Non era abbastanza bella. “However” è diventata la più grande attrice di sempre. Fenomenologia di Meryl Streep (in occasione della Palma onoraria di Cannes)

L'interprete dei record: tre Oscar su ventuno nomination, otto Golden Globe più uno alla carriera e, alla 77esima edizione del festival sulla Croisette, riceve il premio per una carriera senza paragoni. L'incarnazione del talento, quello grazie al quale in The Post di Steven Spielberg offre la più grande lezione su come si abiti un personaggio

However. Tuttavia. Una parola può cambiare tutto. Come un’interpretazione. However è la formula magica con cui Meryl Streep in The Post si trasforma. È la chiave d’accesso ad un’altra dimensione, e non esageriamo se, however, diventa a tutta gli effetti la più importante lezione di recitazione della storia del cinema.

However arriva nel momento in cui Katharine “Kay” Graham, proprietaria e editrice del The Washington Post, trova finalmente il coraggio di esporre le proprie opinioni. However è come si modifica il suo atteggiamento dopo che nell’intero The Post di Steven Spielberg l’abbiamo vista succube di una mentalità retrograda, dei pregiudizi della gente e di un non indifferente senso di ignavia nei confronti del più grande scandalo che coinvolse gli Stati Uniti e le tante bugie sulla guerra nel Vietnam.

However è la porta d’ingresso per la trasmutazione del personaggio. È decidere di prendere in mano la propria azienda, quella che il padre, proprietario del giornale, aveva lasciato al marito Phil. Un uomo ammirevole, il cui passaggio prima della morte, “dice molto della sua grandezza”. “Pensavo dicesse più dei tempi”, controbatte Ben Bradlee, interpretato da Tom Hanks, altro gigante della recitazione, che nel film di Spielberg è il direttore del Post non sempre d’accordo con le posizioni della sua proprietaria, ma mai capace di mancarle di rispetto.

E however è quando Kay decide che è il momento di dare un significato all’eredità che le è stata lasciata – oltre a dare la propria opinione, finalmente, in una stanza solitamente riservata a soli uomini. However la rende da insicura a carro armato, da indecisa a determinata, da donna che ha vissuto per tutta l’esistenza con la testa sotto la sabbia a editrice pronta a pubblicare dei segreti di stato trafugati direttamente dal Pentagono.

Meryl Streep, un portento. Fin dagli inizi

However, non è stato facile. Gli inizi soprattutto. Il talento, Streep, lo ha sempre avuto, cominciando da piccola a mostrare un amore per le arti e partecipando a quante più pièce possibile fin da ragazza.

However è il suo professore di recitazione che riconosce che nessuno ha insegnato a Meryl come diventare un’interprete, ma se lo è insegnata lei stessa. However, la storia lo sa, è stata considerata troppo brutta per la parte in King Kong, il cui ruolo, nel 1976, andò alla collega Jessica Lange. Fu un italiano a dirglielo, Dino De Laurentiis, non certo stato lungimirante (however).

Una serie di provini sfortunati, il primo piccolo ruolo in Giulia di Fred Zinnemann nel 1977. However sarà l’anno dopo che parteciperà a Il cacciatore di Michael Cimino, lavorando al fianco di Robert De Niro, l’interprete che, vedendolo in Taxi Driver, le fece capire di voler rendere la passione un mestiere.

Meryl Streep ne Il cacciatore di Michael Cimino del 1978

Meryl Streep ne Il cacciatore di Michael Cimino del 1978

Mestiere che, se si è bravi abbastanza, traspare dalle oscillazioni impercettibili delle proprie performance. E fa capire che, however, è valsa la pena affaticarsi per pagarsi gli studi tra un posto come dattilografa e uno da cameriera, per arrivare però lì, in quella stanza, a quella sequenza, diretta da Steven Spielberg. However, in The Post Streep mostra come recitare sia occupare un posto nel mondo, muoversi nello spazio, far trasparire con ogni singola essenza del proprio corpo e volto chi si è, come ci si è arrivati e dove si vuole andare da lì in avanti.

La prima volta che vediamo la protagonista si sveglia di soprassalto nel cuore della notte. Le cadono dei quadernoni pieni di dati e documenti. Di nozioni che ha imparato a memoria, ma non avrà il coraggio di esporre al suo direttivo. However si alza per affrontare la giornata, arriva a fare colazione con Bradlee, e anche qui la sua interpretazione ci dice più di quanto potrebbe fare un’intero monologo. Entrando nella stanza, la signora Graham inciampa. Incespica in una sedia. Non cade, ha solo l’atteggiamento tipico di chi sa che la sua goffaggine non può non essere notata.

La trasformazione di una performance

However, nel corso del film, il suo stato di irresolutezza si ripeterà ancora e ancora. Streep ha gli occhi lucidi, i discorsi le si fermano in gola, e anche quando sente che la sua autorità non viene riconosciuta si mette un sorriso in faccia e saluta gentilmente i suoi confidenti.

However, in The Post, arriva il momento di cambiare, di scegliere da quale parte della Storia stare. Kay opterà per quella dei giusti. Meryl per gli dei dell’Olimpo. Dopo i tanti tentennamenti, i dubbi, le mani sulla bocca in un’espressione costantemente titubante e corrucciata, quel however la rende un nuovo personaggio. Una persona mai vista nei minuti precedenti del film, figurarsi nella sua vita intera.

Meryl Streep in The Post di Steven Spielberg del 2017

Meryl Streep in The Post di Steven Spielberg del 2017

La postura diventa sicura, si alza dal tavolo senza più andare a sbattere. Non si fa più interrompere, dice le cose come stanno. Ruba la scena. Streep/Graham lo hanno fatto. Una pellicola arrivata praticamente alla sua fine, che dà il colpo di grazia con un singolo vocabolo: however. Il più rilevante per un’opera che si basa proprio su quali parole dire o meno ai lettori.

Oscar, Golden Globe, Palma d’oro

However, per Meryl Streep – all’attivo con sessanta film – sono arrivati poi altri ruoli. However, ce ne sono stati in precedenza. However è la camminata a passo veloce in Manhattan a cui Woody Allen non riesce a stare dietro. However sono i lungi silenzi durante il processo di Kramer contro Kramer.

However è come si prende un momento per sé, aprendosi la veste, ne I ponti di Madison County. Sono anche i ruoli camp de La morte ti fa bella e la finta innocenza di She-Devil. However è come trattiene il pianto, prima di scoppiare nel tormento della scena finale de Il dubbio.

Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada del 2006 di David Frankel

Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada del 2006 di David Frankel

However è quando, dopo anni di capolavori, nel 2006 diventa anche un’icona pop con Il diavolo veste Prada.

Ma sebbene l’entrata in scena di Miranda Priestly sia forse uno degli statement più forti di un personaggio, in cui si dice tutto senza dover spiegare niente, come il gesto plateale con cui la direttrice di Runway toglie i propri occhiali, il suo however nel film di David Frankel sono le occhiatine scattanti, fugaci e impercettibili, con cui studia le persone, come nel colloquio con la Andy di Anne Hathaway. Tutte sfumature, che danno il quadro più ampio dell’attrice che è.

However, dopo anni di carriera, Meryl Streep è la donna dei record con tre Oscar vinti (dietro solo a Katharine Hepburn) su ventuno nomination, otto Golden Globes tra migliore attrice protagonista e non (nove, se si conta quello alla carriera del 2017) e una Palma d’oro onoraria alla 77esima edizione del festival di Cannes. E, tutto questo, condensato in una sola parola. La più importante di tutte. Che racchiude il valore della sua intera filmografia. Ora e per sempre: however.