenienti attraverso i carnet.
Pensa che la pirateria sia legata alla presenza (o assenza) nei cinema?
Il calo delle presenze in sala degli ultimi anni è stato causato dalla pandemia e dalle restrizioni connesse, non dall’aumento dei prezzi. Nonostante la grande crescita dell’home entertainment, l’esperienza in sala rimane centrale, come dimostrano anche i dati Cinetel. La nostra campagna “Il Cinema Siete Voi.” punta proprio a sensibilizzare il pubblico sul fenomeno del camcording, cioè l’illecita registrazione in sala di audio e/o video durante la proiezione del film e la successiva diffusione online. Con l’iniziativa cerchiamo di invitare lo spettatore a riflettere sul suo ruolo fondamentale di sostenitore del cinema.
Che cosa rischia chi pirata?
Questo è uno degli aspetti che mi preme sottolineare: ancora oggi manca la consapevolezza della reale portata dei danni causati dalla pirateria. La percezione di gravità riguarda poco meno della metà dei pirati (48%). Tale consapevolezza si concentra, però, quasi esclusivamente sull’industria cinematografica (55%) e, solo in seconda battuta, sui lavoratori del comparto audiovisivo (45%). Il rischio di licenziamento per i lavoratori dell’industria audiovisiva è infatti ritenuto un effettivo rischio da meno della metà dei pirati (41%).
Come si contrasta questa problematica?
Intervenendo tempestivamente attraverso l’inibizione di siti illegali. Questo va di pari passo alla promozione dell’offerta legale. Occorrono campagne che aiutino a comprendere quanto sia importante fruire di contenuti online in maniera lecita, proteggendosi da rischi reali quali la violazione della privacy e il furto di dati sensibili.
Che cosa prevede la legge?
La nuova legge contro la pirateria contempla sanzioni amministrative e penali per chi trasmette e condivide in maniera illegale contenuti audiovisivi ed eventi sportivi. Ma anche per gli utenti finali che, utilizzando il “pezzotto” o lo streaming illecito, possono incorrere in multe salate (fino a 5mila euro, ndr). L’Italia è tra i paesi più all’avanguardia in questo campo. La normativa attualmente in vigore prevede, infatti, che in occasione della trasmissione di un evento sportivo in diretta, i titolari dei diritti possano accedere alla “Piracy Shield” per segnalare i servizi da bloccare. Si tratta del cosiddetto “scudo anti-pezzotto”, una piattaforma di proprietà dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Con questo strumento gli Internet Service Provider (ISP), ricevuto automaticamente il ticket creato dal titolare, procedono con l’oscuramento del sito pirata entro 30 minuti. La tempestività diventa quindi uno strumento cruciale.
Come si comportano i più giovani?
Le nuove generazioni hanno compreso il valore del contenuto audiovisivo e di intrattenimento e ne fruiscono in modo molto più personale rispetto al passato. Utilizzano i social e il web come strumenti di dialogo e di connessione emozionale. Certamente non manca chi opera nell’illegalità ma è molto importante favorire tra i giovani momenti di confronto per far crescere in loro la consapevolezza che dietro qualsiasi opera creativa tutelata dal diritto d’autore ci sono investimenti e opportunità professionali che hanno bisogno di essere supportati.
Crede che possa esserci un impatto anche sulla creazione di uno star system?
Sicuramente il profitto illecito delle attività di pirateria assorbe una fetta di introiti che potrebbero anche essere invece investiti in formazione di nuovi talenti e professionisti. E questo favorirebbe lo sviluppo della creatività e della cultura cinematografica e di intrattenimento.
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