The Crown 6: la sfida più grande per Dominic West? Rendere credibile il lutto di Carlo per Diana

L'attore parla del suo ruolo nell'ultima stagione della serie e del lavoro con Ed McVey che ha sostituito suo figlio Senan nei panni di William adolescente: "Sarebbe stata una situazione troppo familiare per sentirmi a mio agio"

Questo articolo contiene spoiler sul quinto episodio della seconda parte della sesta stagione di The Crown, Willsmania.

La sesta e ultima stagione di The Crown ha introdotto due nuovi attori per interpretare il principe William durante la sua adolescenza e giovinezza. Rufus Kampa, che ha recitato nella prima parte, e Ed McVey nella seconda, hanno sostituito Senan West, apparso nello stesso ruolo nella quinta stagione insieme al vero padre, Dominic West, l’ultimo principe Carlo nella serie di Netflix.

In Willsmania – quinto episodio della seconda parte di The Crown 6, disponibile in streaming dal 14 dicembre – il principe Carlo si ritrova a essere il bersaglio del dolore del figlio maggiore all’indomani della morte della principessa Diana (Elizabeth Debicki). L’episodio riprende il filo dopo che i primi quattro (usciti a novembre) avevano portato gli spettatori nella settimana successiva alla prematura morte di Diana e Dodi Al-Fayed (Khalid Abdalla).

La seconda parte della stagione, composta da sei episodi, si apre con un riflettore puntato su Carlo e i suoi figli in lutto (il principe Harry è interpretato da Luther Ford). E dover lavorare su queste scene emotivamente cariche come padre è stato difficile, racconta West a The Hollywood Reporter.

È stato interessante leggere nelle note di produzione di The Crown che lei ama piangere in scena. C’era quindi un po’ di trepidazione nell’affrontare questa ultima stagione, sapendo quanto sarebbe stata emotiva?

Oh, sì, molta. Non mi ero reso conto di aver detto che amo piangere. Prima lo odiavo. Lo temevo. E di certo lo temevo in questa stagione. Peter Morgan, il creatore della serie, ha fatto ululare il principe Carlo per il dolore del lutto, sulle montagne scozzesi e nell’ospedale di Parigi. E ho pensato: “Davvero? Non riesco a immaginare nessun membro della famiglia reale che ululi o si mostri così emotivo”, anche se penso che Carlo sia molto emotivo. Quindi ero molto preoccupato per quelle scene, perché è facile che risultino ridicole e che improvvisamente si pensi: “Non è così che si comporterebbe”.

Una delle scene più emozionanti è stata quella in cui il “fantasma” della principessa Diana fa visita al principe Carlo durante il volo di ritorno, dopo l’identificazione del suo corpo. Elizabeth Debicki ha detto che non avete provato quel dialogo in anticipo. Com’è stato creare quell’interazione sul momento?

Quando si fa una scena molto emotiva come quella, può essere difficile. Perché spesso devi aspettare l’altro attore e poi il movimento della macchina da presa che si gira su di te, oppure si fa un’inquadratura lunga e poi una ravvicinata, quindi è poi trovare il proprio ritmo. Christian Schwochow, che è un ottimo regista, aveva una macchina da presa su ognuno di noi, contemporaneamente, e nei primi piani abbiamo fatto solo una o due riprese. Non mi piace molto provare. Non so Elizabeth, ma abbiamo deciso di non farlo per lo stesso motivo. In questo tipo di scene, il sentimento che si prova svanisce in fretta, e vuoi bloccarlo prima venga perso.

Il quinto episodio, che esplora un interessante capitolo del rapporto padre-figlio tra il principe Carlo e William dopo la morte della principessa Diana. Cosa ne pensa di quell’episodio?

Non l’ho ancora visto, ma ho due figli che sono un po’ più giovani di quanto lo fosse allora William ed è stato difficile pensare a come sarebbe se mio figlio mi accusasse di essere responsabile della morte di sua madre. Che sensazione sarebbe e come si potrebbe reagire in modo paterno? Come si reagisce con amore incondizionato, con il senso di colpa e con ciò che si prova? Peter Morgan è molto bravo a estrapolare l’emozione più profonda in ogni scena. E in un certo senso, quella scena nello specifico era una sorta di giustificazione contro le accuse che Carlo riceveva, probabilmente non solo dai suoi figli, ma dall’opinione pubblica in generale. Tutti lo consideravano responsabile, per questo mi è piaciuto molto interpretarla. È stata una scena catartica e una bella sfida.

Com’è stato lavorare con Ed McVey, che era al suo primo ruolo televisivo importante?

È stato fantastico. Ha fatto molto teatro, quindi non è del tutto nuovo alla recitazione, a differenza di Luther Ford, che non credo avesse mai fatto nulla prima. Eppure Ed ha recitato in modo istintivo e brillante. È un attore molto, molto bravo nonostante la sua giovane età, mi ha messo in difficoltà. Non abbiamo parlato molto tra di noi. Non abbiamo cercato di stabilire alcun tipo di intimità, perché non è previsto in questa fase della vita dei personaggi. Sono contento, inoltre, che non sia stato mio figlio a riprendere il ruolo di William, come nella scorsa stagione. Credo che sarebbe stata una situazione troppo familiare per sentirmi a mio agio.

Lei ha affermato più volte di aver combattuto per il principe Carlo sullo schermo. Come pensa di averlo onorato in questo ruolo?

Sto lottando per lui, come un attore fa per qualsiasi personaggio, tranne forse per i più cattivi. Inevitabilmente, si cerca di entrare nella mente del proprio personaggio e questo richiede una sorta di senso di comune di umanità ed empatia. Bisogna provare compassione. Credo che, soprattutto nel periodo intorno alla morte di Diana, sia diventato il cattivo della situazione. E credo che forse, ora che sono passati 25 anni, potremmo giudicare tutto quel che è successo – io di certo l’ho fatto – come un po’ troppo duro nei suoi confronti.

Ha anche dichiarato che leggere alcune delle recensioni negative e indifferenti alla quinta stagione le ha tolto un po’ di pressione in vista della sesta. In che senso?

Leggo tutte le recensioni, soprattutto quelle negative. E in effetti quelle ti deprimono. Pensi che il lavoro fatto sia stato sprecato. Suppongo che le recensioni deprimenti siano quelle in cui il critico fa un’analisi pigra, ma la maggior parte dei critici prende il proprio lavoro molto seriamente e si rende conto della quantità di lavoro che tutti hanno svolto. Poi accadono anche cose inaspettate che colpiscono in modo particolare. Come un messaggio ricevuto da un mio amico indiano, che mi ha scritto che un miliardo di persone in India stavano guardando e amando la serie. E la stessa cosa ha scritto un giornalista colombiano. In questi casi ti rendi conto che The Crown ha colpito e intrattenuto molte persone.

La serie si conclude con il matrimonio del principe Carlo e di Camilla. Com’è stato ricreare quel momento storico?

È stato fantastico. Probabilmente è stato meglio del vero matrimonio. Eravamo nella York Minster, questa enorme cattedrale nello Yorkshire. C’era un’orchestra completa, un coro completo, due dozzine di piante di alloro ornamentali. Ricordo di aver percorso la navata con Olivia Williams, che interpreta Camilla, e 400 comparse che si inchinavano al nostro passaggio, e di aver pensato: “Ecco, non c’è niente di meglio”.

L’ultimo giorno, l’ultima ripresa – dell’intera stagione, in realtà – è stata la fine della cerimonia, all’ufficio anagrafe. Siamo usciti e c’era una band jazz che suonava e le stesse 400 comparse che sventolavano bandiere con i nostri volti. Quando l’assistente alla regia ha annunciato la conclusione della serie mi sono reso conto che i membri della troupe sono stati presenti per tutte e sei le stagioni e che quello era il loro momento, un’occasione importante. Mi sono sentito fortunato a farne parte, a dire il vero. Perché è stata una serie straordinaria, che credo abbia stabilito un nuovo standard in termini di persone di grande talento che hanno lavorato duramente per raggiungere nuovi livelli di eccellenza.

Traduzione di Nadia Cazzaniga