Modesta proposta per una rilettura critica di Woody Allen (e anche, cosa che non guasterebbe, per una nuova visione a tappeto di tutti i suoi film). Assioma da cui partire: Woody Allen non è un comico, bensì un giallista. Uno scrittore di noir. Un Raymond Chandler ebreo. Un Georges Simenon newyorkese.
L’ipotesi non è peregrina. Del resto il suo esordio nella regia, Prendi i soldi e scappa, narrava la vita tragicomica di un malvivente. Radio Days inizia con un furto in un appartamento. Altri film in cui la malavita è presente in maniera forte sono Broadway Danny Rose, Pallottole su Broadway (con il meraviglioso personaggio del gangster-drammaturgo), Accordi e disaccordi, Criminali da strapazzo, Sogni e delitti.
Crimini e misfatti è il titolo di quello che molti (compreso chi scrive) considerano il suo capolavoro, forse assieme a Zelig. Né mancano gli omicidi, nei suoi film. In Misterioso omicidio a Manhattan, in Match Point e ora in questo nuovo Colpo di fortuna, passato a Venezia fuori concorso.
Se doveste individuare un tema portante nel cinema di Woody Allen, è probabile che scegliereste in prima battuta: la psicoanalisi, il sesso, l’identità ebraica, il matrimonio, il tradimento, la letteratura russa, il baseball, New York. Ma pensateci un attimo: non pensate che l’omicidio, o in senso più ampio il labile confine tra onestà e colpa, sia un tema che incrocia quasi tutti gli altri appena citati? Matrimonio-tradimento-omicidio: non vi sembra un percorso tematico perfetto, per altro antico quanto il mondo?
Un’altra costante è che nel mondo alleniano gli assassini, e in generali coloro che commettono crimini (o misfatti), non sono malviventi tradizionali. Spesso sono uomini facoltosi che scelgono il delitto come il metodo più veloce per raggiungere i propri scopi. E la legge non può farci molto. Per lo più è il caso a decidere se la fanno franca, o no. Come la famosa pallina che colpisce la rete a tennis, rimane per un attimo in aria, e solo il caso deciderà da quale parte del campo finirà per cadere.
Colpo di fortuna comincia come una storia di corna. Jean e Fanny sono sposati, e si amano. Sono ricchi, giovani (più lei di lui), vivono in una Parigi da sogno. Lei lavora in una grande società che organizza aste. Lui… oddio, lui non si capisce bene che lavoro faccia. Non lo sa di preciso nemmeno Fanny. Quando glielo chiede, Jean risponde: “Vengono da me persone ricche, e io le aiuto a diventare più ricche”. Ma è tutto legale, chiede lei? E lui, ridendo: “Più o meno”. Ok, qualche m magheggio in borsa, qualche speculazione, non è un vero reato, no? Però un giorno Fanny incontra Alain, suo vecchio compagno in un liceo francese a New York che ora fa lo scrittore bohèmien.
È lui a riconoscerla per strada. La invita a pranzo, le confessa di amarla da sempre. E lei ci casca. Nasce un amore adulterino ma bello, tenero, da farfalle nello stomaco. Fanny è divisa, rispetta Jean, vorrebbe confessare. Ma lui, assai più furbo e manipolatore di lei, ha subodorato. Ha assunto un detective, ha scoperto tutto. E decide che Alain deve sparire. Ma proprio sparire, senza lasciare nemmeno una traccia…
Sarà la geniale mamma di Fanny a capire tutto. Ed è chiaro il perché. È un’appassionata di Simenon. È più furba di Maigret e Poirot messi assieme. E così Colpo di fortuna, partito come una commedia lieve sul tradimento, diventa una fosca storia di ricchi borghesi omicidi. Esattamente come Match Point, al quale molto somiglia. Nemmeno una parola sul finale, folgorante. Tutte le parole del mondo, invece, per dirvi di non perderlo (esce in Italia il 6 dicembre). E poi rivedetevi tutti i film di Allen, come se steste rileggendo l’intero canone di Maigret. Siamo in quella zona dell’animo umano. A 88 anni, Woody è sempre divertente, ma ha capito definitivamente come va il mondo.
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