L’appello della filiera cinema al governo su quote e diritti, in vista della riforma del Tusma: “Si deve tutelare il settore”

"Quando parliamo di modifiche al Testo unico sui servizi media audiovisivi non stiamo parlando di soldi pubblici, bensì degli obblighi di investimento, come da direttiva Ue, da parte dei grandi gruppi media italiani e stranieri a favore della produzione nazionale". Oggi il Cdm

Di THR ROMA

I produttori, i registi, gli sceneggiatori, tutti gli autori, gli interpreti, i direttori della fotografia, i montatori, gli scenografi, i costumisti, i macchinisti, gli elettricisti e tutte le maestranze dell’industria cineaudiovisiva italiana “chiedono al governo, che si riunisce oggi alle ore 16.30 in consiglio dei ministri per l’approvazione della riforma del Tusma, che vengano tutelati il cinema, l’animazione e il documentario indipendente italiano, specialmente in un trend di maggiori ricavi degli streamers e delle televisioni”.

“Quando parliamo di riforma del Tusma (Testo unico sui servizi media audiovisivi) non stiamo parlando di soldi pubblici, bensì degli obblighi di investimento, come da direttiva Ue, da parte dei grandi gruppi media italiani e stranieri a favore della produzione nazionale”, sottolineano in una nota congiunta 100Autori, Agici, Anac, Cartoon Italia, Cna – Cinema e audiovisivo, Doc/It, Unione Produttori Anica, Unita, Wgi, Aic Air3, Asifa, Asc, Confartigianato Cinema e Audiovisivo, Fidac, Pmi Cinema indipendente, ma la lista si va allungando.

Le richieste del settore

Nel dettaglio chiedono “la quota di investimento cinema per le televisioni lineari deve rimanere al 3,5%, con la sotto-quota del 75% in opere cinematografiche recenti, ovvero prodotte negli ultimi 5 anni, come peraltro previsto nello schema iniziale proposto dal governo. La quota di investimento cinema per gli streamer deve essere alzata dall’attuale 2% al 5%, in linea con le televisioni lineari, che hanno storicamente sostenuto l’industria cinematografica italiana, in primis Rai, Mediaset e Sky. Le quote di investimento devono essere destinate alla produzione di cinema indipendente, e non allargate alla distribuzione e alla promozione che godono di altri strumenti di tutela (quali le aliquote straordinarie per il tax credit distribuzione).

Il ripristino dei principi contenuti nell’art. 57, comma 3, con particolare riferimento alla previsione di limitazioni temporali ai diritti acquisiti da broadcaster e piattaforme e alla previsione che gli obblighi di investimento siano assolti esclusivamente attraverso licenze, pre-acquisti e co-produzioni ovvero forme contrattuali che consentano ai produttori italiani di mantenere la titolarità di una parte dei diritti sulle opere realizzate, consentendone la crescita e la patrimonializzazione. L’introduzione delle sotto quote documentario e animazione per sostenere lo sviluppo del settore.

Il rafforzamento del livello degli investimenti a favore delle produzioni audiovisive italiane, come peraltro già previsto nella proposta originaria del governo”.

L’audiovisivo in Italia

La filiera cinematografica ed audiovisiva italiana, ricordano, è composta da oltre 9.000 imprese, e genera un’occupazione diretta di oltre 65.000 persone, oltre a 114.000 occupati nelle filiere connesse. “È un settore giovane, dinamico e con elevate competenze digitali, che produce effetti economici e occupazionali importanti con un moltiplicatore stimato in 3,5% e molto radicato nel territorio” affermano. “In Europa è il quarto mercato di riferimento, il terzo per produttività dopo Germania e Francia. Senza tacere l’impatto del prodotto audiovisivo e cinematografico sull’immagine dell’Italia nel mondo. Dobbiamo – aggiungono – continuare a competere sul mercato internazionale, a maggior ragione in un momento in cui diversi Paesi stanno adottando il nostro modello di sviluppo degli investimenti e di incentivi alle industrie”.

(Ansa)