Fumettibrutti: “Il sesso è lo strumento con cui racconto gli altri, le storie non previste. E tutti siamo fatti di desiderio”

L'artista racconta quanto pesano gli stereotipi, il dualismo maschio/femmina, e perché è necessario parlare e quindi dare coraggio a chi pensa di essere sbagliato. Un percorso di transizione descritto con potenza nei suoi libri che sono diventati strumenti di consapevolezza e libertà. "Non è la natura a sbagliare. E semmai il pensiero dell'essere umano che dovrebbe essere molto più accogliente nei confronti di qualsiasi diversità". L'intervista di THR Roma

Questa intervista a Fumettibrutti è stata pubblicata per la prima volta nell’edizione cartacea di The Hollywood Reporter Roma, Corpo Libero

Linee grezze in un mare di giallo, blu e verde. Piccoli momenti espliciti, chiari, che dipingono un quadro di emozioni e di esistenze profonde, di dolori e rinascite. Corpi immersi nei colori, e in una scrittura personale, quella di Fumettibrutti, ovvero Josephine Yole Signorelli, geniale, potentissima illustratrice e attivista di Catania, classe 1991, autrice di vignette e graphic novel come P. La mia adolescenza trans, Romanzo esplicito, Anestesia e La separazione del maschio con Francesco Piccolo.

“Nei miei fumetti, il sesso è uno strumento. Non è il fine, ma è un mezzo con cui racconto gli altri”, spiega. E poi il desiderio, continua Signorelli, “sento che è il motore della mia scrittura. Non ci vedo nulla di sbagliato nel fantasticare. Noi tutti siamo esseri fatti di desiderio”.

Signorelli, da diversi anni, ha fatto coming out come donna trans, un atto personale e politico forte che rivendica, “anche se non mi è convenuto, ma era ed è indispensabile. Non sai mai che persona salvi, in quale campagna, in quale provincia, in quale stanza. Puoi farla sentire meglio e dirle che esiste, che non è sbagliata”.

Ma “uscire dall’armadio”, nella società, significa anche perdere qualcosa, aggiunge. “Perdi tutta una serie di privilegi che prima hai e che, subito dopo, non hai più. Ma è importante. Se lo fai per te stessa non va da nessuna parte, se invece lo fai per la generazione futura tutto assume un senso anche in ottica collettiva”. Poi, continua Signorelli, “la mia grande fortuna è il privilegio di essere percepita come donna cisgender, e non ho grandi problemi. Ma una persona transgender può vivere lo stress del coming out con la famiglia, lo stress di andare a comprare il pane o camminare liberamente in piazza. Non è giusto, per questo ribadisco e rivendico sempre la mia identità”.

Fumettibrutti parla anche della liberazione dei corpi e della condivisione delle esperienze, l’importanza di internet e del linguaggio, di quanto le parole sono importanti.

P. La mia adolescenza trans di Fumettibrutti

P. La mia adolescenza trans. (Courtesy of Feltrinelli)

Il genere si forma nella società, secondo lei?

Il fatto stesso di parlare o meno in maniera sovversiva del genere non deve per forza essere un modo per cambiare la lingua a tutti i costi. Bensì per parlare di quelle persone inascoltate, o non previste. La scrittura di un certo tipo può aiutare a manifestare delle realtà che ad oggi non sono state prese in considerazione. I ruoli sono dei costrutti, e parlarne in un certo modo può aiutare delle persone a riconoscersi nel testo, in sensazioni e sentimenti che hanno sempre provato ma che non hanno mai avuto la forza di esprimere. Ora sto scrivendo il mio nuovo libro e ho riflettuto sul fatto che se la durante la mia adolescenza avessi conosciuto la parola “non binaria” probabilmente mi sarei identificata come tale.

La nostra società e la nostra politica però ragionano ancora in modo binario.

È la reiterazione degli stereotipi attraverso ruoli rigidi e prestabiliti. Ma qualcosa sta cambiando. Finalmente vedo più sorellanza tra le donne, e di questi argomenti si comincia a parlare molto. È un aspetto positivo che spesso anche noi dimentichiamo ma in realtà le cose, per fortuna, stanno migliorando. Io stessa sto notando dei microcambiamenti. Che sono pur sempre micro, ma è bene ricordarsi che ci sono.

Il corpo può essere una prigione?

Sicuramente può essere fonte di disagio. Siamo abituati a pensare costantemente al nostro aspetto, a come ci presentiamo nel mondo e in società.  Chi nasce in un corpo che non sente il proprio affronta un doppio problema. Ma se cominciassimo a pensare che in realtà quel corpo è giusto, che si può e si deve essere transgender, ecco che la sensazione cambia, quella persona rientra nel mondo. È prevista, non un errore della natura.

A me hanno detto tantissime volte: “Hai corretto ciò che la natura ha sbagliato”. Ma probabilmente la natura non è che sbaglia tanto. E semmai il pensiero dell’essere umano che dovrebbe essere molto più accogliente nei confronti di qualsiasi diversità.  E il valore di una società si riconosce anche da come tratta le minoranze, gli ultimi.

P. La mia adolescenza trans di Fumettibrutti

P. La mia adolescenza trans. (Courtesy of Feltrinelli)

Come si libera un corpo trans?

Parlandone, rendendolo reale. Con il linguaggio plasmiamo la realtà, alla fine noi conosciamo solo un certo tipo di parole, un certo tipo di scenario limitante. Però se mentre si comunica si tiene conto che ci sono tipi di persone, tipi di possibilità e di realtà che ancora non sono state raccontate, perché non previste, si ribalta il punto di vista. Il linguaggio inclusivo è indispensabile.

Ci sono situazioni in cui l’hanno fatta sentire sbagliata?

Da quando faccio questo lavoro ho capito che ci sono ancora dei posti dove non posso andare. Ed è assurdo. Ci sono luoghi in cui la mia presenza viene scambiata per ideologia gender, un termine che non esiste: è una frase inventata per dire che le persone transgender o le identità sessuali fanno tutte parte di un’ideologia che serve a boh, non lo so. Paure che creano solo nemici. Non ci sto.

Anche perché io sono una persona che crede nel dialogo e nell’inclusione, quindi mi fa ridere l’idea che le mie parole possano suonare in qualche modo battagliere. E ci sono anche leggi dello Stato che rendono difficile adottare, per esempio.

Perché devo subire tutto questo? Perché sono diversa e in qualche modo devo pagare questa mia condizione di diversità? No, non funziona così. Da questo punto di vista siamo un po’ indietro, ma confido nelle nuove generazioni che faranno il culo a tutti a colpi di TikTok.

La “lotta armata” passerà attraverso TikTok?

Se serve sì. È una frase per cui sono stata massacrata quando l’ho detta, ma che continuo a rivendicare tranquillamente. Anche perché mi sono resa conto di quante persone transgender o non binarie esistono al mondo, e ognuna con esperienze molto diverse. Limitare tutto sotto un’unica etichetta diventa come la convenzione maschio/femmina. Non è un caso che il mio fumetto s’intitoli La mia adolescenza trans. È un modo per dire che l’essere transgender non è uno stereotipo ma un modo di esistere, di vivere. Con internet, per me, le cose sono diventate molto più facili da capire.

P. La mia adolescenza trans di Fumettibrutti

P. La mia adolescenza trans. (Courtesy of Feltrinelli)

Nei suoi fumetti l’elemento web gioca un ruolo fondamentale…

Le prime conversazioni sull’identità le ho avute sui blog, non con le persone a me vicine. Ho scoperto tante cose sull’’identità transgender grazie ai forum. Nella storia trans ci sono sempre state persone che si sono messe a scrivere su internet, perché lì avevano un terreno tendenzialmente più sicuro. Bastava aprire un blog e qualche cosa – del tuo vissuto personale – potevi spiegarla.

Internet è nelle nostre vite da 30 anni circa, e il panorama da allora è cambiato molto. Ha aiutato molto il processo di coming out. Ed è bello che l’attivismo digitale faccia parte della storia delle persone transgender. Tutte le attività femministe e queer hanno trovato modo di uscire allo scoperto grazie ai blog e alla Rete. Anche perché nello spazio pubblico reale, nel quotidiano, non potevano parlare o non sarebbero state ascoltate.