Icona, santino, musa. No, Frida Kahlo era fatta di carne e sangue. E meriterebbe un ritratto fatto di cuore e lacrime. Come i suoi dipinti

Ad aggiungersi alla lista di opere sulla pittrice messicana anche il documentario di Carla Gutierrez che, dopo Sundance, arriva su Prime Video. Un lavoro tutt'altro che raffazzonato, ma che avrebbe dovuto abbandonare la piatta linea cronologica per seguire picchi e capitomboli della vita dell'artista con la sua stessa intensità

Magliette, calzini, borse, penne, tazze, candele, cuscini, porta pranzo, spille, ciabatte. La lista potrebbe proseguire per qualche riga ancora. Sono solo alcuni degli oggetti sui quali il volto di Frida Kahlo è stato stampato nel corso degli anni diventando lei stessa, prima ancora delle sue opere, (s)oggetto riprodotto in serie. Qualcuno potrebbe osservare che la totalità della sua carriera pittorica sia stata fondata sull’autoritratto, ma per un’artista che – per sua stessa ammissione – ha dipinto molto meno di quello che avrebbe potuto, perché spinta dalla volontà di creare solo quando lo sentiva necessario, la sua trasformazione in prodotto puramente commerciale è beffardamente ironica.

La fridamania, che l’ha trasformata in un’icona pop (molto) remunerativa è iniziata già all’indomani della sua morte – avvenuta nel 1954 quando la pittrice messicana non aveva ancora compiuto cinquant’anni – per poi allargarsi globalmente al punto da ispirare stilisti, musicisti, scrittori e artisti che nella sua storia e nella sua arte hanno trovato suggestioni apparentemente inesauribili. Ora, dopo il passaggio al Sundance dove ha vinto il U.S. Documentary Jonathan Oppenheim Editing Award, arriva su Prime Video Frida, documentario diretto da Carla Gutierrez , al suo debutto dietro la macchina da presa dopo anni passati in sala di montaggio.

Frida Kahlo in una scena di Frida, il documentario di Carla Gutierrez

Frida Kahlo in una scena di Frida, il documentario di Carla Gutierrez

Frida, dai contorni inafferrabili

Un lavoro che mette al centro la voce e le parole di Frida Kahlo grazie alla scelta narrativa di utilizzare i diari della pittrice per raccontare i passaggi più significativi della sua vita. Dall’infanzia in cui manifesta già i primi tratti caratteristici della sua personalità – “Ma la vergine Maria, è veramente vergine? – al terribile incidente del 1925 che segnerà il resto della sua esistenza – nel bene e nel male -, dalla sua relazione (che oggi definiremmo tossica) con Diego Rivera agli aborti spontanei passando per la libertà sessuale, le idee politiche, l’accostamento (rifiutato) con il Surrealismo.

Tutte tappe che per chi ha familiarità con la figura di Frida Khalo non sono inedite e che il lavoro di Gutierrez non approfondisce. È quasi ironico che la quantità di opere dedicate alla pittrice non riescano davvero mai a catturarne i contorni. L’unica che si è avvicinata alla sua essenza è stata Julie Taymor – la stessa a cui va il merito di aver saputo raccontare la grandezza dei Beatles, senza parlare dei Beatles, in Across the Universe – con Frida, film del 2002 con protagonista Salma Hayek.

Frida Kahlo in una scena di Frida, il documentario di Carla Gutierrez

Frida Kahlo in una scena di Frida, il documentario di Carla Gutierrez

Imparare a guardare da una prospettiva diversa

Gutierrez, nonostante il suo lavoro di montatrice, non riesce a regalare al documentario il ritmo che un’esistenza fatta di continui picchi e capitomboli – emotivi, esistenziali, professionali – come quelli vissuti da Frida Kahlo naturalmente evoca. Ma anche chi si dovesse imbattere per la prima volta nella sua storia si ritroverebbe faccia a faccia con un’opera difficilmente capace di suscitare emozioni forti come quelle dell’arte della sua protagonista. Frida non è un lavoro raffazzonato o impreciso, tutt’altro. Semplicemente fatica a trovare quel cuore emotivo che era il fulcro dell’opera di Khalo.

La vera intuizione del documentario diretto da Carla Gutierrez è l’aver scelto di utilizzare elementi multimediali per far prendere vita ai dipinti della pittrice e rendere visivamente più dinamico il racconto in cui si alternano filmati e fotografie private. Ma rimane il retrogusto dell’occasione sprecata. Forse, così saturi di un’immagine diventata icona e, in certi casi, addirittura santino, dovremmo allontanarci per osservarla da una nuova prospettiva. Provare a catturarne aspetti inediti, scoprirne dettagli minuscoli capaci di raccontare nuove storie e abbandonare la piatta linea cronologica della biografia. Frida Kahlo era fatta di carne e sangue. E meriterebbe un ritratto fatto di cuore e lacrime. Come i suoi dipinti.