Tax Credit cinema, in estate le nuove regole: finanziamento per storie italiane, con registi e attori nostrani. “Ma non chiamatela autarchia”

Il decreto sul credito d'imposta, che oggi inizia il suo iter nel Consiglio superiore dell'audiovisivo, rivedrà le aliquote d'investimento e stabilirà criteri differenti per prodotti commerciali e per i film "difficili" da festival. Borgonzoni: "Abbiamo parlato con le associazioni di categoria, che hanno condiviso lo spirito. Anche se non mancheranno malumori"

Dopo lunga attesa e poca comunicazione, in estate arrivano le nuove regole per il tax credit. Il decreto, che oggi comincia il suo iter con la riunione del Consiglio superiore dell’audiovisivo, punta – secondo Lucia Borgonzoni, sottosegretaria ai beni culturali con delega al cinema – a un principio di “equità”.

“Non parlerei di autarchia. Abbiamo fatto ordine, parlato con le associazioni di categoria che hanno condiviso lo spirito. Ma non mancheranno malumori e proteste,” spiega la senatrice della Lega sulle pagine del Corriere della Sera.

Differentemente da prima, dove qualunque investitore di un film riceveva senza distinzione il 40% di sgravi fiscali, ora il credito d’imposta sarà suddiviso in due criteri selettivi. Il primo è destinato a opere commerciali, che hanno cioè mercato e che devono avere la copertura preventiva del 40% del costo di produzione. Secondo la sottosegretaria, questo sistema permette a un film “di arrivare al ministero con l’avallo di un finanziatore che ha creduto nella bontà del progetto”.

Il secondo criterio, invece, riguarda le opere prime e seconde, e le start up, ma anche le pellicole da festival. Quest’ultime sono state definite dal ministero come film dal linguaggio “difficile”. Per questa categoria, riporta sempre il Corriere della Sera, l’accesso ai fondi di finanziamento è automatico.

Non chiamatela autarchia

Queste scelte, secondo il ministero, arrivano a fronte di un dato: su 459 film, nel 2022 circa 145 non sono usciti in sala, mentre nel 2023 questo dato aumenta a 200. Il fondo destinato al cinema, inoltre, è diminuito da 746 milioni dello scorso anno a 696 milioni. Un taglio che, secondo la sottosegretaria, è per “gran parte lineare del 5%, che hanno avuto tutti i ministeri”.

Per le opere italiane, il tetto massimo resta fermo a 9 milioni. E per i film “piccoli e medi con problemi di liquidità” riceveranno in anticipo il 70% del fondo, e il 30% a progetto chiuso. Differenza abissale rispetto alle aliquote precedenti, che vedevano invece la cessione del 40% del fondo in anticipo e il 60% a progetto chiuso.

Anche se Borgonzoni non parlerebbe di autarchia, una grande novità riguarda le produzioni italiane, con un forte incoraggiamento a raccontare storie italiane, con registi e attori nostrani. Il ministero stanzia un finanziamento ad hoc di 53 milioni per storie di grandi italiani realizzate nel nostro paese, riportando l’esempio della serie Rai su Guglielmo Marconi, con Stefano Accorsi.

E per le produzioni internazionali, che con il tax credit si sono moltiplicate, anche con l’investimento dei grandi colossi dello streaming, lo sgravio fiscale sarà maggiore “se utilizzeranno attori italiani”.

Il nuovo tax credit non è “una spedizione punitiva”

Secondo la sottosegretaria leghista, però, questa manovra non è da intendersi come una”spedizione punitiva”. “Le nuove norme servono a impedire che si possano fare film tanto per farli, magari anche con produttori improvvisati”.

Il ministero, inoltre, destinerà,  l’1% del fondo per il cinema all’assunzione di personale che velocizzerà il controllo delle pratiche amministrative, e richiede alle piattaforme di streaming più trasparenza sui propri dati, specificando il numero di visualizzazioni totalizzato da un film. Una mossa che segue quanto già svolto da Netflix alla fine del 2023, e che ha visto La legge di Lidia Poët classificarsi tra le serie italiane più viste globalmente sulla piattaforma.

Poca chiarezza, invece, sulla questione dell’intelligenza artificiale. “I soldi devono essere utilizzati da persone fisiche, attori, registi, sceneggiatori. L’IA può beneficiare soltanto per gli effetti speciali,” spiega Borgonzoni. L’intelligenza artificiale, che è un termine che intende sia i modelli generativi come ChatGpt e altri più tradizionali, viene impiegata non soltanto nel settore degli effetti visivi ma anche in altre parti del processo.

“Sui titoli di coda di un film deve essere specificato cosa è opera dell’uomo e cosa è opera della tecnologia”, continua Borgonzoni, sottolineando che “saranno gli stessi attori a dare l’autorizzazione all’utilizzo del proprio volto per un secondo progetto”.