The Breakfast Club, il circolo di cui tutti vorrebbero far parte. Ma ha solo cinque posti, occupati per l’eternità

La mattina di sabato 24 marzo 1984 il liceo statale di Shermer, illinois, dovrebbe essere chiuso. Ma non quel giorno, almeno non per una manciata di studenti e un vice-preside. È l'inizio del cult firmato da John Hughes e il nucleo fondante del Brat Pack

La mattina di sabato 24 marzo 1984 il liceo statale di Shermer, illinois, dovrebbe essere chiuso. Ma non quel giorno, almeno non per cinque studenti e un vice-preside. Brian, Allison, Claire, Andrew e John, cinque studenti diversamente complicati dovranno infatti passare la giornata reclusi nella biblioteca della scuola con un compito assegnato: scrivere un tema di 2000 parole dal titolo Chi penso di essere. Non è una domanda facile a cui rispondere quando si è degli adolescenti, ma ci riusciranno, insieme, alla fine di una giornata che, forse, cambierà per sempre le loro vite. O forse no, forse negli anni sarà solo un bel ricordo, sepolto nelle molte difficoltà della vita. Perché, inevitabilmente, quando cresci il tuo cuore muore, come saggiamente ricorda l’oscura Allison nella scena di psicanalisi collettiva del Breakfast Club, un circolo esclusivo composto da cinque membri che non cambiano da quel 24 marzo e di cui tutti vorremmo fare parte.

John Hughes e la quadrilogia dell’adolescenza

Ma no, “John Hughes did not direct my life” dice una saggia Olive Penderghast in Easy Girl, ricordando la meravigliosa, irripetibile stagione del cinema teen degli anni Ottanta di cui John, mai abbastanza pianto da quando se n’è andato il 6 agosto del 2009, è stato il cantore irripetibile. Sixteen Candles, The Breakfast Club, Bella in rosa, Una pazza giornata di vacanza, la quadrilogia dell’adolescenza, a cui si dovrebbe aggiungere come bonus track il poco celebrato, ma comunque bellissimo, Un meraviglioso batticuore, sono film che hanno formato una generazione, da entrambe le parti dell’Oceano Atlantico.

Ognuno ha qualcosa di speciale, a partire da Sixteen Candles, noto in Italia con il titolo Un compleanno da ricordare, film che lanciò la stellina Molly Ringwald, in realtà negli Stati Uniti già piuttosto famosa in quanto protagonista della serie L’albero delle mele. Samantha sta per compiere sedici anni, ma il suo compleanno è offuscato dal matrimonio della sorella, mentre lei ha invece il cuore, e non solo quello in subbuglio, per il primo batticuore per un fichissimo ragazzo più grande. Ma quelle che per tutti fino a quel momento erano sciocchezze da ragazzini, Hughes le sapeva trattare delineando perfettamente il dolore che si sente a quell’età, quando il mondo sembra crollarti addosso a ogni passo, perché nessuno ti capisce, a partire dai tuoi genitori, e anche quelli che ti stanno intorno sono degli strani personaggi di cui non sai se ti puoi fidare, perché la gente è cattiva e fa cose orribili.

The Breakfast Club e gli insegnamenti di Hughes

Come le colpe di cui si sono macchiati questi cinque ragazzi costretti a passare il sabato insieme, un concentrato di rabbia, testosterone, sensualità, depressione e dubbi. La diffidenza lascia spazio all’aggressività, alla rabbia, alla condivisione delle loro paure, miserie, confessioni più intime, fino a quella scena, in cui si forma il Breakfast Club. Un piccolo gioiello di scrittura, come d’altronde la maggior parte delle cose realizzate da Hughes.

Nel bel Steve! (Martin), un documentario in due parti dal 29 marzo su Apple TV+, il protagonista – uno dei più grandi comici degli ultimi cinquant’anni – si commuove fino alle lacrime rileggendo il magnifico monologo di John Candy nel finale di Un biglietto in due. Questo era John Hughes, un uomo dalla sensibilità innata e un rivoluzionario, che negli anni Ottanta ha cercato a modo suo di sovvertire l’ordine costituito dell’America reaganiana e yuppista formando un manipolo di giovani destinati, forse a cambiare il mondo.

E ci è riuscito, perché chi era adolescente nel 1984, anno in cui uscì Sixteen Candles, ha guardato alla vita in un modo completamente differente. Hughes ci ha insegnato da giovani a rispettare le donne e le donne a farsi rispettare, non esiste disparità di genere nei suoi racconti, e anche se Claire, la principessina del gruppo, non vede l’ora di farsi mettere le mani addosso dal ribelle John, in realtà non sta facendo altro che rivendicare il suo diritto alla seduzione e al corteggiamento, a cui va aggiunta l’eccitazione profonda di fare qualcosa per cui la sua famiglia perfetta la manderebbe in convento.

Allison, la ragazzina sperduta che nascosta in un gigantesco eskimo emette buffi suoni, è in realtà un’esistenzialista beatnik fuori tempo massimo che è arrivata a toccare la materia oscura ed è riuscita a tornare indietro per raccontarlo. Lo sportivo Andrew, campione di lotta punito per avere fatto uno scherzo crudele indegno persino del peggiore dei bulli, è solo un ragazzino smarrito in cerca dell’approvazione del padre, che naturalmente non arriverà mai. E che dire dell’intelligente Brian, punito per avere portato una pistola lanciarazzi a scuola. Ci si voleva uccidere, ma magari prima si sarebbe portato qualcuno con sé, magari proprio quel bullo di Andrew, chi lo sa.

Cinque ragazzi: il nucleo fondante del Brat Pack

Hughes li ha messi insieme, probabilmente solo per quel 24 marzo 1984, perché è molto probabile che questi cinque ragazzi tutti insieme non si siano mai rivisti. Claire non saluta Allison nei corridoi della scuola, Andrew avrà continuato a fare il cretino con i suoi amici della squadra di wrestling, probabilmente chiedendo scusa a Brian nell’orecchio ogni volta che lo ha preso per il collo di fronte a quei trogloditi per dimostrare la sua virilità. John sarà stato espulso, arrestato per droga, o magari è diventato il frontman di una rock band che ha raggiunto il successo con una hit immortale intitolata Don’t You (Forget About Me). E no, ragazzi e ragazze del Breakfast Club, noi non vi abbiamo mai dimenticati.

Non vi dimenticheremo mai. Senza di voi chissà cosa sarebbe questa generazione di comunque disperati cinquantenni che ha visto passare guerre in un tempo spacciato per pace, crollare torri e piangere amici dilaniati in caffè e sale da concerto, confortato persone rovinate da crisi economiche provocate da persone diventate ancora più ricche sulla pelle di famiglie che hanno perso tutto, prima di tutto la dignità.

Ma loro, quei cinque ragazzi, il nucleo fondante del Brat Pack, come sarebbe poi stato chiamato il gruppo di attori formatosi attorno al cinema di Hughes, e di cui faceva parte anche un certo Robert Downey Jr., quel 24 marzo, hanno cambiato un po’ il mondo. Non il loro a dire il vero. Molly Ringwald dopo l’era Hughes si è persa, e negli anni ha anche un po’ rinnegato quei personaggi che le erano stati cuciti addosso. Judd Nelson era un talento formidabile, al pari e forse anche superiore a Downey Jr., ma come il suo John prese una brutta china da cui non è mai tornato indietro.

Anthony Michael Hall, da giovane prodigio che era, non è mai riuscito a fare il salto, salvo oggi essere uno stimato caratterista (in quanti anni fa lo hanno riconosciuto guardia del corpo di Steve Carrel nel magnifico Foxcatcher). Ally Sheedy in quegli anni Ottanta fu protagonista di altri due successi clamorosi, War Games (al fianco di Matthew “Ferris Bueller” Broderick) e Corto Circuito. Ma finito il decennio magico, poco e niente. A partire dagli anni Novanta le star diventarono quelle nate nel piccolo schermo, da Beverly Hills a Dawson’s Creek, e i giovani miti del grande schermo hanno assunto una dimensione dopo l’avvento di Leonardo DiCaprio. Oggi i giovani Timothée Chalamet, Zendaya, Austin Butler, Tom Holland, sono fenomeni costruiti dai publicist e dagli uffici marketing, talenti eccezionali, ma che non potrebbero mai far parte del Breakfast Club.

Soprattutto perché non avrebbero qualcuno di scrivere loro una lettere bella come questa.

“Dear Mr. Vernon,
we accept the fact that we had to sacrifice a whole saturday in detention for whatever it is we did wrong, but we think you’re crazy for making us write an essay telling you who we think we are.
You see us as you want to see us, in the simplest terms, in the most convenient definitions. But what we found out, is that each one of us is a brain,
and an athlete,
and a basketcase,
a princess,
and a criminal.

Does that answer your question?

Sincerely yours,

The Breakfast Club.”