La favola di Ama Jong-un e i fantasmi dell’Ariston: bentornati a Sanremo, il festival a orologeria che è sempre più un film distopico

Grandiosa e surreale la drammaturgia della kermesse, vivacizzata dalla cabala degli esclusi, epurati, dimenticati e simili: da Al Bano ai Jalisse, passando da Pupo che sulla via per la Russia sostiene che fu il Quirinale a bloccare la sua vittoria nel 2010. E mentre si festeggia la grandeur del "ciclo Amadeus", dopo l'annunciazione dei big come da perfetto Manuale Cencelli sono già in corso le grandi manovre per la successione del caro leader: tornerà Paolo Bonolis?

Sono molti i fantasmi che si aggirano per le strade di Sanremo e per i piccoli schermi d’Italia: alcuni rispondono ai nomi di Pupo, Al Bano, Jalisse, Morgan, Bonolis, altri attendono nelle tenebre della storia dell’Ariston. Niente che non sappia, l’umano incoronato per acclamazione imperatore del festival della fu canzone italiana: come tutti i veri autocrati – si può ben dirlo, dopo cinque edizioni del festival, con le canzoni scelte come fosse il Re Sole ed i regolamenti cambiati all’ultimo secondo – Amadeus è ben consapevole delle minacce che si agitano nell’oscurità, mentre il potere è tutto preso a creare lo spettacolo perfetto, il festival a orologeria meccanica, secondo un Manuale Cencelli in salsa pop perfezionato di anno in anno, in un’illusione d’equilibrismo socio-musical-politico-antopologico che è pura fantasia. Perché sono gli epurati, gli esuli, sono gli spiriti del passato – appunto da Pupo di Ponticino al Morgan di turno – a gettare le loro lunghe ombre sulle sorti magnifiche (ma non progressive) della festa canora assurta negli anni ad essere il prisma impazzito in cui ancora l’Italia si specchia. Incredibilmente.

Ebbene sì, nella favola di Sanremo, in replica uguale e diversa ogni anno, gli astutissimi commentatori dicono che il conduttore, direttore artistico e conducator ha costruito un cast volto ad evitare polemiche e strappi, risse e arrembaggi dei “cattivi”: insomma, tutti buoni a Sanremo 2024, questo è scritto nella drammaturgia firmata Ama Jong-un. Il quale, abbiamo appreso nella domenica dell’Annunciazione, ha cambiato regolamento e regole, dopo aver ascoltato “oltre 500 canzoni”, portando d’imperio i “big” in gara a 30: che impresa che meraviglia questo numero-monstre, gridano univoci giornali, siti, radio e televisioni, manco la costruzione della Tour Eiffel o le Piramidi d’Egitto, che grandeur.

Difficile che in tanta strategica programmazione Amadeus si faccia prendere alla sprovvista da veleni, congiure, lotte fratricide dietro (e soprattutto davanti) le quinte dell’Ariston, impossibile che sfuggano al suo controllo. Al contrario. Lungimirante come tutti i “cari leader”, lui li prevede, i suoi sherpa ed il suo piccolo esercito di autori li pensano, li immaginano, li preparano, con occhio attento alle curve possibili del Dio Auditel, in nome del quale si stanno già da tempo preparando i sacrifici necessari.

Morgan Castoldi

Morgan Castoldi

Il mondo intero ormai conosce l’elenco dei cantanti in gara annunciato in apertura del Tg1, a scapito delle guerre nel mondo, di instabilità globali e disastri vari, aumentando la sensazione di una distopia realizzata, per quanto catodica: nel menù delle cinque serate che ipnotizzeranno l’Italia a partire dal 6 febbraio ci sono, tra gli altri, i Negramaro nella parte dei figlioli prodigi e Diodato in qualità di autore pensoso, c’è il mainstream impegnato di Fiorella Mannoia ma anche la “trasgressione” di Big Mama (esponente del cosiddetto “woman rap”, giurano quelli che la sanno lunga), c’è la finto-lirica de Il Volo, ma anche l’immancabile reparto Amici con Emma e Alessandra Amoroso, non mancano il rapper Geolier, l’ex vincitore Mahmood, il giudice di X Factor Dargen D’Amico, l'”indie-pop” (checché ciò voglia dire) di Gazzelle, Annalisa che vende dischi a vagonate, il mega-sconosciuto Maninni già assurto a tormentone, i riesumati Renga e Nek, il trio ex-finto-punk milanese dei LaSad. Ovviamente la meticolosa Realpolitik di Amadeus – il “Kim Jong-un della Riviera”, così l’ha ribattezzato con prontezza Fiorello – non poteva lasciare scoperto il reparto nostalgia in stile zombie con i Ricchi e Poveri e Loredana Berté.

Giuliano Sangiorgi

Giuliano Sangiorgi dei Negramaro: uno dei ritorni più attesi a Sanremo

Tutto bellissimo, tutto perfetto? Certo che no, altrimenti il Dio Auditel, appunto, chi lo sente? Il primo a mandare il suo pizzino è stato, giorni fa, il Pupo di Ponticino. Pare una strepitosa satira, ma il cantante reso immortale da Su di noi e Gelato al cioccolato l’ha consegnato – non è uno scherzo – mentre s’avviava chitarra in spalla sul ponte per Kaliningrad, in Russia (dove partirà un epico tour che toccherà anche la Lituania e il Kazakistan, ma pure San Pietroburgo e Novosibirsk): qui ha pensato bene di informare un provvido cronista che nel 2010, quando si presentò in gara con il tenore Luca Canonici ed “il principe Emanuele Filiberto”, arrivò ai piani alti dell’Ariston (manco fosse Palazzo Chigi) una telefonata dal Quirinale per scongiurare una sua vittoria al festival. La presidenza della Repubblica “temeva lo scandalo di un rappresentante di casa Savoia al primo posto a Sanremo”. Parole come pietre, quelle di Pupo da Ponticino, Arezzo. Storia vera, giura lui.

Pupo

Pupo

Niente da fare, Sanremo rimane la più grandiosa maionese impazzita del tempo moderno. Superato il trauma delle canzoni, uno dei migliori film distopici d’Italia. Una saga che si rinnova ogni anno.

I giornali – tutti nordcoreanamente presi a lodare le gesta del caro leader Ama Jong-un alla tolda del festival – ci informano che anche Al Bano è reso nervoso dalla sua esclusione dal festival 2024 a tutto vantaggio dei Ricchi e Poveri. Ha gioco facile Fiorello a fare lo spiritoso dai microfoni di VivaRai2: “Amadeus, a Putin questa non la dovevi fare”. Anche sui Jalisse, vincitori qualche millennio fa con Fiumi di parole ed oggi giunti al record della loro ventisettesima bocciatura, ironizza il Rosario: “Dobbiamo segnalare una disavventura per Amadeus, che dopo aver fatto l’annuncio ha trovato la macchina rigata. Sul cofano c’era scritto: Jalisse”.

Mentre i bene informati registrano le arrabbiature di altri ex famosi della canzone italiana esclusi dal festival (Malika Ayane, Alexia e Alan Sorrenti), le gole profonde festivaliere prevedono strali di diversa natura da altri due spettri del festival. Il primo è Morgan – già nel 2010, ossia 14 anni fa, veniva dipinto come il cantante maledetto e ci si chiedeva se verrà o non verrà – che troverà modo di palesarsi polemicamente e di piazzare qualche furente controversia per vendicarsi della sua cacciata da X Factor. Il secondo è Paolo Bonolis: secoli fa era lui il Re Sole di Sanremo, oggi pare siano cominciate le grandi manovre per riportarlo alla guida del festival nel 2025, dato che Ama Jong-un ha informato il popolo, dall’altare patrio di Domenica In, che questo sarà il suo ultimo giro. Il super-agente della star, Lucio Presta, così dicono, è al lavoro.

Da sinistra: le co-conduttrici di Sanremo Teresa Mannino, Giorgia, Lorella Cuccarini e Fiorello

Da sinistra: le co-conduttrici di Sanremo Teresa Mannino, Giorgia, Lorella Cuccarini e Fiorello

Ebbene sì, il prossimo 10 febbraio si concluderà  “il ciclo Amadeus” (un giornale l’ha definito così, davvero): toni talmente lussureggianti che finanche il suo grande amico Fiorello non può esimersi dall’ironizzare (si sa, ai folli è permesso). “Pensate che subito dopo aver dato i nomi dei cantanti, Amadeus ha annesso San Marino all’Italia, ha ordinato tre cardinali, ha separato e unito il Mar Rosso. Purtroppo, però, è stato denunciato all’Onu per sequestro di un’intera nazione nella settimana del festival. E volete sapere chi è il super ospite non ancora annunciato? Kim Jong-un!”. Eccallà.

Insomma, nella favola dell’Ariston nel 2024 si parla dei rapper, dei trapper e dei Maninni, ma sono sempre i fantasmi, è la storia, a determinare il presente. Il passato non muore mai. Non è nemmeno passato. Lo diceva William Faulkner, ma la frase si adatta meravigliosamente anche a Sanremo.