Molto prima che RuPaul’s Drag Race entrasse nella storia degli Emmy facendo gareggiare uomini in abiti sfarzosi, parrucche colorate e tacchi vertiginosi per diventare l’America’s Next Drag Superstar, i fondatori di World of Wonder, nonché già registi anticonformisti, Fenton Bailey e Randy Barbato realizzavano film che hanno infranto le barriere della rappresentazione mediatica queer, rimodellando il modo in cui l’America guarda alla sua comunità LGBTQ+.
“È diventata una missione per noi”, dice Bailey a The Hollywood Reporter, raccontando di come, con spavalderia e successo, lui e il collaboratore Barbato abbiano dato seguito a film come Party Monster e The Eyes of Tammy Faye, sostenendo l’auto-espressione e la visibilità degli artisti di drag show che si sono affermati nel mondo del pop.
Per la loro arte e il loro attivismo, Barbato e Bailey riceveranno l’Impact Award di THR al prossimo Banff World Media Festival, dove parteciperanno anche a una conversazione condotta dalla direttrice Nekesa Mumbi Moody.
RuPaul’s Drag Race: la rivoluzione queer in tv
Bailey si stupisce che Hollywood non abbia accolto le drag queen come concorrenti di reality molto prima che uscissero dai bar e dai locali notturni per atterrare nell’universo in espansione di Drag Race, condotto dal leggendario artista drag RuPaul.
Dopo il debutto su Logo nel 2009, il franchise di Drag Race si è espanso nel Regno Unito, in Australia, in Canada e altrove, con performer locali, numeri di canto e ballo, sfide in passerella e drammi a volontà dietro le quinte.
“Le drag queen sono le Marine della televisione. La conoscono in profondità. Ballano, cantano, cantano in playback, si truccano, si pettinano”, insiste Bailey. Ma nonostante il successo internazionale di RuPaul’s Drag Race, convincere i dirigenti delle emittenti a ordinare le versioni locali è sempre stata una strada in salita.
“La nostra intera attività si basa sul no. Una sola proposta è stata approvata alla prima richiesta, e il giorno dopo avevano cambiato idea”, ricorda Barbato. Il risultato è una strategia di pitch room che obbliga i co-fondatori a trasformare un no iniziale in un sì finale per avere successo.
Il segreto è circondarsi di persone di talento
“Ovunque è andato Drag Race ha raggiunto buoni risultati. È solo l’ansia di chi pensa che il pubblico sia troppo conservatore o non apprezzi le drag”, spiega Bailey.
Aggiunge che è utile avere Barbato come partner d’affari di lunga data – i fondatori di WoW si sono incontrati al corso di laurea in cinema della New York University negli anni ’80 – visto che nelle loro carriere hanno affrontato continui rifiuti e sfide per proporre progetti che riguardano la cultura queer e drag.
“Avere qualcuno che ti incoraggia, ti sostiene e ti dice: ‘Non è così male come pensi che sia’, è davvero inestimabile”, insiste Bailey.
Barbato aggiunge che la loro ricetta segreta per la longevità del settore è circondarsi di persone di talento: “Abbiamo tante persone straordinarie che lavorano al World of Wonder, molte delle quali da decenni. Cerchiamo di assumere persone che siano più intelligenti di noi”.
Naturalmente, c’è un prezzo da pagare per il duo World of Wonder, poiché la cultura drag che loro considerano edificante ha scatenato un contraccolpo e una raffica di leggi anti-transgender negli Stati Uniti: “È l’ultimo sussulto del patriarcato. È la politica della distrazione. È una cosa temporanea. Noi stiamo andando avanti. Loro stanno cercando di tornare indietro. I movimenti in avanti vincono sempre”, sostiene Barbato.
L’opposizione alla loro arte e al loro attivismo non ha fatto altro che alimentare le passioni creative del World of Wonder. “Non credo ci sia mai stata altra scelta. Siamo sempre stati attratti da persone che sono amiche o che hanno talento. Spesso erano persone come noi, parte della nostra tribù, un po’ ai margini, in disparte. Ci siamo sentiti in dovere di creare opportunità di visibilità”, spiega Barbato.
Traduzione di Pietro Cecioni
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