La vera storia di Yu Hyuk. Che fuggì dalla Corea del Nord e ora punta a diventare una star del K-Pop

Sembra un film: l'infanzia nel regime di Pyongyang, dove arrivò a rubare e a chiedere l'elemosina, poi la fuga attraverso tre paesi fino in Corea del Sud, anche qui soffrendo povertà, esclusione e depressione. Ora è stato scritturato da un'etichetta discografica che vuole lanciare una musica popolare sudcoreana più inclusiva: "Anche i nordcoreani possono fare grandi sogni"

Pantaloni larghi, berretto nero e Nike Air Jordan. Yu Hyuk e Kim Seok sembrano tipiche star K-Pop, il fenomeno musicale sudcoreano da miliardi di dollari. Eppure entrambi vengono dalla Corea del Nord, luogo natale da dove sono fuggiti. E a dire il vero non sono ancora degli “idol”, come vengono chiamati i componenti dei gruppi ormai affermati. Sono aspiranti ballerini cantanti che cercano qualche altro compagno di band.

Che il K-Pop abbia a che fare con la fragilità e il dolore lo aveva già detto Michela Murgia. Nell’universo K-Pop, le band non iniziano nel garage di casa degli amici, ma devono affrontare intensi allenamenti per essere perfetti al momento della prima esibizione ufficiale. E in una società che spinge la competizione alle stelle, diete drastiche e cambiamenti estetici fanno parte del gioco.

Yu Hyuk e Kim Seok però non affronteranno queste tribolazioni, dato che Michelle Cho, la Ceo dell’etichetta discografica indipendente Singing Beetle – che li ha scritturati – è impegnata per un K-Pop più sostenibile e inclusivo. Un incontro che è sembrato una ricompensa per Yu Hyuk, il quale ha raccontato sul Wall Street Journal di quando da bambino rubava e chiedeva l’elemosina per le strade nordcoreane, prima di scappare via, da adolescente, attraversando tre paesi verso la libertà.

 

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Dove il K-Pop toglie la vita

Nella sua nuova casa ha trovato opportunità, ma ha anche dovuto affrontare i debiti e la desolazione. “La Corea del Nord era fisicamente difficile”, ha detto, “ma la vita in Corea del Sud è stata dura a livello emotivo”.

La storia di Hyuk restituisce la ripida salita che da decenni percorrono gli oltre 34.000 nordcoreani che si sono trasferiti in Corea del Sud, dove spesso sono stati trattati come cittadini di seconda classe. Senza né formazione né assistenza, molti faticano ad arrivare a fine mese riuscendo a trovare solo lavori con salari molto bassi. Negli ultimi anni però sono sempre di più i “disertori” nordcoreani che riescono a sfondare. Due sono diventati membri eletti dell’Assemblea nazionale. E secondo il database del Centro per i diritti umani nordcoreani, un’organizzazione no-profit con sede a Seul, il numero di ex nordcoreani diventati manager, funzionari di alto livello e politici nel Sud è raddoppiato dal 2019 al 2022.

La Corea del Nord è una delle nazioni più represse del mondo. L’arte fa propaganda e divinizza il leader del Paese Kim Jong-un. I bambini cantano canzoni che recitano slogan come “siamo i più felici del mondo”. Tutti i contenuti dagli altri paesi sono vietati e il governo ha giustiziato delle persone per aver distribuito o anche solo guardato video K-Pop.

Yu Hyuk: “Chiedevamo l’elemosina”

Hyuk è cresciuto a Kyongsong, sulla costa orientale della Corea del Nord. I suoi genitori, ha raccontato, si separarono quando lui aveva tre anni. Suo padre spendeva i risparmi per bere e per corrompere i funzionari di stato per evitare di lavorare (tutti i nordcoreani sono controllati sulle modalità del loro impiego). Sua madre scappò in Corea del Sud poco dopo la separazione.

A sette anni, Hyuk si sentì in dovere di provvedere alla sua famiglia. Vedeva sua nonna raccogliere i chicchi di riso dal pavimento della stazione ferroviaria della città. Per procurarsi dei soldi, rubava blocchi di cemento e li rivendeva e chiedeva l’elemosina. “Eravamo dei mendicanti a cui non era rimasto altro che una casa”, ha raccontato.

La madre intanto lo supplicava di raggiungerla in Corea del Sud. Ma lui all’inizio rifiutò, accusava la madre di averlo abbandonato. Fino a che il padre non lo convinse a “cercare una vita migliore nel Sud”.

L’arrivo in Corea del Sud

Il viaggio di Hyuk durò sei mesi. Attraversò tre paesi e quando raggiunse Seul aveva tredici anni. Seguì un programma obbligatorio di tre mesi per i fuggitivi nordcoreani, progettato per aiutarli ad ambientarsi. Hyuk era iscritto in un collegio gratuito con altri bambini come lui, ma si sentiva ancora un outsider. “Mi sentivo il più solo del mondo”, ha raccontato.

Non voleva vivere con sua madre per non dipendere da lei e perché non la sentiva vicino. Quando ebbe l’età giusta trovò un lavoro part-time in un ristorante. Dopo due anni che era in Corea del Sud, Hyuk scoprì che suo padre era morto. “Era l’unica persona che era sempre stata dalla mia parte”, ha detto. “Era morto per complicazioni di una malattia al fegato, avrebbe potuto essere curato se fosse venuto con me nel Sud”.

Hyuk entrò in uno stato di depressione e iniziò a collezionare debiti. Accettò quindi di lavorare in una fabbrica Samsung. Nel tempo libero iniziò a scoprire la musica rap su YouTube. Seguiva il popolare show di battle rap sudcoreano chiamato Show Me the Money: “Avevo trovato la mia dimensione”.

Dalla fabbrica al K-Pop

Negli ultimi anni, più di 240 gruppi hanno fatto il loro debutto nel K-Pop e molti sono diventati famosi anche fuori dalla Corea del Sud, come i BTS. Un fenomeno relativamente giovane, considerando che solo nel 2014 i BTS erano pressoché sconosciuti. All’epoca, l’unico artista coreano che il mondo occidentale conosceva era Psy, l’uomo di Gangnam Style, il cui video fu il primo a ottenere un miliardo di visualizzazioni su YouTube. Ora ci sono gruppi K-Pop di tutti i tipi, non coreani, persone Lgbtqia+, gruppi musicali di avatar.

“I nordcoreani devono ancora entrare in modo significativo nel settore”, ha spiegato Hyuk. Attraverso una conoscenza comune, ha conosciuto Michelle Cho, ex rappresentante di SM Entertainment, una delle più potenti agenzie musicali della Corea del Sud, lasciata per fondare Singing Beetle, la sua etichetta indipendente.

Al loro primo incontro, Hyuk presentò a Cho una canzone che aveva scritto. Circa un anno dopo, alla fine dell’estate del 2021, lui lasciò il lavoro nella fabbrica Samsung per dedicarsi alla musica a tempo pieno.

“Alla fine, non c’è una sola persona che non abbia avuto delle difficoltà”, ha detto Yu. “Spero di muovere il mondo con la nostra musica”. Hyuk è stato la prima recluta del gruppo SB Boyz, dal nome dell’etichetta Singing Beetle. Il gruppo, per ora, comprende un altro nordcoreano, Kim Seok, ed Eric Hao, un cinese americano che ha scelto Kenny come nome d’arte. Singing Beetle prevede di aggiungere altri due membri prima del debutto degli SB Boyz il prossimo anno, per questo sono in corso le audizioni.

 

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L’ascesa degli SB Boyz

Centinaia di aziende sudcoreane setacciano scuole e luoghi di aggregazione alla ricerca di pop star promettenti e le audizioni attirano decine di migliaia di candidati ogni anno. Ma solo una piccola parte ottiene i contratti firmati: appena 1.375 persone sono registrate come “tirocinanti cantanti” in Corea del Sud, secondo i dati più recenti della Korea Creative Content Agency. Infine, poche decine di artisti K-pop debuttano poi ogni anno.

I costi di marketing per spingere qualsiasi gruppo K-Pop verso la celebrità globale sono in aumento e potrebbero rappresentare un peso soprattutto per un’azienda emergente come Singing Beetle, ha spiegato al Wall Street Journal Cha Woo-jin, un critico musicale di Seul. Ma gli SB Boyz – sostiene – potrebbero essere percepiti come un’icona di pace e riconciliazione, che potrebbe aiutarli a distinguersi e a catturare i fan.

In una canzone per gli SB Boyz, Hyuk ha scritto un testo in cui si chiede se si potrà mai essere liberi. “Se domani è un’eco”, si legge, “ieri non arriverà mai, lascia andare, quando all’improvviso ti senti spaventato, credi”.

Hyuk ha detto che vuole entrare in contatto con persone che hanno affrontato difficoltà come lui. “Anche i nordcoreani possono avere grandi sogni, spero che anche altre persone emarginate riescano a sognare”.