“Non ho mai amato molto raccontare il dietro le quinte. Quello che deve rimanere del cinema, della televisione, dello spettacolo, è il mistero di quello che si crea”. Parola di Massimo Ghini, tra i protagonisti di Gloria, serie diretta da Fausto Brizzi dal 19 febbraio in prima serata su Rai Uno. La storia di un ex stella del piccolo schermo con il volto di Sabrina Ferilli che, dopo anni al centro dell’attenzione mediatica si ritrova scalzata nel favore di pubblico e registi che preferiscono vedere e lavorare con attrici più giovani.
“Perché altrimenti è come svelare i trucchi. Vivi nella favola, nella storia che ti stiamo raccontando” gli fa eco Sergio Assisi che in Gloria è Alex, l’ex marito della protagonista.
Gloria, tra intrattenimento e il desiderio di andare al cinema
Una serie, scritta da Brizzi insieme a Paola Mammini, Roberto Proia e tratta dalla sceneggiatura originale, Vorrei vedere te, firmata da quest’ultimo che si prende gioco del mondo dello spettacolo. “Siamo gli unici che ancora fanno il Grande Fratello, guardiamo sempre attraverso il buco della serratura” continua Ghini che nella serie veste i panni del manager del personaggio di Ferilli. “C’è stato Boris, esaltato a livelli grandissimi e che raccontava la stessa cosa, anche se un po’ più spinta dal punto di vista della commedia. Nel nostro caso c’è un racconto che è molto divertente e anche molto umano. Vuole essere intrattenimento, non un documentario”.
Uno dei punti che affronta la serie è anche l’ossessione per i follower, la fama, i like. “Devi vivere il tempo in cui vivi. In qualche modo non devi esserne schiavo, ma ti devi adattare. Prendere, cioè, il meglio di quello che è il momento. Però sì, certe volte è un po’ un’aberrazione” commenta Assisi parlando di come quest’ossessione abbia finito per contaminare anche l’industria audiovisiva.
“Da persona di cinema dico che, spesso e volentieri, è successo che con persone verso le quali nutro stima e rispetto si è pensato di poterle trasformare in attori o attrici cinematografiche” riflette Ghini. “E ti accorgi a quel punto che il risultato non c’è, non perché non c’è la qualità, ma perché la gente li vede ogni giorno e ogni momento sui telefoni. Sono personaggi, non attori. È diverso. Non hai più il desiderio di andare al cinema.
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