Un altro Ferragosto, parlano il regista e il cast: “Quando la democrazia è in crisi, la libertà è in pericolo”

Dal 7 marzo arriva in sala il film di Paolo Virzì, seguito del cult del 1996. Tantissimi i temi portanti: dall'esposizione sui social agli slogan come "radical chic". Un lascito berlusconiano che affonda le proprie radici in un presente pieno ancora di retaggi (sbagliati) del passato. E di cui ci parlano cast e regista nell'intervista a THR Roma

Cominciamo dalla fine. E cominciamo dalla parola “liberà”. Tornato a Ventotene, luogo nel 1996 del cult Ferie d’agosto, il protagonista Sandro Molino interpretato da Silvio Orlando in Un altro Ferragosto è prossimo alla morte, e mentre trascorre la sua ultima estate tra parenti e amici, sogna ad occhi aperti e notti confuse i confinati che erano stati resi prigionieri sull’isola durante il fascismo. I suoi compagni rivoluzionari c’erano proprio tutti. Sandro Pertini, Eugenio Colorni, Altiero Spinelli e Ursula Hirschmann. E mentre il protagonista li incontra nella sua mente, imbraccia fucili e parte per la rivoluzione (che c’è stata e, forse, non ci sarà più), si invoca una libertà che è ormai gracile e incerta.

“C’è un tema di crisi della democrazia e soprattutto c’è un tema di crisi della convivenza civile dal momento che esplodo delle guerre molto vicine che ci riguardano e che potrebbero anche avvicinarsi ulteriormente”, spiega Paolo Virzì, che torna alla regia e ai personaggi delle famiglie Molino e Mazzalupi a distanza di ventotto anni, scrivendone un’altra volta con il fratello Carlo al fianco anche di Francesco Bruni. “Nel film il tema della libertà si declina in tante cose. Va a impattare sulla vita delle persone, sulla realtà politica. Ed è ovvio che quando la democrazia è in crisi la libertà è in pericolo”.

Libertà dell’individuo, libertà nelle relazioni, libertà nel costruirsi un futuro. Libertà a cui aspira lo stesso Sandro, disilluso da una società di cui non riesce più a riconoscere il volto, che dimentica il passato ed è rovinosamente attratta da un futuro povero di spirito. Una pochezza che passa dal linguaggio, da sempre così importante per il giornalista Molino, che proprio nel film degli anni Novanta indottrinava la compagna Cecilia con il volto di Laura Morante per insegnarle che “un alimentari può essere scomodo, un film geniale e un’insalata di pomodoro può essere buona, cattiva, fresca, marcia, ma pazzesca no. E nemmeno simpatica”.

Non a caso anche in Un altro Ferragosto il personaggio fa particolare attenzione a ciò che viene definita “l’igiene delle parole”, e che di sicuro non comprende al suo interno l’espressione “radical chic”. “Sono slogan”, riflette Silvio Orlando. “È un lascito di Berlusconi, è questo che ha fatto di grande, ha dato voce alla maggioranza silenziosa, gli ha dato i contenuti. Prima stavano zitti, sì, votavano dillà, però stavano in silenzio mentre la sinistra argomentava tra laureati e pensatori. Adesso non c’è più questa cosa. Il dibattito è tutto a destra. Hanno preso la parola e non l’hanno più mollata. Mentre la sinistra è diventata la minoranza silenziosa. Quindi via a rodersi dentro”.

Un altro Ferragosto, personaggi del passato nel mondo di oggi

E di rodimenti, i personaggi di Un altro Ferragosto, sono pieni. C’è appunto Cecilia, sempre ansiosa, in preda alla sua altalena di emozioni, tra fragilità e egocentrismo. C’è il suo desiderare di farsi volere un po’ di bene dal compagno Sandro, il riuscire ad essere vista. Il timore di non essersi mai sentita abbastanza accanto a un uomo che faceva pesare tutta la sua cultura, sentendosene come schiacciata. “Fortunatamente, io, ci credo poco alle altezze”, racconta la sua interprete Morante.

E prosegue: “Ma è evidente che di Cecilia la maggiore caratteristica è l’insicurezza, fin dal primo film. Parla per luoghi comuni, ascolta e prende da di qua e da di là, ed è ancora così, non è molto maturata. Nella vita, però, non è un problema che ho riscontrato. Al massimo sono stata molto timida da giovane, ora non più, ma la prima volta che andai a Venezia durante una diretta rimasi muta”.

Silvio Orlando, Laura Morante, Christian De Sica e Sabrina Ferilli sono i protagonisti di Un altro Ferragosto

Silvio Orlando, Laura Morante, Christian De Sica e Sabrina Ferilli sono i protagonisti di Un altro Ferragosto

Non cambiare è il destino di un altro personaggio che unisce Ferie d’agosto al suo seguito, ed è la Marisa di Sabrina Ferilli, che continua a ondeggiare tra un continuo senso di insoddisfazione e l’incapacità di saper apprezzare ciò che si ha. Un costante bramare, aspettando l’uomo perfetto che la porti a Dubai: “Ma, purtroppo, ricade nella stessa dinamica di quasi trent’anni fa. È sempre accompagnata ad un uomo che spera le cambi totalmente la vita. Si augura di vivere meglio, felicemente, proprio perché è quello che cerca. Vuole l’amore di coppia, inteso nella maniera più tradizionale. Ma non credo che, anche questa volta, riuscirà a trovarlo”.

La sua nuova (ultima?) speranza ricade sull’ingegnere Pierluigi Nardi Masciulli, a cui presta il volto Christian De Sica, che torna a lavorare al fianco di Ferilli – “Per me, una sorella” – e che va arricchendo trasversalmente i vuoti lasciati nella famiglia Mazzalupi dai compianti Piero Natoli (diretto dal collega nel suo film da regista Simpatici & antipatici), e Ennio Fantastichini. “Lui è entusiasta, sta facendo la sua bella vacanzetta a Ventotene – commenta l’interprete – Mangia tranquillamente, al matrimonio di Sabrina urla ‘Viva gli sposi’, quando invece avrebbe dovuto aiutare Marisa a fermare tutto”. E, invece, ogni cosa si risolve “a tarallucci e vino”. Ma è davvero così facile riuscire a mangiare davanti a tanta ignoranza? La risposta, per De Sica, è semplice: “Sì”.

Da Vinicio Marchioni a Anna Ferraioli Ravel, i nuovi volti

Retaggi che accompagnano parte del film e vengono incarnati in particolare da un’altra new entry di Un altro Ferragosto, il Cesare di Vinicio Marchioni. Uomo di destra, approfittatore violento, inguaribile arrogante, che vorremmo rappresentasse una figura maschile appartenente al passato, ma di cui probabilmente siamo circondati ancora adesso. Tanto che non è facile riuscire a incanalarne l’abbondante tossicità: “È stato complicatissimo incorporare tanti orrori in un uomo solo”, ammette Marchioni.

“E, soprattutto, trovare la misura per comunicarli in chiave di commedia. Trovare l’equilibrio nel far sorridere di quella natura così tremenda sotto tanti aspetti. Cesare è un uomo dipendente da molte cose, dalla sua ex moglie, dai soldi, dall’economia che si preoccupa di far crescere e generare attraverso un’altra persona, la futura sposa Sabrina. È un personaggio complesso, ci siamo divertiti a renderlo peggio possibile, lasciando e sperando che il pubblico riesca a guardalo non con perdono, ma con un sentimento di pietas, proprio per ragionare meglio su tutti quei temi che si porta dietro”.

A fare da controparte al Cesare di Vinicio Marchioni è Anna Ferraioli Ravel, che prende il ruolo della Sabrina interpretata nel 1996 da Vanessa Marini. Ragazzina che aveva colto profondamente la maledizione della sua famiglia, costretta a un destino di infelicità da cui sembra impossibile scappare. Il personaggio è diventata nel sequel un’influencer nelle mani del compagno che non la ama. Ma in questi tempi in cui il discorso su quanto vale la pena esporsi sui social, vendendosi fino a brandizzare se stessi – lo scandalo Chiara Ferragni insegna – Un altro Ferragosto dimostra che c’è sempre qualcuno in carne ed ossa dietro a un’app. E che, spesso, ce ne dimentichiamo.

“Credo che la deriva dell’esposizione individualista e narcisista che viene esasperata dall’idea di uno schermo abbia come pericolo e conseguenza più inquietante anche l’idea di una dipendenza collettiva”, analizza Anna Ferraioli Ravel. “Qualcosa di ineffabile, una comunità che non esiste, qualcuno che non riusciamo a visualizzare davanti ai nostri occhi. Questa cosa si traduce in una forma di angoscia. Per Sabrina la sua adesione al linguaggio social è più un bisogno ossessivo e disperato di conferma sentimentale e emotiva. La necessità di farsi amare. Un’insicurezza esibita che si traduce però in un’opportunità. In questo senso, probabilmente, amplifica la sua comunicazione perché si mostra così com’è”.