I delinquenti, parla il regista Rodrigo Moreno: “Oggi la vita in Argentina è contaminata da espressioni fasciste”

"Nel presente del mio Paese, da un giorno all’altro, tutte le politiche pubbliche sul cinema vengono totalmente cancellate o bloccate", racconta il cineasta. Che sul suo lavoro afferma: "La mia missione come regista è rendere il mondo e l’immagine migliori. Tutto gira intorno a questa preoccupazione". In sala dall'11 aprile, su Mubi dal 24 maggio. L'intervista di THR Roma

“Sto preparando la lezione. A dire il vero oggi ho la prima”. Rodrigo Moreno, tra una domanda e l’altra di THR Roma, guarda lo schermo sulla sua destra per controllare gli ultimi dettagli prima di presentarsi agli studenti dell’Universidad del Cine di Buenos Aires dove insegna regia cinematografica. Il suo ultimo film, I delinquenti, dopo il passaggio in anteprima mondiale nella sezione Un Certain Regard di Cannes 76, arriva in sala dall’11 aprile in collaborazione tra Mubi e Lucky Red prima di approdare in esclusiva digitale sulla piattaforma il 24 maggio.

Interpretato da Daniel Elías, Esteban Bigliardi, Margarita Molfino e Germán De Silva, il film racconta di un impiegato di banca di Buenos, Aires Morán (Eliás), che sogna un piano per liberarsi dalla monotonia aziendale: rubare abbastanza denaro per mantenersi con una modesta pensione, confessare e scontare la pena in prigione mentre il suo collega Román (Bigliardi) tiene da parte i soldi. Ma, sotto la pressione di un investigatore dell’azienda, l’uomo decidere di nascondere il bottino in una località remota. Lì incontra una donna misteriosa che trasformerà la sua vita per sempre.

Tre ore di durata che trasportano protagonisti e spettatori in un viaggio che intreccia generi e toni andando in luoghi inimmaginabili. Una pellicola capace di conquistare pubblico e critica in modo unanime puntando i riflettori sul cinema argentino. “Ma non so cosa succederà domani, perché non c’è la possibilità di finanziare film”, racconta il regista.

Una scena de I delinquenti di Rodrigo Moreno

Una scena de I delinquenti di Rodrigo Moreno

È consapevole di aver realizzato la rapina meno sensazionale della storia del cinema?

Una delle prime cose che mi è venuta in mente quando ho iniziato a scrivere questa sceneggiatura e ho iniziato a pensare al film – perché da regista quando scrivo penso sempre alla messa in scena e alla produzione, è qualcosa di profondamente connesso – era proprio la rapina così com’è. Dove la costruzione della scena non dipendeva da nessun’altra cosa esterna, ma dal fatto di prendere i soldi e metterli in uno zaino. Volevo fare un film basato su questo tipo di azione molto semplice, ma ricca di conseguenze. Perché è quel gesto a far partire la pellicola.

Il protagonista decide di compiere una rapina non perché vuole diventare ricco, ma per vivere una vita lontana dai meccanismi del lavoro, Qualcosa che ci riguarda tutti.

Tutti hanno un lavoro. E non importa se lo ami o meno. La storia parla di qualcuno stufo di una routine quotidiana che prova a trovare un uso diverso del tempo. Perché il film, ovviamente, parla di libertà. L’ultimo brano che si sente si riferisce proprio a questo, con l’immagine del protagonista che cavalca un cavallo in mezzo alla campagna. Dietro questo, che è il motore del mio lavoro, non c’è la libertà in quanto tale ma l’uso del tempo in termini di esistenzialismo. Perché puoi costruire una storia esistenzialista senza essere pretenzioso e solenne. Puoi essere un esistenzialista che ha a che fare con la gioia di vivere. Cosa c’è dietro la storia della libertà? Come utilizziamo il nostro tempo? Queste sono le domande. In termini di produttività e improduttività, lavoro e tempo libero. È la tensione con cui il film ha sempre a che fare.

Una scena del film di Rodrigo Moreno

Una scena del film di Rodrigo Moreno

La rapina permette ai due personaggi e agli spettatori di andare altrove, di seguire percorsi inimmaginabili. Una scelta diversa rispetto a molti altri film. I delinquenti è la sua risposta all’appiattimento del cinema?

Stiamo vivendo un momento molto brutto nel mondo. Qui in Argentina viviamo nel mezzo dell’inferno con persone orribili che prendendo decisioni importanti che incidono continuamente sulla nostra vita quotidiana. E penso che questa caratteristica sia cresciuta dopo la pandemia. Abbiamo trovato un mondo peggiore. Tra le cose terribili che accadono oggigiorno c’è la questione audiovisiva. Penso che l’immagine sia orribile. La mia missione come regista è rendere il mondo un posto migliore e rendere l’immagine un’espressione migliore. Tutto il mio lavoro gira intorno a questa preoccupazione. Il modo in cui costruisci una narrazione ha a che fare con questo problema.

Tutto troppo simile?

Ogni volta che accendi il computer, guardi il telefono, una piattaforma o vai al cinema, è sempre la stessa cosa. È una ripetizione continua di immagini e suoni. Quando vedi una serie, sembra un film. Quando vedi un film, sembra l’episodio di una serie. E l’impatto maggiore si ha sul linguaggio cinematografico, che è in estinzione. Manca il valore di un’inquadratura, della messa in scena, dell’espressione reale di un volto. Ed è per questo che il film è pieno di alcuni spunti che permettono di riconnettersi al passato, a certi cineasti e tradizioni moderne del cinema italiano, francese o statunitense.

Questo si lega anche alla durata di tre ore del film?

Sì, la forma filmica de I delinquenti e il suo contenuto sono strettamente collegati al nucleo principale del film, che è il tempo. Se devo parlarne e filmarlo, avrò bisogno di tempo. Altrimenti sarebbe una contraddizione.

Insegna regia cinematografica all’Universidad del Cine di Buenos Aires. Qual è la lezione che cerca di trasmettere ai suoi studenti?

La domanda si basa sul presupposto che qualsiasi film abbia uno scopo pedagogico. Non è il mio caso. Non penso in modo pedagogico quando faccio un film. Ovviamente se lo faccio preferisco tenerlo nelle mie lezioni, non sullo schermo, che manifesta il mio modo di pensare il cinema.

Una scena de I delinquenti di Rodrigo Moreno

Una scena de I delinquenti di Rodrigo Moreno

Come descriverebbe il cinema argentino contemporaneo?

Adesso tutti sono di nuovo innamorati del cinema argentino. Ovviamente ne sono felice perché fa comodo anche a me e al mio futuro. Ma nel presente del mio Paese, da un giorno all’altro, tutte le politiche pubbliche sul cinema vengono totalmente cancellate o bloccate. Non solo quelle, a dire il vero. In questi giorni uno dei principali deputati del partito al potere ha detto che lo Stato non deve offrire l’istruzione al popolo, perché dipende dalle decisioni individuali. La nostra vita quotidiana in Argentina è contaminata continuamente da questo tipo di espressioni. Totalmente fasciste. E piene di ignoranza.

Crede avranno una conseguenza sulla vostra industria cinematografica?

Finora stiamo vivendo un buon momento per il cinema. Ma non so cosa succederà domani, perché non c’è la possibilità di finanziare un film. Devi procurarti i soldi all’estero. E non tutte le persone possono farlo. Forse io ho delle buone possibilità perché I delinquenti ha avuto successo in ogni parte del mondo in cui è uscito. Ma non sono sicuro di poter finanziare un film come voglio senza soldi locali. Quando fai una coproduzione significa soldi da tutti i paesi coinvolti. Cosa può offrire l’Argentina?

Indipendentemente da questa situazione, però, ci sono registi molto bravi che fanno film sperimentali, indipendenti o commerciali. Borges, a proposito del boom della letteratura latinoamericana negli anni Sessanta, diceva che aveva a che fare con la semplice rotazione del pianeta. E quindi a volte è il cinema rumeno, altre iraniano, messicano, cileno o coreano. Ma spero che le persone all’estero possano abbracciare il nostro cinema. Penso che Santiago Mitre con Argentina, 1985 o I delinquenti siano solo la punta dell’iceberg.