Vissuta tra la metà del 1300 e i primi del 1400, Eleonora fu l’ultima regnante indigena della Sardegna capace di radunare sotto un’unica bandiera le diverse popolazioni sarde che per la prima volta si riconobbero come “nazione” e lottarono con successo contro gli aragonesi. Antonio Marras con la sua sfilata durante la Milano Fashion Week riporta alla luce la storia dell’emancipata Judicissa medievale dell’isola.
Il suo nome è strettamente legato alla Carta de Logu, lo straordinario testo giuridico in lingua sarda con le norme di diritto civile e penale valide nel regno d’Arborea rimasto in vigore fino al 1827. La Carta si occupava di tutti gli aspetti della vita dei suoi sudditi, dal fuoco, problema atavico dell’isola, riservando agli incendiari grosse multe e predisponendo fasce rompifuoco, ai possedimenti, ai delitti rinnegando esplicitamente l’antica regola barbarica per cui il sangue versato poteva essere asciugato dall’oro, e una vita poteva essere ripagata con una borsa di monete. Almeno in questi casi, il ricco e il povero erano finalmente uguali.
Fondamentale e illuminato è l’articolo 21, che riguarda lo stupro che stabilisce due principi straordinariamente avanzati anche rispetto alla nostra legislazione moderna. Il primo afferma che il matrimonio viene considerato riparatore solo se è di gradimento della donna offesa e comunque non estingue completamente il reato, perché il colpevole deve ugualmente pagare allo Stato una multa. Se invece la donna non lo gradisce come marito, lo stupratore deve provvedere ugualmente al suo avvenire facendola sposare a un altro, e dunque dotandola, in modo conveniente alla sua condizione sociale, e con un uomo che le piaccia.
Il secondo principio riguarda la verginità femminile, cui non si attribuisce un’importanza fondamentale. Infatti la pena è identica sia che il reo abbia preso con la forza una nubile, zitella o fidanzata quindi non illibata. Raramente nell’antichità un atto ufficiale è così rispettoso della volontà della donna. Se si pensa che nel diritto italiano, il matrimonio riparatore che seguiva al rapimento e stupro è stato abrogato solo nel 1981, dalla legge 442. L’articolo soppresso all’epoca – il 554 del codice penale – recitava: “Il matrimonio che l’autore del reato stupro contragga con la persona offesa estingue la colpa.”
Antonio Marras con la sua sfilata ha immaginato una principessa regale, ribelle, indipendente e innovatrice. “Per lei e per gli abitanti del suo regno abbiamo immaginato broccati ricamati, damaschi a motivi floreali, check bianchi e neri o rossi e neri, piede de poule, gessati, chevron, camouflage, lane dipinte o spalmate d’oro, velluti decorati, flock, voile a rose, chiffon a pennellate, pizzi, ricami, intarsi e patch a losanghe. I colori sono i verdi del sottobosco, il giallo, il rosso, l’oro e il nero. Tanti luccichii e fili pendenti” spiega lo stilista sardo che alla nostra domanda se vede oggi una figura contemporanea che assomiglia a Eleonora d’Arborea ci risponde perplesso: ” “Non ho idea di chi possa essere oggi una donna così illuminata, attenta ai diritti delle donne e dell’uomo, attenta alle leggi, che possa parlare un linguaggio che non sia un politichese e quindi incomprensibile ai più e che possa invece provare a dialogare con la gente. È una figura veramente che ci manca”.
Filippo Timi attore per Antonio Marras
Ad aprire la sfilata l’attore Filippo Timi, appena sbarcato a Milano dalla Berlinale dove ha presentato il Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo. “Non conoscevo assolutamente questa storia di emancipazione assolutamente anomala per l’epoca. È stupendo quando incontri un artista come Marras e capisci il percorso, da dove arriva l’immaginazione e gli spunti per le sue meravigliose creazioni. Mi piace il suo modo di rendere preziosi i tagli, la sproporzione dei suoi vestiti che lui chiama straccetti. Però cazzo a guardarli, sono straccetti meravigliosi, preziosissimi, fatti con amore e con quegli strappi che se riuscissimo a fare la stessa cosa con il tessuto dell’anima saremmo tutti a cavallo” racconta un entusiasta Filippo Timi subito dopo la sua performance in passerella.
Il perché Antonio Marras abbia deciso di far interpretare a Filippo Timi il falconiere innamorato della Judicissa ce lo spiega nel backstage dello show: “Ho scelto lui perché mi piacevano le sue fragilità, le sue debolezze, i suoi difetti che poi diventano invece delle cose potentissime perché esplodono in eruzioni. C’è questa lingua magmatica che esce da quest’uomo e che è fatta di difetti, di tagli, di cicatrici, di ferite, è fatta di punti di struttura che si ricuciono e poi nell’indugiare in quella cicatrice con la quale si possono fare cose meravigliose” risponde lo stilita di Alghero.
A vestire i panni dell’eroina sarda l’attrice Anna Della Rosa che alla fine della sfilata, ancora visibilmente emozionata, ci svela che non conosceva la figura di Eleonora. “Ne ho sento parlare per la prima volta ad Antonio Marras. È stato stimolante, emozionante e molto affascinante interpretarla. Poterla esprimere con tanta evidenza in questo abito meraviglioso e questa cappa che mi sembra tirino veramente fuori la potenza di questa donna così lungimirante, così straordinaria. Oggi in Italia non c’è una figura illuminata come lei, però credo ci siano tante Eleonore e questo è il bello. Non ci sarà politicamente, ma c’è nella coscienza e consapevolezza di tante ragazze, di donne anche adulte, mature”.
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