Masterchef 13, vince Eleonora in una delle più belle finali del programma con un menu giappotoscano. Batte Michela e Antonio

Vince la cameriera toscana che sembrava di cristallo, pronta a rompersi da un momento all'altro. Ma di fronte al talento, nulla è impossibile. I due che erano lì per trionfare a tutti i costi si accontentano della piazza d'onore. I giudici, come sempre, danno il meglio e una pazza idea si fa largo: diamo loro il prossimo Festival di Sanremo!

Era iniziata in sordina, questa edizione di Masterchef 13. Anche le pagelle faticavano a carburare. Poi abbiamo capito, piano piano, che era una delle edizioni migliori, con tanti favoriti e outsider di valore e pochi personaggi – e se lo erano, erano pure bravi – e ancor meno underdog capitati lì per caso.

Il segreto della bellezza di questa edizione è in fondo quella che avevamo già notato in quella numero 12: un gruppo più interessante dei singoli (anche se decisamente meno omogeneo). E se anche ha vinto la favorita, c’è stata partita fino all’ultimo.

Vince una nerd, una cuoca piena di fantasia e fragilità, così come già successo lo scorso anno con Edoardo Franco.

Eleonora Riso 10

Non ha sbagliato nulla. I suoi piatti erano sempre un tripudio di creatività, idee, divertimento, voglia di stupire e stupirsi. Anche quando sbagliava, faceva errori belli. Non ha sbagliato neanche in amore se è vero che la semifinale se l’è vista con Niccolò Califano (di lui mi sono innamorato pure io), irresistibile doc chef, a cui il bianco (che sia un camice o un grembiule di Masterchef) dona molto. Almeno a detta di lui, tra di loro “c’è del tenero”, e noi ci immaginiamo già invitati al matrimonio insieme a Costantino Della Gherardesca (e ovviamente il pranzo devono cucinarlo loro!).

Vince in finale anche di fronte al padre criticone e anaffettivo, la sorella che sorride solo quando nessuna la vede e una madre che prova a sostenerla ma nel deserto delle emozioni altrui.

Eleonora è la rivincita di noi insicuri autosabotatori convinti di non meritarci nulla, di noi che affrontiamo la vita come una battaglia da perdere con onore, che ogni ingiustizia o dolore la sentiamo sulla carne viva. Di noi che ci imbarazziamo per i complimenti e crediamo solo alle critiche. Ma soprattutto è una grande chef e ci stupiremmo se presto non la trovassimo almeno con una stella Michelin nel taschino. E col broncio – possiamo dirlo? – è bellissima.

Antonio Mazzola 9

Voleva c0sì tanto vincere che in questo percorso ha sbagliato solo una cosa: non se l’è goduta. Lui che ama la cucina, che più grande era la sfida e più ci si tuffava (pure in situazioni favorevoli ha scelto piatti difficili), che di fronte a ingredienti, ricette o repliche impossibili si gasava, non si è divertito abbastanza. Comprensibile: una moglie incinta in procinto di partorire lasciata sola, una storia da emigrante decennale a soli 28 anni, un sogno inseguito con forza, rabbia e voglia in cui il fallimento non era contemplato. Ma in finale serve la felicità, non solo la cazzutaggine.

Detto questo, mai come quest’anno avremmo voluto un ex aequo, di sicuro non vedo l’ora di mangiare al ristorante che aprirà a Cefalù. Ora, ragazzo, diventa padre e scopri che avventura meravigliosa sia. Cucina pappe e poi conquista il mondo.

I giudici 8

Empatici e ironici, sodali complementari e divertiti e divertenti commentatori in diretta, spietati nell’eliminare quanto nel riconoscere l’onore delle armi, raramente si è visto un trio così ben amalgamato. Così tanto che ogni chef ospite ha trovato una sua collocazione, una sua cifra televisiva e culinaria, sostenute proprio dalla bravura televisiva di questi tre che con la loro cultura, sensibilità e passione ci fanno assaggiare, annusare, sentire le pietanze cucinate e amare la cucina senza che noi la possiamo mangiare, toccare, assaporare.

Locatelli il bello e il raffinato, Cannavacciuolo il duro dal cuore tenero ma anche l’istrione carismatico, oltre che il più bravo a coniugare l’alta cucina e la comprensione per lo spettatore anche più sprovveduto, Barbieri il decano che sa essere tanto spietato quanto tenero, inaspettatamente, quando non te lo aspetti più. Tutti e tre i concorrenti finiscono per adottarli.

Dovrebbero fare un film insieme, dovrebbero aprire un ristorante insieme. Anzi, no, ecco cosa dovrebbero fare: Sanremo, il prossimo anno.

Gabriel e Michela Morelli 7

Sì, il voto va anche a quel bimbo che si permette di dire alla madre Michela “sbrigati mamma” con quell’impasto italotedesco nella voce che ha un effetto al contempo comico e marziale e che tira fuori la tenerezza da quel pezzo di ghiaccio (bollente, perché quelle esultanze ci dicono che pentola a pressione sia la chef Morelli). Sembra arrivare in finale spompata, Michela, anche se il suo primo viene definito il piatto migliore della finale (ho provato a mangiarlo dallo schermo). E questo ci dice che forse bisognerebbe immaginare dei premi collaterali (miglior piatto, miglior capitano delle esterne, migliori battute, quest’ultimo per Niccolò).

Michela si incastra dentro un menù montanaro, per ossequiare le sue origini, ma la montagna in cucina è buona e saporita ma non ti dà modo di spaziare. Così come Antonio rimane troppo siciliano e finisce per valorizzare il viaggio di Eleonora che va dal Giappone a due fiumi toscani, rischiando tutto. Laddove doveva, l’altoatesina, tirar fuori la cazzimma, è rimasta un po’ in difesa, andando sul sicuro. A dimostrazione che a Masterchef si vince se ci vai per migliorare, non per l’assegno da 100.000 euro. Come in fondo, a un certo punto, Gabriel dice a Locatelli.

Sara Bellinzona 6

La sufficienza è perché in finale non puoi sbagliare la cottura della carne. Però dà tutto, riesce davvero a dimostrare di essere all’altezza dei tre favoriti, lei che in molti avrebbero scommesso non sarebbe arrivata fino all’ultimo giovedì. Se ne va con l’onore delle armi – fossimo stati nei giudici le avremmo permesso di portare la sua giacca da chef a casa – e la consapevolezza che a 24 anni finalmente abbia capito il suo valore e quanto e come potrà mangiarsi il mondo.

Forse si è tolta gli occhiali e la corazza di timidezza troppo tardi. Ma, come le dice Locatelli, “andrai lontanissimo” Saretta.

Andreas Caminada 5

Meglio come chef che come personaggio televisivo. I suoi piatti ti fanno cascare la mascella, ma ha poco carisma catodico, a volte è troppo morbido nei giudizi – e non si sposa bene con quell’accento tedesco molto duro -, altre troppo generico. Non sembra un quarto giudice, come molti che lo hanno preceduto, non dà un colore alla sua partecipazione, un’impronta vera e propria.

Senza infamia e senza lode.

L'entusiasmo contagioso di Eleonora Riso al momento della proclamazione della vincitrice di Masterchef 13. Sembrava quasi le dispiacesse

L’entusiasmo contagioso di Eleonora Riso al momento della proclamazione della vincitrice di Masterchef 13. Sembrava quasi le dispiacesse

Il padre di Eleonora 4

La prima cosa che gli sentiamo dire, scettico, è “ma lo cucina nel sacchetto il pesce?”, poi quando la moglie gli dice di urlare forza Ele la ignora, infine si va a congratulare con quel fenomeno di figlia con una lentezza e freddezza irritanti. Ora capiamo che le faccette di Eleonora non erano una posa, che quell’incredulità post vittoria era sincera, che la tensione per via del fatto che cucinasse davanti a lui era giustificata. Come quelle urla di rabbia più che di gioca al momento del trionfo.

Non è mai troppo tardi per dire alla propria meravigliosa e talentuosa figlia che sei orgoglioso di lei. Per fortuna, almeno, anche se a mezza bocca, lo confessa a Masterchef e lei, ieri, lo avrà visto.

Il gruppo 3

Probabilmente è stato il tallone d’Achille di questa edizione. Poco amalgamato – l’edizione 12 te li immaginavi tutti i sabati in gita insieme, loro al massimo alle Olimpiadi di lotta nel fango – ed è risultato evidentissimo ieri che te li sei ritrovati tutti in galleria a tifare (si fa per dire, c’era il calore nel loro sostegno di Sanremo verso Geolier) i finalisti. Non c’era complicità, battute, persino Niccolò era congelato.

Ci ha provato Settimino, l’unico che ci porteremmo in gita, insieme ad Eleonora e Niccolò Califano e a Nicolò Molinari, con i ragazzi dell’edizione 12.

Quanto mi mancano.

Arrivederci all’edizione 14

I voti più bassi in questa finale di altissimo livello non ci sono. Però una proposta sì. Visti i numeri altissimi – battuti tutti i record di share, social e affini – perché non pensare, dall’edizione numero 14, di immaginare la finalissima in diretta? Con il pubblico, magari. Vero che si dovrebbe inevitabilmente bloccare la gara per qualche settimana o mese, ma sarebbe entusiasmante.

Oppure, immaginare una puntata speciale o un paio in cui si sfidano tutti i vincitori in una sorta di Masterchef Champions League. In diretta, appunto.

Sì, lo dico solo perché voglio conoscere i giudici. Ed Eleonora. E i Nic(c)olò.