Se potessi dirti addio: più che un titolo una speranza (nei confronti di certe fiction)

In una settimana Mediaset si è giocata l’intera miniserie di Simona Izzo e Ricky Tognazzi, incredibilmente rimasta ai primi anni Duemila per qualità recitativa e di scrittura. A cominciare dagli incredibili dialoghi, che sembrano usciti dalla satira degli autori di Boris

Otto anni d’assenza per lui, addirittura dieci per lei. Cosa abbia convinto Gabriel Garko e Anna Safroncik a tornare alla fiction televisiva con Se potessi dirti addio, obbrobriosa opera diretta da Simona Izzo e Ricky Tognazzi, non è chiaro, visto quando andato in onda su Canale5 nel corso di tre disarmanti prime serate. Sceneggiata da Stefano Ceccarelli, Donatella Fossataro, Francesco Giuffrè, Simona Izzo e Leonardo Valenti, la miniserie ha raschiato il fondo del barile delle spesso sbertucciate fiction Mediaset, che hanno contribuito a rendere i due attori dei divi del piccolo schermo. Garko con i mille progetti firmati Teodosio Losito, rapidamente scivolati sempre più verso il trash estremo, mentre Safroncik con soap del calibro di CentoVetrine  e Le tre rose di Eva.

Insieme, l’uno al fianco dell’altra, Gabriel e Anna hanno dato forma ad una micidiale combo che ha stremato persino il solitamente abituato pubblico Mediaset, qui ingozzato con sei puntate in prima serata in una settimana, gettate via in rapida successione in modo tale da scrollarsi di dosso l’evidente problema.

Perché Se potessi dirti addio parrebbe uscito dalla penna dei leggendari sceneggiatori di Boris, che già 18 anni fa deridevano l’infima qualità della fiction tricolore, evidentemente incapace di cancellare difetti talmente palesi e ingombranti da risultare quasi voluti, ricercati, come se il proprio pubblico di riferimento quello volesse e quello meritasse.

La trama della fiction

Nella fiction Anna Safroncik è Elena, neuropsichiatra sposata con Lorenzo, che una notte viene investito da un pirata della strada, che non lo soccorre, lasciandolo morire sull’asfalto. Gabriel Garko è invece Marcello, misterioso uomo che ha perso la memoria dopo aver probabilmente tentato il suicidio. Nessuno sa chi sia, mentre lui non ricorda nulla. Alcuni particolari della sua storia iniziano però a far credere ad Elena che proprio lui sia collegato alla morte del marito.

Il ritorno di Garko e Safroncik

Un dramma che si fa mistery, che si fa poliziesco, che si fa thriller, che si fa storia romantica, che si fa crime, che si fa parodia involontaria. Abbandonati i salotti di Barbara D’Urso,  Simona Izzo e Ricky Tognazzi sono arrivati alla loro 3a brutta co-regia televisiva consecutiva con Mediaset, dopo la doppietta firmata Sabrina Ferilli con  L’amore strappato e Svegliati amore mio (“perché mamma non ce la fa”).

Eppure poco più di 30 anni fa   Tognazzi sbancava i David alla regia con Ultrà e  Piccoli equivoci, mentre Izzo faceva altrettanto con  Maniaci sentimentali. Come siano finiti a girare prodotti tanto insensati nel loro sviluppo narrativo, rimane un mistero.  Perché in Se potessi dirti addio succede di tutto e di più. Nei primi dieci minuti della prima puntata assistiamo ad un presunto suicidio, ad un tentativo di suicidio e ad un omicidio, discutibilmente girato  tra rallenty, confusionario montaggio e tappeto di pianoforte. Successivamente vediamo i due protagonisti, ovvero la dottoressa e lo smemorato del mistero, interagire continuamente all’interno di un ospedale che parrebbe un hotel 5 stelle.

Perché tutti fanno quel che vogliono. Medici con pazienti, pazienti con medici e infermieri, ospiti con medici e pazienti. Tra chi entra e chi esce nessuno controlla, mentre Marcello aka Gabriel Garko alloggia a tempo indeterminato in una singola che  “subaffitta” persino ad uno sconosciuto, alternando sessioni di giardinaggio da sexy boscaiolo, canotte accuratamente madide di sudore e muscoli ben oliati da mostrare alla telecamera dopo bagni di vapore, neanche stesse in una SPA in Alta Badia.

Nel mentre, tra coincidenze a dir poco incredibili, schizzi di doppiaggio ad ampio e raggio, personaggi secondari che sgomitano all’improvviso per conquistare la scena e isteriche scene madri in cui banalmente si urla con la vena del collo a pulsare, visioni dal passato annebbiano il protagonista, con palloni rosso fuoco in stile IT, corse clandestine d’auto che trasformano il tutto in un Fast and Furious alla carbonara e cavalcate all’impazzata in stile War Horse a Villa Borghese.

Scritta dagli sceneggiatori di Boris

Costellato da dialoghi di rara superficialità, frasi fatte e di banale profondità (“Le indagini sono state archiviate, ma il dolore non si archivia mai”), Se potessi dirti addio non sa cosa voler essere, tanto da provare a voler essere tutto. Così la dottoressa Elena si fa anche investigatrice, mentre lo smemorato Marcello scopre visione dopo visione chi sia veramente, ritrovando un passato che aveva quasi del tutto dimenticato.

Nel mezzo emergono personaggi che alimentano ulteriormente l’unidimensionalità della serie, per quanto poco profondi e lasciati lì a galleggiare nel nulla. Dall’infermiera Giovanna, lato “comico” interpretata da Clara Greco, all’ex moglie di Marcello, Aurelia, interpretata da Myriam Catania, nipote di Simona Izzo, fino al commissario Diego Carli, interpretato da Francesco Venditti, figlio di Simona Izzo, che inspiegabilmente condivide informazioni riservate di ogni tipo con la neuropsichiatra Elena, neanche fosse una sua pari.

Poi c’è Nadia, ovvero l’unica testimone dell’incidente mortale di cui è stato vittima il marito di Elena che chiede soldi per confessare chi sia stato, nonché Carlo, socio di Marcello, e Vittoria, sua compagna, che dal nulla risulteranno decisivi nel districarsi dal puzzle di scrittura che con l’ultima puntata raggiunge vette di inenarrabile e surreale meraviglia.

Il responso del pubblico

In tutto questo contesto, che fa letteralmente a pugni con l’elevatissima qualità media della serialità internazionale, subentra la recitazione di tutti i protagonisti, inutilmente caricata, raramente spontanea e credibile, con primi piani stretti ad appesantire ulteriormente uno script che già di suo spinge sull’acceleratore dell’eccesso e del melodramma involontariamente comico, come se fossimo ancora nei primi anni ‘2000, quando Garko collezionava compagne da fiction a ritmo industriale. Neanche a dirlo, anche in questo caso il bel Gabriel finisce per conquistare la neuropsichiatra nonché vedova dal cuore distrutto, e da lui rapidamente ricostruito.

Una fiction ormai apparentemente anacronistica, per quanto su Canale5 spopoli l’orrida Terra Amara, telenovela turca, con il pubblico che non a caso ha tiepidamente rianimato. Le prime due puntate di Se potessi dirti addio sono state viste da una media di 2.851.000 telespettatori, con uno share del 16,90%, saliti a 3.158.000 (share al 17.7%) con i due episodi di giovedì 4 novembre, facilitati dall’inesistente contro programmazione di Rai1. Venerdì 5 aprile gran finale con nuovo calo, pari a 2.906.000 telespettatori con uno share del 16.7%.

Per Izzo e Tognazzi il peggior risultato del loro trittico Mediaset in co-abitazione. Che sia finalmente arrivato il momento di dirgli addio?

Il programma della settimana è stato The Voice Senior, su Rai1