Wonka: un mondo di “pura immaginazione”, con un Timothée Chalamet al massimo del suo fascino dolce, bizzarro e luciferino

In un'atmosfera scherzosamente dickensiana, ribaltata dai personaggi che la popolano, nel film di Paul King l'eccentrico cioccolataio di Roald Dahl diventa mago e incantatore. E ha tutte le carte in regola per conquistare il botteghino natalizio

“Come with me and you will be in a world of pure imagination”, cantava Gene Wilder nel 1971 e canta cinquantadue anni dopo Timothée Chalamet alla fine di Wonka, lasciando alla fantasia del pubblico la ricostruzione di quella che sarà la vita del cioccolataio dalla sua prima fabbrica in poi.

Il mondo di pura immaginazione questa volta è una creazione del regista Paul King che porta il suo stile riconoscibile, di tenera favola dentro il reale, già vista in Paddington, anche nella cupa storia originale di Willy Wonka, quella di un uomo solo, a metà tra un cappellaio matto e sadico e l’ingenua Alice nel paese delle meraviglie.

Timothée Chalamet, il Wonka moderno

L’intuizione di King, che si rivela vincente, non è soltanto quella di reinventare il personaggio in un prequel originale, in cui ha la libertà di modellarlo e dargli nuova forma, ma di farlo soprattutto attraverso Timothée Chalamet, la star dal volto angelico e dallo sguardo luciferino che, sotto la sua dolcezza nasconde sempre qualcosa di inaspettato, inusuale e “strambo”.

Può essere un gesto, un movimento improvviso del corpo – che diventa un passo di danza – o ancora una rapida occhiata direttamente in camera: Chalamet ha il potere di insinuarsi sotto la pelle e trasmettere la sensazione che in lui ci sia sempre qualcosa fuori posto, qualcosa che prima o poi esploderà nel personaggio anche in una versione di Willy Wonka, come questa, alleggerita per famiglie e bambini e giusto in tempo per il botteghino natalizio.

La riscoperta di un classico: il film musicale

Erede metaforico, per la generazione Z, dello status di “divo” di Leonardo DiCaprio a Hollywood, Timothée Chalamet con Wonka per la prima volta si scosta dal modello del suo (dichiarato) mentore arrivando dove lui, forse, non si cimenterà mai: il musical.

Come Mel Stuart nel 1971 e Tim Burton nel 2005, infatti, Paul King ripropone la struttura del film musicale, con una colonna sonora originale attraverso cui i personaggi esprimono emozioni e pensieri. C’è piena consapevolezza, in ogni esibizione, della potenza estetica, e non solo, di questo genere nella Hollywood classica e al tempo stesso c’è rielaborazione e modernità.

Le scenografie di Nathan Crowley e i costumi Lindy Hemming danno al film un’atmosfera quasi dickensiana, ribaltata immediatamente dai personaggi che la popolano, eccentrici e fuori dagli schemi quanto il cioccolataio Willy Wonka.

Olivia Colman, in particolare, nel ruolo della perfida Mrs Scrubitt, dà al film quel senso di allarme e di pericolo che nella versione di Wonka di Paul King è l’unica cosa che manca davvero rispetto allo stile di Roald Dahl. E se si vuole perdonare a King una certa semplicità della trama e un uso fin troppo macchiettistico di un altrimenti grande attore comico come Keegan-Michael Key (il capo della polizia), il suo Wonka è forse il modo migliore per concludere l’anno al cinema.