L’intelligenza artificiale e l’algoritmo del desiderio

A proposito dell'IA e della lotta degli sceneggiatori: se fosse possibile avere la formula della meraviglia e del desiderio tutto sarebbe già scritto, il futuro finito. Una domanda: il Sistema sarà in grado riconoscere il Bertolucci di domani?

Abbiamo aperto qui, su The Hollywood Reporter Roma, uno spazio per il confronto di idee sull’intelligenza artificiale. Hanno parlato e parleranno ancora sceneggiatori di diverse generazioni, alcuni celeberrimi e – se si può ancora dire, ma diciamolo – anziani, altri assai più giovani e in ascesa. E’ molto interessante quel che scrivono. Per me è stata una scoperta, e a certe altezze della vita le sorprese sono sempre un dono: sarebbe così bello essere costantemente circondati da qualcuno che dice qualcosa di inaudito, che ti costringe a pensare toh guarda, non ci avevo mai pensato.

E invece. Invece il pensiero corrente è un bolo alimentare di pensieri già pensati, un rimasticamento di formule, slogan, battute a effetto, citazioni di cui nessuno sa più dire la fonte, Aristotele o Osho, è uguale. La gentilezza è rivoluzionaria. Chi l’ha detto? Il Papa, Che Guevara, Franco Basaglia, una influencer che promuove una linea di moda neoromantica? Abbiamo avuto una lunga conversazione con Alice Rohrwacher, la troverete a momenti qui. Ha quarant’anni, disegna mondi. La Chimera, il film che porta a Cannes, è qualcosa che nessuna intelligenza artificiale avrebbe potuto immaginare perché nasce da quel che lei è: dalla sua storia, i suoi pensieri, il luogo dove è cresciuta, i volti che ha visto nell’infanzia, le paure e i bisogni, i desideri.

Nasce dal genio – lo dico in senso tecnico, non è una valutazione di merito: il genio è la capacità di scrivere una pagina nuova a partire dall’esperienza, dalla visione del mondo, da quel che i tuoi occhi intercettano e gli altri occhi no. Il genio vede quello che c’è, ma che gli altri occhi non vedono ancora. Da quel momento, poi, tutti. Nessuna formula prevede l’errore. Le formule sono esatte, replicano l’esistente e lo mettono a sistema. Nessuna formula sa inventare l’inciampo incantevole di un verso poetico: lo può studiare e replicare, certo. Ma non lo può pensare. L’ho detto mille volte, lo dico ancora: cambia il mondo quando qualcuno scarta di lato, immagina l’imprevedibile, suscita meraviglia e desiderio. Se fosse possibile avere la formula della meraviglia e del desiderio tutto sarebbe già scritto, il futuro finito. Sarebbe, il futuro, una immensa tristissima replica di quarte e quinte stagioni, una pallida copia di quel che qualcuno un giorno ha visto per primo. Ma fra la copia e l’originale cosa scegliereste, se conosceste l’originale? Il problema è questo, questo il discrimine: conoscere o no.

Viviamo in un presente perpetuo privo di memoria. Quasi del tutto privo: sono mosche bianche quelli che leggono cosa ha scritto chi ci ha nei secoli preceduto, sono dinosauri quelli che dicono “l’aveva già detto, già fatto Cechov”. Cechov chi? Che noia. Cronaca di una morte annunciata sarebbe bocciato all’esame del tavolo, manca il colpo di scena. Dov’è il what a fuck, in Garcia Marquez? Prevedibile, già dal titolo. Cambiare il titolo, per cominciare. Avrebbe luogo un film in cui la protagonista è per tutto il tempo in coma, oggi? A chi potrebbe portare Almodovar la sceneggiatura di Parla con lei?

Certo, poi: come dice Nanni Moretti. Se sei Almodovar sei Almodovar. Fai quello che vuoi. Se sei Guadagnino, se sei Sorrentino. Ma prima di diventarlo. Prima di essere così autorevole, riconosciuto, celebre e dunque redditizio per l’industria. Prima, quando c’è da scommettere sullo sguardo di qualcuno che vede un orizzonte diverso da quello che l’algoritmo pre-vede. C’è ancora in questo Sistema la possibilità di dare spazio e voce a qualcuno di ancora sconosciuto che potrebbe essere il Bertolucci di domani? E’ una domanda. E’ una preoccupazione.

Non fa paura l’intelligenza artificiale. Fa paura l’inerzia naturale. La via più comoda e sicura che ci tiene qui, inchiodati sul divano a rivedere all’infinito repliche di storie già sentite, ma nuove – invece – per chi non sa la storia. Vedo che i grandi rapper venuti dalla strada si sono fatti produttori, la musica di strada conquista l’industria. La rivoluzione ha cambiato segno: nel secolo scorso voleva abbattere il sistema, oggi vuole farsi sistema. Magari è da qui che sorge il mondo nuovo. Dalla fantasia si chi si è fatto padrone nascendo schiavo. I sopravvissuti che diventano per contrappasso signori della scena. Hanno vinto. Sono sempre i soldi che comandano, certo. Ma interessante è sapere i soldi di chi, adesso. Chi batte il ritmo della musica, chi detta l’agenda. Alla fine, sono sempre le storie degli uomini che contano. Non è l’intelligenza artificiale, il tema: è chi la governa.