Kayma: “Racconto il bisogno di non prendersi troppo sul serio, farlo è come un trucco di magia”. Il videoclip del singolo Bunny (Esclusiva)

Il cantante è pronto per l'uscita dell'album New Trying Outs, che sancisce l'inizio di un nuovo progetto. E sulla nuova clip, girata con il regista Indy Hait, dice: "Abbiamo girato tutto in un giorno, improvvisando. Cercavamo di catturare momenti autentici". L'intervista di THR Roma

Nudo a cavallo di un pavone sulla copertina del suo nuovo album, Kayma ci avverte subito di non prenderlo troppo sul serio. Già compositore di musiche per spot pubblicitari di Subaru, Pepsi, Soda Stream, il musicista inizia adesso un nuovo percorso artistico finalmente e totalmente proprio con l’album New Trying Outs, in uscita il 31 maggio con l’etichetta X-Energy. Kayma, all’anagrafe Ori Toledano, è stanco di essere un “control freak” – un maniaco del controllo, come lui stesso si definisce – e cerca adesso l’imprevisto, la spontaneità.

Ne è prova anche il videoclip del suo ultimo singolo, Bunny, girato con il regista Indy Hait, in cui l’artista israeliano balla tra le strade di Tokyo esortando l’ascoltatore ad amarsi “rumorosamente”.

Kayma, il testo di Bunny racconta la necessità di non prendersi troppo sul serio. Le viene facile, o ha dovuto lavorarci?

È un work in progress costante. Prima di questo progetto scrivevo musica per spot pubblicitari, e quel mestiere non mi faceva sentire completamente libero: l’intero concept del mio nuovo album parte da lì. Bunny è ispirato a un episodio accaduto con mio figlio, in cui lui è caduto, tutti hanno riso, e si è messo a ridere anche lui. L’ho trovata una reazione interessante, come un trucco di magia per allontanare l’attenzione da sé invece di attirarla. È stato un momento spontaneo e aveva, appunto, qualcosa di un trucco magico, come tirare un coniglio fuori dal cilindro.

Il titolo dell’album, New Trying Outs, suggerisce la voglia e il desiderio di provare cose nuove. C’è stato un momento, un episodio, che le ha fatto venire voglia di provare qualcosa di nuovo, artisticamente?

Assolutamente. Prima facevo musica su commissione, dovevo prendere le migliori idee che mi venivano e veicolarle verso la promozione di qualcosa. Mi faceva male all’anima, mi sembrava di perdere il romanticismo verso la musica che avevo coltivato crescendo in una famiglia di artisti. Ho capito che avevo bisogno di un cambiamento, fare qualcosa che mi facesse sentire più a mio agio. La terapia che ho trovato è stata scrivere questo album, incentrato tutto, appunto, sulla liberazione del sé.

A proposito della sua famiglia, suo padre ha rappresentato Israele all’Eurovision, che quest’anno è stato al centro di diverse polemiche. Com’è, nella sua percezione, essere un artista israeliano in questo momento?

Ho scelto la musica perché penso sia un linguaggio che va oltre i territori e le barriere. Quindi, mi vedo prima di tutto come una persona che ha un legame con l’umanità tutta, e non come qualcuno che dovrebbe esprimersi politicamente. Sono qui per cantare, quindi non ho un’opinione a riguardo.

Vorrei aggiungere che, se c’è una missione che vedo per me stesso, come musicista, è fare musica che racconti la necessità di diventare la versione migliore di te stesso, non importa chi tu sia. È la connessione che mi piace instaurare con le persone – suscitare in loro un processo in cui esplorano loro stesse, in cui sono più autoconsapevoli e scoprono su quali emozioni devono lavorare, o quale rabbia devono gestire. Credo che tutti siano in grado di farlo, e il senso della mia musica è esortare a costruire ponti e unire le persone.

Com’è nato il videoclip di Bunny? Il regista, Indy Hait, non ha lavorato con lei ai due videoclip precedenti.

Abbiamo sempre voluto lavorare insieme. Avremmo dovuto girare il video per il mio primo singolo, Onsitelover, ma non siamo riusciti a farlo. Bunny era il momento giusto.

Come avete scelto la città in cui girare?

Inizialmente pensavo a un posto come la Germania, o Kiev. Poi, Indy ha proposto di andare in Giappone, a Tokyo.

Avevate un’idea di cosa sarebbe dovuto essere il risultato finale prima di iniziare le riprese?

No. L’obiettivo era far partire la videocamera e fare cose strane, fuori dall’ordinario. È stato difficile, soprattutto considerando che la città è enorme, a volte serviva mezz’ora di macchina tra un set e l’altro. E poi, il gruppo era molto ridotto e abbiamo fatto tutto di corsa, muovendoci con un furgoncino in cui dovevo anche cambiarmi tra un luogo e l’altro. Ma abbiamo catturato momenti autentici, che sono emersi senza pensarci troppo e senza pensare poi al montaggio.

È anche per questo che il videoclip Bunny, a differenza dei due singoli precedenti, non ha una vera e propria trama?

In generale, mi piace che il video rafforzi il messaggio della canzone. In questo caso, l’essenza è “fregatene, fai ciò che vuoi, sii strano, vestiti come ti pare”, quindi aveva senso una scelta di questo tipo. È stato abbastanza stressante per me, ad essere sincero. In certe cose, per esempio i miei concerti, sono un maniaco del controllo. Fare un video in cui voli fino in Giappone senza sapere cosa farai… ma improvvisare era ciò che serviva, abbiamo fatto una buona scelta.

In quanto tempo avete girato?

Un giorno, uno in cui abbiamo lavorato molte, molte ore. Prima ce ne sono voluti un paio per trovare le location giuste. È stata un’esperienza che, se dovessi descriverla in una parola, direi intensa, anche perché in Giappone non è possibile filmare in pubblico. Arrivati sul posto mi truccavano nel furgoncino, e poi dovevamo essere pronti a girare quando non c’erano persone o poliziotti.

Kayma nel videoclip di Bunny, girato da Indy Hait

Kayma nel videoclip di Bunny, girato da Indy Hait

La parola a Indy Hait – il regista

Lei è spesso regista di spot o video musicali – prodotti molto brevi. Le è congeniale girare in breve tempo?

Sì, generalmente giro in un giorno solo. In questo caso è stato davvero difficile, considerando la grandezza di Tokyo e il fatto che volevamo più location possibile. In alcune avevamo solo dieci minuti per girare.

Come avete scelto le varie location?

A sentimento, alcune erano perfette per ciò che volevamo fare. Non volevamo che sembrasse un video turistico, ma il prodotto di qualcuno che conosce Tokyo. Abbiamo cercato di trovare la bellezza in posti che non fossero troppo ovvi. Dopo quell’esperienza io e Ori siamo diventati molto amici, mi sembrava di conoscerlo da sempre. Mi manca, spero di poter presto collaborare di nuovo con lui. E poi è stato divertente, non solo girare ma anche esplorare i luoghi… e il cibo!, il cibo è stata la parte migliore.

Il video sembra girato su pellicola, il rapporto d’aspetto cambia di inquadratura a inquadratura. Perché questa scelta?

Generalmente giro su pellicola, ma in questo caso non potevamo. Mi piaceva molto l’estetica, però, quindi abbiamo girato in digitale e poi, in post-produzione, abbiamo fatto sì che sembrasse su pellicola. Anche per questo cambia l’aspect ratio: volevamo che il videoclip sembrasse girato con camere diverse, in giorni e formati differenti. Per sopperire al poco tempo, ci è sembrato l’espediente giusto per rendere il risultato finale più versatile e interessante.

Ci sono ispirazioni cinematografiche?

No. Per me, però, è molto importante costruire ogni video sull’artista, sul suo carisma. Penso che Kayma abbia fatto un lavoro straordinario qui, soprattutto rispetto all’improvvisazione.