Il primo pensiero sono sempre stati i lettori. Il popolo di migliaia di fan, per lo più adolescenti, Gen Z e soprattutto Gen Alpha (nati dopo il 2010), del romanzo Fabbricante di lacrime, tra video TikTok che superano il milione di visualizzazioni e frasi tatuate sul corpo. Queste persone sono state un imperativo per chi ha scritto il film, su Netflix dal 4 aprile, tratto dal libro di Erin Doom, il più venduto in Italia nel 2022 con mezzo milione di copie. Sceneggiatrice, insieme al regista Alessandro Genovesi, è stata Eleonora Fiorini. “Il film lo abbiamo scritto pensando a loro, non volevamo deludere una fanbase così grande e fedele”.
La scelta quindi di essere devoti anche loro alle parole del libro è stata quasi obbligata nella scrittura dell’adattamento cinematografico. “Sappiamo che alcuni dialoghi possono sembrare ridondanti ma abbiamo conservato di proposito la letterarietà del romanzo”, spiega, “Come avremmo spiegato a dei giovani che si sono tatuati addosso quelle frasi che noi le avevamo cambiate?”.
Eleonora Fiorini ha una lunga esperienza nella sceneggiatura, per la maggior parte di soap, c’è lei, per esempio, dietro a Un posto al sole e CentoVetrine, due capofila del genere. “Di sicuro da Fabbricante di lacrime sarebbe venuta fuori una bella serie, con più di seicento pagine di romanzo e i filoni narrativi aperti al suo interno”. Ma capire che cosa tagliare è la vera sfida della sceneggiatura, spiega lei, soprattutto quando si adattano i romanzi. “È stato difficile restituire la fluidità della storia, soprattutto nella prima parte, ma poi il film ha preso la sua strada”.
Scrivere per la generazione Alpha
I protagonisti del romanzo, Nica e Rigel, cresciuti insieme in un orfanotrofio e poi adottati dalla stessa famiglia, hanno conquistato i giovani lettori perché racchiudono in sé le fragilità e i lati oscuri in cui adolescenti e pre-adolescenti possono riconoscersi. “Il trauma che questi due ragazzi hanno vissuto è stata la chiave per entrare nell’universo del romanzo, è stato interessante raccontare il loro dolore e la loro sofferenza”, dice Fiorini.
In un’età delicata in cui il senso d’inquietudine pervade, i due personaggi, soprattutto attraverso le parole che si rivolgono, fanno emergere tutto il disagio di sentirsi sempre fuori posto. “Ecco perché il loro amore poi conforta. Alla fine, oltre che un romanzo d’amore è un romanzo e un film di formazione”, spiega. “Si tratta di trasmettere che quel disagio, quella paura, si supera. Come si supera il sentirsi ‘brutti’, inadeguati o ‘rotti’, come dicono gli stessi personaggi esprimendo tutto il loro turbamento”.
Un messaggio che secondo la sceneggiatrice attraversa anche le storie secondarie di Fabbricante di lacrime, come per esempio quella tra Billie e Miky, le due amiche di Nica. “Lei non si è ancora dichiarata alla sua amica perché ha paura di perderla. Che cosa significa questo se non sentirsi inadeguati nei confronti del prossimo? Se non avere quella paura tipica della fase dell’adolescenza? Anche se la loro relazione non viene approfondita sono orgogliosa di averla inserita”.
Esorcizzare il male
Questo sottotesto che Fiorini ha notato nel romanzo l’ha voluto sviluppare meglio alla fine del film, slacciandosi un po’ dalle parole già scritte dall’autrice. “Nel finale finalmente Nica riesce ad affrontare il personaggio negativo, la ‘strega cattiva’, qui incarnata dalla tutrice dell’orfanotrofio. Nica trova la forza per rispondere al male, che in questa storia sono tutte le violenze fisiche e psicologiche che ha dovuto subire nell’istituto”. Questo significa, chiarisce la sceneggiatrice, che al male si può rispondere.
I traumi vissuti spiegano inoltre un altro comportamento, quello del secondo protagonista, Rigel, l’unico bambino che non veniva punito dalla tutrice. “Il più grande danno psicologico l’ha subito proprio lui perché sentendosi unico e amato dal male non riesce a credere di poter essere amato dal bene”.
Per Fiorini, anche se molti hanno già paragonato la storia alla saga Twilight, solo qui c’è u punto di contatto. “In questo senso Rigel è il vampiro, cioè è il personaggio che pensa di essere il male e non riesce ad amare, ma in Fabbricante di lacrime la storia non è fantasy”.
Sceneggiatura e soap opera
Fiorini ha spaziato tra diversi generi e sperimentato diverse forme di narrazione, tra cui fiction, film, serie tv e soap opera. “Le soap opera sono sottovalutate ma è un errore, piacciono proprio perché sono dense di emozioni primarie, fanno leva su archetipi in cui tutti si possono identificare”.
Quando si parla del ruolo delle donne nel mondo dell’audiovisivo italiano, pur riconoscendo che in Italia, come in molti altri contesti, le donne sono meo rappresentate degli uomini, Fiorini afferma di non aver vissuto frustrazioni significative per questo motivo. “Io ho fatto tanta tanta soap e devo dire che sono sempre stati ambienti collaborativi. Come donne dobbiamo ancora affrontare molte sfide”. La sceneggiatrice ci tiene a sottolineare però che oggi finalmente ci sono delle sceneggiatrici molto importanti, come per esempio Cristiana Farina di (Mare Fuori) e Francesca Comencini. “Di certo se sei una donna devi faticare molto di più di un uomo”.
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