Lavinia Longhi: “Edoardo Leo ti fa sentire a tuo agio. Al provino per Il clandestino gli ho pure dato uno schiaffo “

Madre del sud del Montenegro e padre brianzolo. Un connubio che ha accentuato i tratti mediterranei dell'attrice, che nella serie diretta da Rolando Ravello è l'araba Kadijha. Un personaggio legato alla memoria, di cui l'attrice è "ossessionata fin da ragazza". L'intervista di THR Roma

“Pensi che ho fatto un provino su parte, per poi essere scelta per un altro ruolo”. Lo racconta Lavinia Longhi, tra i protagonisti della serie Rai Il clandestino. “Ma lo immaginavo. Mentre studiavo la sceneggiatura, anche mio marito ha avuto la stessa impressione. Leggevo di Kadijha, di come veniva descritta questa ragazza araba, le sue caratteristiche, ed è finita che quando ci siamo visti a settembre con Edoardo Leo e Rolando Ravello mi hanno proposto di interpretarla”.

Non è la prima volta che le capita, infatti “ero sorpresa, ma poi non tanto”. È la carnagione, il viso, le caratteristiche fortemente mediterranee che caratterizzano l’attrice, 44 anni a marzo, che l’hanno vista spesso in ruoli multietnici, dalla spagnola, all’araba fino alla turca. Come capitato anche nella fiction sull’ex capo dell’antiterrorismo Luca Travaglia (Leo), di cui Longhi interpreta l’amore della sua vita ormai perso, diventato investigatore privato di una sua agenzia “clandestina”.

Come è andata con Edoardo Leo?

C’è stata sintonia da subito. Una libertà totale fin dalla prima volta. Anzi, ero talmente a mio agio che al primo provino mi sono concessa un piccolo atto di improvvisazione e durante la scena gli ho dato uno schiaffo. Chissà in quante maniere disastrose poteva finire. Poteva dire: “Chi è questa, come si permette”. Invece Ravello si è messo a ridere. Gli è piaciuto questo sentirsi sicuri nel lavorare insieme. È avvenuto tutto in maniera molto spontanea. E questo racconta anche tanto di Edoardo, un attore che ti fa sentire al suo pari.

Come ha reagito Leo dopo lo schiaffo?

Non se lo aspettava, ovviamente. Ha pure scherzato: “Ma dammene pure due!”.

Cosa rappresenta Kadijha per il protagonista de Il clandestino?

Sono il ricordo di un amore. Di una donna. Di un vuoto per cui il protagonista deve rimettere insieme i pezzi per capire cosa è accaduto. E, in qualche modo, è un ruolo che può mandare un messaggio al pubblico: che l’amore vince su tutto.

Lavinia Longhi e Edoardo Leo nella serie Il clandestino

Lavinia Longhi e Edoardo Leo nella serie Il clandestino

Eppure non sembra essere una serie predisposta a momenti gioiosi.

Lo è. Lo sarà. Gli unici istanti allegri che il protagonista vive sono quando ripensa a Kadijha.

Kadijha è l’espressione del ricordo ne Il clandestino. Lei che rapporto ha con la memoria?

Da ragazza ero ossessionata dall’idea di perdere qualche ricordo. Ero una di quelle che a quattordici anni ha cominciato a scrivere sul diario e non ha mai smesso. Ho interrotto giusto nell’ultimo tempo. Mi piaceva l’idea di tracciare su carta giorno per giorno dove ero e con chi. Ero ossessionata al punto che per un periodo giravo con un registratore e un piccolo microfono e riprendevo i discorsi dei miei amici e delle persone che incontravo. Molti non lo sanno o non l’hanno mai saputo, e forse è meglio, visto che potrei incappare in problemi di privacy. Ma non potevo rivelare le registrazioni perché non volevo alterare o romanzare cosa accadeva.

Adesso colleziona le sue memorie con i social, come fa la maggior parte delle persone?

In verità sono stata lontana dai social per quasi dieci anni. Che poi è assurdo per una persona come me, visto che è un raccoglitore di memoria immortale. Ma è anche un mangia-tempo. Non voglio perdere una mezz’ora su un social quando potrei fare qualcos’altro.

Le sue origini spaziano molto, tanto da poter interpretare un’araba nella serie.

Sì, mia madre è del sul del Montenegro. Mio padre è brianzolo. C’è un bel mix che si è poi riflesso nei miei tratti, di certo non classici, soprattutto per la fiction italiana. Ma col cambio di piattaforme si va via via sempre più verso l’abbandono di certi stereotipi.

Dal Montenegro alla Brianza. Sembra una storia meravigliosa.

Lo è. Forse un giorno dovrò farne una sceneggiatura. Mio padre ci ha scritto un libro che pubblicheremo con piacere. Aveva 27 anni quando si sono conosciuti, stava facendo un giro per quei territori, ha incontrato mia madre che faceva la cuoca in un’osteria in cui si è fermato a mangiare e si sono innamorati. Poco tempo dopo si è trasferita in Italia. Non parlavano nemmeno la stessa lingua, stanno ancora insieme e hanno avuto quattro figli.

Lavinia Longhi

Lavinia Longhi

Questi tratti spiccatamente mediterranei l’hanno mai ostacolata nel lavoro? Li ha mai visti come un ostacolo?

No, perché alla fine una persona fa i conti con ciò che è. C’è anche il fattore della crescita. Non sono certo la stessa attrice di quando avevo venticinque o trent’anni, grazie al cielo. È che tante volte conquistare il ruolo della protagonista è ed è stata dura. In Rai non passavo. Non so se è colpa di chi c’era prima o merito di chi c’è adesso. So solo che non ero facilmente spendibile. Anche se le mie parti sono riuscita a conquistarle. Ma tutto ciò che mi è capitato me lo sono goduto, dentro e fuori l’Italia.

Ha detto che non è più la stessa attrice del passato. Com’era quando aveva venti, trent’anni?

Ero una bella ragazza. Forse più di tutto mi ostacolava questo. Volevo essere vista perché brava, non per il mio aspetto. Poi il tuo corpo cambia, arrivano anche parti più interessanti e profonde. Magari quella bellezza si trasforma in fascinazione, che è qualcosa di simile, ma che offre più sfumature. Poi arrivavano i ruoli sfidanti, quelli per cui però non venivo nemmeno tenuta in considerazione. Dopo però essere scesa a patti con qualcosa fuori dal mio controllo, ho imparato a trovare il giusto equilibrio.

Ha contribuito anche l’aver aperto una scuola di recitazione?

Ero già grande, avevo trentacinque anni. Un po’ lo abbiamo fatto per avere una stabilità diversa, mettere su famiglia. Recitare è un ambiente complicato, stai molto sul set, hai poche ore da poter trascorrere con i bambini. Poi ho avuto fortuna, è innegabile. Ad esempio ho avuto l’occasione di girare su molte isole: Salina, Malta, Tenerife. All’inizio, quindi, era per avere una sicurezza, col tempo e l’approfondimento ho scoperto che insegnare mi piaceva moltissimo.