Il caso Unity: la “tassa” sul motore dei videogiochi scatena la rivolta degli sviluppatori

"I danni della mancanza di chiarezza nei confronti dei consumatori si vedranno sul lungo periodo”, dice a THR Roma un programmatore italiano. Mentre l'azienda cerca disperatamente di fare dietrofront

Unity sembra intenzionata a fare un piccolo passo indietro. L’azienda, famosa per aver realizzato un software che permette di sviluppare videogiochi (nel linguaggio tecnico chiamato engine, o motore di gioco, ndr), la scorsa settimana è salita agli onori della cronaca per la scelta controversa di cambiare le sue tariffe di utilizzo.

Nella nuova policy, che entrerebbe in vigore il primo gennaio 2024, gli sviluppatori dovranno pagare all’azienda una “tassa” sulle installazioni. Ciò significa che ogni volta che un utente installa un gioco realizzato con Unity, il team di sviluppo che ha realizzato il titolo dovrà pagare all’azienda un fisso che – secondo quanto dichiarato nel comunicato ufficiale – ammonterebbe a 20 centesimi per installazione.

La decisione ha immediatamente scatenato l’ira del web e dei clienti di Unity, soprattutto gli artisti indipendenti. Una comunità di persone che – attorno a questo engine – ha stretto rapporti e realizzato strumenti, cosiddetti tool, per aiutarsi a vicenda nello sviluppo del proprio videogioco. Infatti, proprio la community di Unity è uno dei selling point di questo software.

Unity tarpa le ali agli indie?

Alcuni sviluppatori, contattati dalla nostra redazione, ci hanno spiegato che non tutte le installazioni hanno lo stesso valore. Ma che dipende da videogioco a videogioco.

Una “tassa” di questo tipo su un prodotto cosiddetto premium (cioè venduto su console a prezzo pieno) ha un impatto minore rispetto alla controparte mobile, con titoli tendenzialmente gratuiti e mantenuti dalla pubblicità, in cui quei 20 centesimi sono, potenzialmente, il margine di guadagno dello studio su ogni copia del gioco. Una policy di questo tipo, inoltre, avrebbe un impatto decisamente diverso se si parla di studi grossi, con un assetto aziendale già consolidato, a differenza degli studi indipendenti, più piccoli e in sviluppo.

“La percentuale, per gli studi grandi, è davvero irrisoria”, ha spiegato a The Hollywood Reporter Roma Tommaso Verde, Ceo della software house torinese Dramatic Iceberg. “Ma per gli studi più piccoli e davvero significativa – continua Verde – e ora con Unity si pone una questione di fiducia”. Ora però l’azienda sembra intenzionata a fare un passo indietro. O meglio, a chiarire la propria posizione.

Un passo indietro

In un recente post su X (ex-Twitter), Unity ha dichiarato: “Vi abbiamo ascoltato. Ci scusiamo per la confusione sulla policy annunciata martedì”. E continua: “Siamo in ascolto, e stiamo parlando con i membri del nostro team, della nostra community, con i consumatori e i partner. Faremo cambiamenti a questa policy, vi daremo aggiornamenti in un paio di giorni”.

Secondo quanto riportato da Bloomberg, Unity modificherà parzialmente la controversa policy, inserendo una quota fissa da pagare che ammonterebbe al 4% dopo il milione di dollari di ricavo, e il calcolo delle installazioni richieste per arrivare alla quota non sarà retroattivo. Un modello di business già consolidato per questo tipo di software, che porta quindi l’intera questione ad essere riassunta come un gigantesco disastro comunicativo. Le modalità del calcolo delle installazioni, peraltro, sono tutte da chiarire.

La decisione, arrivata come un fulmine a ciel sereno, in un mix letale con un marketing mal pianificato e fumoso, sta portando però gli studi di sviluppo più piccoli a valutare altri software con una comunicazione più trasparente. “Unity sta gettando benzina sul fuoco post dopo post, non sta trasmettendo fiducia,” continua Tommaso Verde, “e i concorrenti si sono già mobilitati”. Nel mercato degli engine, Unity compete contro software del calibro di Godot e Unreal Engine, motori di gioco molto utilizzati nel settore.

Il disastro comunicativo di Unity

Uno sviluppatore italiano, che lavora nel settore da otto anni e che ha preferito rimanere anonimo, con Unity stava preparando un evento annullato proprio a ridosso del controverso annuncio. “Ero in contatto con il team di Unity e abbiamo visto il post in cui si parlava di questa policy, ancora non era stato travolto dalle critiche, ma si vedevano i primi segnali”, ha dichiarato a THR Roma. Unity, che ha formato attorno a sé una grande comunità, organizza spesso eventi di condivisione, anche per fare formazione, da remoto e in presenza.

Lo sviluppatore, che negli anni ha realizzato uno strumento per aiutare altri colleghi (ormai scaricato da migliaia di persone) ha ora in cantiere un videogioco d’avventura sviluppato proprio con il motore di gioco Unity. “Il mio studio sta creando questo progetto che non abbiamo ancora annunciato, ma se davvero dovesse andare avanti questa policy, possiamo decidere anche di cambiare motore di gioco, se vediamo che conviene in termini di costi di produzione”.

Dal 12 settembre per il primo gennaio è un periodo di tempo decisamente “breve” per attuare una policy di questo genere, richiedendo quindi alle aziende, grandi e piccole, di rivedere la propria strategia di investimento e la programmazione del lavoro in pochissimo tempo, e magari a progetto in corso.

“A livello di business è un problema, e per noi studi indipendenti la fiducia si è rotta”, continua lo sviluppatore. E conclude: “Oggi, un piccolo sviluppatore, vista la situazione, potrebbe scegliere di non realizzare il suo gioco con Unity, i danni di questa sconfitta comunicativa si vedranno nel lungo periodo”.

Gli strascichi

Questo disastro comunicativo ancora non è chiaro quanto influirà sulla percezione pubblica dell’azienda, anche se le azioni – dal 12 settembre – sono crollate da $38,97 a $33,45 (al momento della stesura, ndr). Sul tavolo però c’è anche una questione di mercato del lavoro, poiché se la fiducia dell’azienda è bassa, meno compagnie cercheranno esperti di questo software, e di conseguenza il know-how di queste persone risulterà sempre di minor valore, e meno spendibile.

“Sono uno sviluppatore Unity da 10 anni, conosco questo engine meglio di casa mia”, ha dichiarato a THR Roma Enrico Dutto, Game Designer del videogioco The Perfect Pencil.

“Sono freelance e per me sarebbe un danno enorme se Unity perdesse rilevanza, anche solo nella ricerca del lavoro. Il mio bagaglio di esperienze potrebbe non essere più richiesto”, continua Dutto, sottolineando che Unity ha una “leggerezza e versatilità” che non ha nessun altro software di questo tipo. “Non so come si concluderà questa storia, e sono fiducioso che Unity faccia un passo indietro – conclude Dutto – Ma allo stesso tempo mi sto mettendo a imparare il software Godot”.