“Ho provato a fare un film per un pubblico giovane, ma i genitori non hanno portato i figli al cinema per vedere Anna Frank e il diario segreto“, dice con un soffio Ari Folman. E aggiunge, subito dopo: “La gente dimenticherà”.
Il regista e compositore israeliano, nato da una famiglia sopravvissuta all’Olocausto, 60 anni, nel corso della sua carriera ha ottenuto anche una candidatura agli Oscar per il controverso Valzer con Bashir: un documentario d’animazione che racconta il massacro di palestinesi e sciiti libanesi nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila, del 1982, compiuto dall’esercito libanese, con la complicità di quello israeliano. Nota a margine: Valzer con Bashir è un film vietato per legge in Libano, anche se vi circolano molte copie pirata.
L’artista è stato ospite al Cartoons on the Bay di Pescara, dove ha vinto il Pulcinella Award per la categoria dei lungometraggi d’animazione proprio con il suo ultimo progetto, Anna Frank e il diario segreto, uscito nelle sale nel 2021. Nei giorni del festival organizzato dalla Rai, Folman ha rivolto anche i suoi complimenti ad Alice Rohrwacher – durante una tavola rotonda con i giornalisti – affermando che la regista italiana è “una delle migliori voci che abbiamo oggi”. “È brillante, ho visto i suoi film: lei è così differente e unica”.
In quest’intervista con The Hollywood Reporter Roma, Ari Folman parla del suo ultimo film d’animazione, un lavoro su Anna Frank: una scelta particolare, quella di Folman, che ha deciso di ambientare nel mondo contemporaneo e con protagonista Kitty, l’amica immaginaria a cui Anna scriveva nel diario. Ma ha anche parlato di come i registi israeliani sono riusciti a bloccare una legge che avrebbe imposto loro più restrizioni creative, nonché del suo pensiero riguardo al nuovo governo di Benjamin Netanyahu.
Molte persone hanno letto il diario di Anna Frank tante volte. Nel film lei cerca di dire che le persone non hanno capito ciò che hanno letto in quelle pagine?
Vede, ciò che ha ispirato il film è stato suo padre, Otto. Quando uscì dai lager, non sapeva che le figlie erano morte nei campi di Bergen-Belsen. Non sapeva che Anna avesse scritto un diario. Poi lo ha visto e ha deciso di dedicare il resto della sua vita a due obiettivi: il primo era quello di realizzare il sogno della figlia di diventare una famosa scrittrice, e credo che ci sia riuscito. Il secondo era quello di usare l’Olocausto come strumento di memoria per creare compassione nei confronti dei bambini nelle zone di guerra. Ha venduto 70 milioni di copie del diario e tutto il ricavato della vendita è stato devoluto a organizzazioni no-profit che sostengono i bambini nelle zone di guerra. Per questo ho pensato che fosse davvero cruciale e importante portare avanti la sua eredità anche nel film. Non credo ci sia un parallelismo tra la storia di Anna Frank e la crisi dei rifugiati in Europa.
In che senso?
Perché in fondo, se ci si pensa in termini logici, il milione e mezzo di bambini uccisi durante l’Olocausto non hanno avuto la possibilità di diventare rifugiati. Quindi non credo che si possa fare un paragone. Ma il film vuole creare consapevolezza sul fatto che ci sono 20 milioni di bambini ogni anno che devono fuggire dalle loro case per salvarsi: questa è la situazione. Onestamente mi aspettavo più critiche su questo aspetto del film, soprattutto da parte del mondo ebraico. Il film è uscito nelle sale nello stesso periodo dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e abbiamo avuto milioni di europei bianchi che sono diventati rifugiati. Dubito che il governo polacco voglia accettare 300 rifugiati dall’Africa centrale, ma hanno aperto i confini per tre milioni di ucraini. Credo ci sia molta ipocrisia in questo. E questo è uno dei motivi per cui, a causa della guerra in Ucraina e del fatto che c’erano così tanti rifugiati che arrivavano improvvisamente dall’Europa e non dall’Africa, che questo aspetto del film è stato accolto con grande favore. Non ce lo aspettavamo.
Valzer con Bashir e Anna Frank e il diario segreto: sono film sulla memoria. E’ veramente possibile non dimenticare?
La gente dimenticherà. L’ho visto proprio con Anna Frank. Ho provato a fare un film per un pubblico giovane, era importante per me ridurre l’età degli spettatori, trovare ancora una finestra per cui sono i genitori a portare i figli a vedere i film. Ma non li hanno portati, perché pensavano fosse troppo deprimente. Insomma, la verità è che possiamo dimenticare. Temo che i ricordi cominceranno ad essere un punto di vista molto distante, quando i sopravvissuti dai campi non saranno più tra noi. Rimarranno, ma è importante come rimangono da un punto di vista emotivo. Una volta che le emozioni cominciano a scomparire, non ci sarà più molto da fare.
Lei ha firmato un campagna contro la Rabinovitz Foundation Israel Cinema Project, con l’intento di rimuovere la “legge Nakba”. Cosa è successo?
L’hanno rimossa. Si tratta di una clausola nel Rabinovitz fund, che anche io ho firmato anni fa: tutti coloro che ricevevano fondi dovevano firmare che nel film non ci sarebbero stati insulti alla bandiera israeliana, nessun supporto al terrorismo contro il paese e nessuna menzione della clausola in alcun modo. Era una procedura standard, ma da quando è cambiato il governo a gennaio, la percezione di tutto ciò si è modificata. Il ministro della cultura disse che se in un film insulti i soldati dell’IDF (Forze di difesa israeliane, ndr), devi restituire i soldi. Questo era il suo piano. Abbiamo pensato di fermare questa cosa immediatamente e la campagna ha raccolto 140 firme di registi e di addetti ai lavori che affermavano di non voler consegnare alcun progetto al Rabinovich fund fino a che l’intera clausola non veniva rimossa. Abbiamo lottato, e nessuno ha presentato progetti. Alla fine, la clausola è stata cancellata.
Cosa ne pensa dell’attuale governo israeliano?
Si tratta di un evento terribile: abbiamo un governo controllato da razzisti. Non tutti, Benjamin Netanyahu (il premier, ndr) ovviamente non è un razzista, ma è praticamente ostaggio di ministri che sono fondamentalisti religiosi, che non credono nell’uguaglianza tra ebrei e arabi, e che non credono nella democrazia. Questa è la loro agenda, non so poi se lui ci creda o meno, bisognerebbe chiederglielo. Tuttavia, la cosa “buona” di questo governo è che ha unito tutte le forze liberali di Israele portandole in piazza a protestare per fermare alcune delle leggi che volevano portare avanti. All’improvviso la sinistra e i liberali intorpiditi sono scesi in piazza. Per adesso le minacce principali sono state fermate, ma non so se ne arriveranno della altre.
L’estrema destra è un movimento che sta arrivando in molti posti. Persino posti come la Scandinavia, in cui non si poteva immaginare una cosa simile. Ovviamente è tutto collegato al 2015, alla crisi dei rifugiati, alla xenofobia e alla paura creata dalla retorica dei leader di destra.
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