Alla marcia per i diritti LGBTQIA+ di New York sfila anche l’Italia

“Italians are born in these ways too” si legge sugli striscioni durante la sfilata americana, una Grande Mela invasa da bandiere arcobaleno, tra cui sventola anche quella del Bel Paese

Non è un modo di dire e chiunque sia stato a New York in quel giorno può testimoniarlo: la marcia del Pride che ogni anno si tiene alla fine di giugno – mese storicamente dedicato ai diritti della comunità LGBTQIA+ – è una festa che appartiene e coinvolge tutta la città, dai semplici cittadini ai poliziotti, dai tassisti ai pompieri.

Dal sindaco Eric Adams e dal Senatore dello stato di New York Chuck Schumer fino ad arrivare alla vicepresidente Kamala Harris, quest’anno l’ospite istituzionale più prestigioso, insieme agli altrettanto prestigiosi, ma meno istituzionali, Billy Porter (un titolo su tutti: Pose), la modella Yasmine Benoit, l’attivista AC Dumlao, l’attivista per i diritti dei transgender Hope Giselle. Mentre Christina Aguilera presiderà con un’esibizione al Brooklyn Army Terminal in Sunset Park.

Sulle tracce di Stonewall

Una marcia che è un momento comunitario e collettivo, trasversale, che va al di là del suo significato originario, inclusiva, gioiosa, sfrenata. Fatta di amore e di impegno, ma senza un briciolo d’odio, come se fosse davvero possibile, per un giorno, essere tutti uguali, tutti insieme, tutti felici.

È lo spirito della marcia originale del 28 giugno 1970, tenuta un anno dopo gli scontri di Stonewall, quando la comunità gay che si riuniva nel locale omonimo del Greenwich Village si ribellò alle violenze della polizia, dando inizio al grande movimento di liberazione della comunità omosessuale.

Stonewall che ancora oggi è il punto di riferimento davanti al quale sfilerà la carovana secondo un percorso ben stabilito: si parte all’incrocio tra la 25esima e la Quinta Strada e si va verso sud fino a proseguire per Christopher Street passando appunto per lo Stonewall National Monument, che poi altro non è che un minuscolo parchetto che divide Christopher and Grove Street.

Nella moltitudine di bandiere arcobaleno quest’anno, per la seconda volta, ci sarà anche quella italiana. Il Consolato marcerà, così come il Comites di New York ovvero il Comitato degli italiani all’estero del Tristate (New York, New Jersey, Connecticut e Bermuda). L’anno scorso sono stati loro a portare per la prima volta in modo ufficiale e istituzionale i nostri colori dentro la manifestazione, una conquista ottenuta grazie allo straordinario lavoro della Commissione per i Diritti Civili guidata da Claudia Carbone e coadiuvata dallo sceneggiatore Riccardo Costa insieme alla psicoterapeuta Leide Porcu.

“Dopo la bella esperienza dell’anno scorso torniamo anche quest’anno”, racconta al telefono Costa, che all’interno della commissione si occupa proprio dei diritti LGBTQIA+. Regista e sceneggiatore, al lavoro su una serie Netflix, si è trasferito a New York a diciannove anni per studiare Cinema e Comunicazione alla NYU e New School. Ora tra le molte attività insegna italiano alla Pace University (nel Financial District) e cinema italiano alla Hofstra University, a Long Island, una zona conservatrice e con molti italoamericani.

“Per loro l’omosessualità è ancora un grande tabù. Uno pensa a New York come a una città progressista e aperta, ma ci sono comunità ancora molto chiuse. Insegnando lì lo vedo continuamente. Ragazzi che hanno paura del giudizio e che non escono allo scoperto, così come vedo in molti italiani la differenza di comportamento tra quando sono in Italia e quando sono qui: nel primo caso sono repressi, hanno paura, qui si sentono assolutamente più liberi. È importante esserci anche per loro”.

L’italia dalla parte della comunità LGBTQIA+, anche negli Stati Uniti

L’altra organizzazione che parteciperà in modo ufficiale alla marcia è Italyfe, associazione che promuove lo stile italiano all’estero in tutte le sue forme, dalla lingua alla cultura, passando per la bellezza e ai costumi. Francesca Di Matteo – cofondatrice e presidente – l’anno scorso era con Costa in prima fila, dietro allo striscione disegnato appositamente dall’artista italiano trapiantato a New York Marco Gallotta. “Sono etero, cattolica, sposata, praticante, ma ho marciato e marcerò”, dice Di Matteo.

“Lo faccio perché i diritti sono diritti e perché voglio lasciare ai miei figli un futuro migliore. Mai come quest’anno, con quello che si sente arrivare dall’Italia, è importante esserci. Si dice sempre che i cambiamenti si fanno dall’interno, ma non si devono sottovalutare le spinte dall’esterno: a volte la propulsione arriva da lì. Noi che viviamo all’estero e che vediamo l’Italia da lontano possiamo fornire questa energia”. Per la cronaca: lo striscione dietro al quale sfilerà la comunità italiana dice “Italians are born in these ways too”, parafrasando il titolo della canzone di Lady Gaga, italoamericana e orgogliosa di esserlo.