Durante l’ultima conferenza stampa sugli utili trimestrali della Disney, l’amministratore delegato Bob Iger ha aspettato la fine del suo discorso di apertura per lanciare il colpo di grazia: l’attività di streaming della sua azienda avrebbe introdotto aumenti di prezzo. E di quelli grossi. Il costo mensile dei pacchetti Disney+ e Hulu senza pubblicità sarebbe aumentato di quasi il 30%, ovvero di 3 dollari.
Per un’azienda che sta disperatamente cercando di trasformare la sua attività di streaming, che perde soldi, in una fonte di guadagno, questa scelta segna un cambiamento strategico fondamentale nel suo percorso. Iger ha tuttavia aggiunto che “per noi è fondamentale mantenere l’accesso ai nostri contenuti per un pubblico il più ampio possibile, ed è per questo che i prezzi delle nostre offerte autonome supportate da pubblicità, Disney+ e Hulu, rimarranno invariati”.
Gli aumenti di prezzo non sono mai discreti, ma la mossa della Disney è stata l’ultima da parte di un’azienda nel settore dello streaming per cercare di spingere leggermente i consumatori verso la sua offerta con supporto pubblicitario.
Aumenti di prezzo per lo streaming
A luglio, NBCUniversal ha aumentato il prezzo dei suoi piani per Peacock, incrementando di 1 dollaro al mese il costo del tier con pubblicità e di 2 dollari quello senza pubblicità. A giugno, Paramount+ ha eliminato il suo piano d’abbonamento da 9,99 dollari senza pubblicità a favore di uno da 11,99 dollari che include i contenuti di Showtime: evitare la pubblicità costa 2 dollari in più. Esattamente come Peacock, il suo piano base è aumentato solo di 1 dollaro.
Anche Netflix, che quest’anno non ha mai aumentato i prezzi, ha adottato un provvedimento volto a spingere i nuovi abbonati verso il suo piano con pubblicità. A luglio, la società ha eliminato il piano “Basic” da 10 dollari al mese, il che significa che i punti di ingresso per i consumatori sono ora il piano con le inserzioni da 6,99 dollari al mese e quello standard da 15,49 dollari.
Sono cambiamenti utili ad aumentare l’attrattiva dei livelli con supporto pubblicitario per i consumatori. Anche nei casi in cui i prezzi di quei piani d’abbonamento con pubblicità sono aumentati, gli incrementi più consistenti delle loro controparti senza pubblicità hanno lo scopo di far apparire l’opzione più economica: un affare ancora più vantaggioso.
Con pubblicità o senza pubblictà
“Lo streaming è il futuro dell’accesso ai contenuti, e le piattaforme stanno cercando di creare una scelta più chiara per i consumatori con le loro offerte ad-supported e ad-free“, afferma Julie Clark, senior vp del settore media e intrattenimento di TransUnion. E continua: “Le pressioni economiche rendono impossibile per i consumatori abbonarsi a più piattaforme, e loro capiscono che lo scambio di valore della pubblicità con contenuti di qualità è il passo successivo più logico”.
Anche prima delle modifiche ai prezzi, i pacchetti ad-supported avevano già avuto un impatto. Iger ha dichiarato che il 40% dei nuovi abbonati a Disney+ sceglieva la fascia con annunci. Una fonte di Netflix, nel frattempo, afferma che la sua base di utenti ad-supported è raddoppiata rispetto al primo trimestre e ora conta più di 10 milioni di membri attivi, rispetto ai 5 milioni annunciati a maggio in occasione della presentazione.
Perché allora spingere gli utenti verso un livello di abbonamento meno costoso? Perché sono effettivamente più redditizi. I dirigenti di tutti i colossi dello streaming che hanno sia un livello ad-supported che uno ad-free (tra cui Disney, Netflix, Paramount, Warner Bros. Discovery e NBCUniversal) affermano che i ricavi totali per utente sono più alti con il piano ad-supported che con quello ad-free.
E questo è il punto chiave: con margini migliori sul piano ad-supported e con il business degli annunci pubblicitari in streaming ancora in crescita, le aziende sono ora incentivate a spingere gli abbonati verso i livelli pubblicitari, siano essi nuovi abbonati, abbonati esistenti o soggetti coinvolti nel giro di vite sulla condivisione delle password.
La strategia dei piani di abbonamento
Secondo un rapporto di Hub Research del 1° agosto, circa il 60% degli intervistati ha dichiarato che sceglierebbe di guardare i contenuti su una piattaforma con supporto pubblicitario piuttosto che su una piattaforma senza pubblicità, se ciò consentisse di risparmiare da 4 a 5 dollari al mese o più. Una pluralità di intervistati ha inoltre affermato di apprezzare i servizi con opzioni differenziate, che consentono di scegliere se usufruire di un livello senza pubblicità o con supporto pubblicitario. La ricerca suggerisce che avere più livelli, compresa un’opzione a basso costo con supporto pubblicitario, è una scelta intelligente.
“I consumatori non si limitano a tollerare la pubblicità nei contenuti video, ma nella maggior parte dei casi ne vedono i vantaggi”, afferma Mark Loughney, consulente senior di Hub. E continua: “Permette loro di scegliere i livelli che preferiscono a costi inferiori e, se presentata nel modo giusto, la pubblicità si traduce in un’esperienza di visione più coinvolgente”.
Le esperienze coinvolgenti sono un pezzo fondamentale di questo puzzle. “Gli spettatori dello streaming sono motivati dal loro stato d’animo e dalla loro mentalità del momento e sono sensibili alle esperienze pubblicitarie dirompenti, irrilevanti e inappropriate”, afferma Rohan Castelino, CMO di IRIS.TV.
“Non si può biasimarli: si sono abituati a guardare ogni stagione del loro programma preferito senza pubblicità per oltre un decennio – continua Castelino – i servizi di streaming non hanno perso l’occasione di seguire la tendenza di allettare i consumatori con i loro livelli ad-supported. Ma gli utenti hanno grandi aspettative e, se vogliono mantenere e far crescere il proprio pubblico, i servizi di streaming devono dare la priorità alla creazione di contenuti rilevanti e di esperienze pubblicitarie che consentano ai marchi di raggiungere gli spettatori nei momenti che contano”.
La forza della pubblicità in streaming
Le aziende di streaming ritengono che ci sia spazio per crescere. In un mercato televisivo assediato da un ambiente pubblicitario difficile, le aziende hanno segnalato solo due punti di forza: la pubblicità in streaming e gli sport in diretta.
Disney ha riferito che “più del 40% del totale degli upfront impegnati quest’anno” sono stati destinati alle sue proprietà di streaming Hulu, Disney+ ed ESPN+. Paramount ha riferito che il suo business pubblicitario per i video digitali è raddoppiato rispetto al 2020, mentre NBCUniversal ha dichiarato che gli impegni per Peacock sono aumentati del 30% rispetto all’anno scorso.
“Poiché gli inserzionisti continuano a cercare ambienti con contenuti di alta qualità per i loro marchi, saranno inevitabilmente spinti verso questi servizi di streaming, che stanno aggregando un pubblico sempre più vasto con contenuti ed esperienze pubblicitarie personalizzate”, afferma David Cohen, CEO dell’Interactive Advertising Bureau.
“Storicamente, le piattaforme di video-on-demand in abbonamento hanno garantito margini di profitto più elevati. Tuttavia, con la crescita del business dello streaming ad-supported, questa dinamica si sta evolvendo”, continua Cohen. E conclude: “Lo streaming supportato da pubblicità offre ai consumatori più opzioni e agli streamer più leve per la redditività”.
Un modello difficile da gestire
Questo è in definitiva il fulcro delle modifiche ai prezzi. Lo streaming video ha dimostrato di essere un modello difficile da gestire in modo redditizio (a parte Netflix, gestita da Ted Sarandos e Greg Peters), e il fascino della pubblicità (che le aziende televisive tradizionali conoscono già bene) è troppo forte per essere ignorato. Aziende come Disney e NBCUniversal possono essere nuove allo streaming, ma sono nel business della pubblicità da decenni.
Alcuni analisti notano, tuttavia, che i ragionamenti sui prezzi possono durare solo fino a un certo punto. “Il contesto è fondamentale quando si considerano questi aumenti di prezzo. La maggior parte delle aziende del settore dei media sta lottando contro il passaggio dei ricavi della distribuzione lineare allo streaming, a causa del comportamento dei consumatori, quindi per catturare il pubblico i canoni mensili iniziali erano bassi”, afferma Ken Suh, chief strategy officer dell’azienda di tecnologia pubblicitaria Nexxen di CTV.
“Il recente aumento dei clienti con supporto pubblicitario – continua Suh – avvalora la teoria secondo cui le persone sono disposte a guardare la pubblicità per ridurre i costi mensili, ma la domanda che ci si pone in prospettiva è: cosa faranno gli abbonati se i prezzi si adegueranno a tal punto che i piani di abbonamento con supporto pubblicitario aumenteranno fino a raggiungere i prezzi originali di quelli senza pubblicità?”
Traduzione di Pietro Cecioni
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