Cartoon Italia avverte: “Mediaset non vuole i cartoni animati italiani. Ma così caleranno gli investimenti”

L'Associazione delle aziende italiane di animazione critica la posizione della emittente sugli obblighi di investimento. Il motivo sarebbe non avere lacci nel palinsesto ma il rischio è che le piattaforme smettano di finanziare la produzione made in Italy dei programmi per bambini e ragazzi

Di THR ROMA

Cartoon Italia, l’Associazione delle aziende italiane di animazione critica la posizione della emittente sugli obblighi di investimento perché metterebbe a rischio la produzione made in Italy dei programmi per bambini e ragazzi.

In questi giorni il Governo sta decidendo se destinare o meno ai cartoni animati di produzione italiana una quota degli obblighi di investimento a carico delle televisioni private e delle piattaforme streaming, scrive l’Associazione nel comunicato.

L’Italia è il Paese europeo che ha sul suo territorio più canali televisivi destinati a bambini e ragazzi, senza contare l’offerta di tutte le piattaforme streaming (Netflix, Amazon Prime, Disney +, Paramount + e altre), ma è anche l’unico Paese in cui è solamente il servizio pubblico, con RAI Kids, ad investire nei cartoni animati italiani.

Di fatto, RAI ha un obbligo di investimento sui programmi per bambini e ragazzi, mentre gli altri operatori osteggiano l’introduzione di un’analoga sotto-quota anche per la loro programmazione. In testa sembra esserci Mediaset. La giustificazione dell’emittente è che non vuole lacci nelle scelte editoriali. Ma, avvisa Cartoon Italia, questa è una opposizione che può avere delle conseguenze estremamente negative per il nostro Paese, sia dal punto di vista culturale che industriale.

L’Associazione oggi conta oltre 50 società di produzione sull’intero territorio nazionale che danno lavoro a oltre 6.000 professionisti.

Sul piano culturale il rischio è evidente, soprattutto per le nuove generazioni. È risaputo che ormai il pubblico dei bambini preferisce l’on demand al flusso delle tv lineari. Il 72% dei bambini tra i 4 e 6 anni naviga sulle piattaforme senza la presenza di un genitore. Se non verrà introdotta la sottoquota animazione, come hanno fatto i francesi, le piattaforme – pressoché tutte statunitensi -, non produrranno mai cartoni animati italiani.

Investimenti nei cartoni italiani

L’animazione è uno dei comparti più attivi dell’audiovisivo, sul piano nazionale e internazionale, che ha nel nostro Paese un impatto occupazionale di enorme rilievo. Siamo i secondi in Europa, dopo la Francia. Ed è lì che le piattaforme continueranno ad investire, se l’Italia non farà lo stesso, introducendo analoga sottoquota.

Se è vero che Mediaset sta facendo valere tutta la sua influenza sul Governo nell’osteggiare la sotto-quota animazione, è difficile comprenderne le ragioni.

L’obbligo di investimento nella produzione indipendente esiste già. La richiesta dei produttori di animazione è semplicemente quella di destinarne una quota minima alle produzioni per bambini e giovani. Una proposta che non avrebbe alcun impatto sui budget dei broadcaster e delle piattaforme. Tanto più che Mediaset potrebbe adempiere tramite i due canali per bambini, Boing e Cartoonito, che ha in joint venture con Warner Bros-Discovery.

Cartoon Italia conta sul sostegno del Ministero della Cultura nella consapevolezza che “l’identità e la memoria di una nazione nascono dai suoi programmi per i bambini” per riprendere uno dei motti più famosi della BBC.

Cartoon Italia ripone inoltre grande fiducia nella posizione del Mimit, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nella sua missione di sostenere le imprese italiane e il Made in Italy anche nei cartoni animati.

I produttori di animazione ricordano che saranno proprio i nostri figli a dirigere l’Italia di domani, ed è proprio sulla base della cultura e dei valori che trasmetteremo a questa nuova generazione che dipenderà il futuro del nostro paese.