Esports: le competizioni agonistiche online dei videogiochi cercano regole. “La Francia e la Spagna modelli da seguire”

"Abbiamo aperto un percorso di collaborazione e dialogo con le istituzioni per trovare una legislazione specifica", dice Marco Saletta, presidente dell'associazione di categoria IIDEA. In ballo ci sono gruppi di giocatori che si sfidano a “colpi” virtuali in arene colme di persone, tra sponsor, allenatori e pubblico

Gli Esports non sono sport. Questo il concetto spesso ribadito durante l’incontro organizzato dall’associazione di categoria IIDEA al ministero della cultura giovedì 28 settembre, in sala Spadolini, in un primo incontro importante tra istituzioni e un settore in crescita come quello delle competizioni legate ai videogiochi. 

La linea seguita è quella del Parlamento europeo, che nel 2022 ha decretato che le discipline e-sportive e lo sport sono due settori distinti, con una differenza piccola ma sostanziale: senza i videogiochi, gli e-sports non esistono, e sono quindi profondamente legati alla proprietà intellettuale e al diritto d’autore.

Con Esports, letteralmente electronic sports, si intendono competizioni agonistiche su videogiochi online, solitamente a squadre. Gruppi di giocatori che si sfidano a “colpi” virtuali in arene colme di persone, tra sponsor, allenatori e pubblico. Tra i più diffusi c’è certamente League of Legends di Riot Games, ma anche Counter Strike: Global Offensive di Valve e Rainbow Six Siege di Ubisoft. 

L’incontro al ministero, che è stato introdotto dalla sottosegretaria al cultura Lucia Borgonzoni (Lega), con la partecipazione anche del presidente della commissione cultura alla camera Federico Mollicone (FdI), è l’ultima dimostrazione di forte interesse da parte del governo e della destra rispetto alle nuove tecnologie. Un “amore” già ampiamente noto date le modifiche allo statuto (e la conseguente lottizzazione) del Centro Sperimentale di Cinematografia, introducendo anche lo studio del linguaggio dei videogiochi, ma anche rispetto all’intelligenza artificiale e alla realtà virtuale.

Il dialogo con le istituzioni

“Le politiche che abbiamo adottato e adotteremo mirano a un sempre maggiore sviluppo dell’industria culturale e creativa italiana, grande famiglia di cui le imprese dell’ecosistema degli Esports fanno sicuramente parte,” ha dichiarato Borgonzoni, mentre il presidente di IIDEA Marco Saletta ha confermato a The Hollywood Reporter Roma dell’inizio di “un percorso di collaborazione e dialogo con le istituzioni per trovare una normativa specifica per il mondo Esportivo”, al momento non regolamentato. E continua: “Crediamo che la casa sia il ministero della cultura, perché il videogioco è cultura”.

Un dialogo, a detta del presidente Saletta, “onesto e franco” con i legislatori, ma non è l’unico tavolo di discussione che ha aperto l’associazione, che ha incontrato anche il Coni in diverse occasioni, al momento discutendo soltanto di “un supporto alle idee”, ma senza mettere sul tavolo alcun riconoscimento degli Esports da parte del comitato olimpico. Anzi, il dialogo su quel fronte non è ancora cominciato.

Di grande ispirazione per normare il settore degli Esports sarà il modello francese, ma anche quello spagnolo. Simona Lavagnini, legal counsel di IIDEA, ha infatti spiegato a THR Roma che, nonostante non abbiano ancora una legislazione ad hoc, “in Spagna sono riusciti a creare un ecosistema privo di ‘normative ostacolo’, che invece in Italia hanno visto assimilare gli Esports al gioco d’azzardo e ai concorsi a premi”.  

Esports e premi

Nel corso delle tre ore di conferenza, la legge sui montepremi è stata citata più volte come vincolo alla crescita di questo settore. “Un’impresa che si occupa principalmente di gaming competitivo, non può esimersi dalle competizioni a premi”, ha continuato Lavagnini, sottolineando che la norma sui montepremi è un vincolo per la crescita ma anche un deterrente per gli investimenti esteri.

La norma, spiega la legal counsel di IIDEA, richiede garanzie, tassazione, nomine notarili e processi dispendiosi in termini economici, ma “soprattutto amministrativi e che richiedono spesso l’esternalizzazione di questo compito”.  

“La tassazione sui montepremi è un grande problema per gli investimenti, specialmente negli sport competitivi”, ha dichiarato a THR Roma Kim Lachmann, director sport business group presso l’azienda di consulenza Deloitte. “Se un paese non ha una tassazione favorevole, può scoraggiare gli operatori del settore dall’organizzare tornei – aggiunge Lachmann – In Germania abbiamo più tornei e team consolidati, (come i G2 e gli SK Gaming, ndr), ma anche noi abbiamo bisogno di sviluppare la nostra infrastruttura legale, soprattutto sulla tassazione a livello amatoriale”. E conclude: “Se si confrontano gli spettatori degli Esports, l’Italia è leader indiscusso, dimostrando il potenziale del settore nel Paese”. 

Grande difficoltà normativa infine per le aziende che gestiscono le squadre, poiché i videogiocatori professionisti non hanno un inquadramento giuridico. Lo ha confermato a THR Roma l’Head manager della squadra italiana Reply Totem:  “La maggior parte dei player sono a partita IVA, oppure hanno contratti a collaborazione occasionale, con la quale si lega sia la prestazione sportiva in esclusiva che i diritti di immagine”. 

Per il momento, comunque, sul settore Esports non c’è niente di concreto, se non buoni propositi. Un prossimo incontro tra le associazioni di categoria e le istituzioni, afferma Mollicone, arriverà entro novembre.