Mare fuori, qual è il segreto di quei ragazzi dietro le sbarre?

La realtà, per quanto un po' edulcorata, di un carcere minorile è riuscita a conquistare il cuore dei ragazzi. Ma un po' centra anche il modello Netflix

Una mezzaluna vulcanica affiora nel mare di Pozzuoli, Napoli. Sull’isola, collegata alla terra ferma da un’unica strada, c’è il carcere per i minorenni di Nisida. Esiste davvero il luogo a cui si ispira la serie Mare Fuori, anche se le scene sono – è ovvio – girate altrove, nella base navale della Marina Militare di Napoli. Nella realtà Nisida non prevede spazi comuni per uomini e donne, quindi non sarebbero possibili “le relazioni e le passioni” scaturite da questa “licenza poetica” che la casa di produzione romana Picomedia, insieme a Rai Fiction, si è presa, per dirla con loro, e che sono il motore della storia. Eppure una chiave per spiegare un fenomeno da 50 milioni di visualizzazioni nel solo mese di febbraio, quando è uscita la terza stagione, potrebbe essere cercata proprio nella messa in scena, con licenze poetiche – è ovvio – affatto edulcorata della realtà del carcere minorile.

Mare Fuori è uno sguardo su questa realtà. In un paese come il nostro, in cui di carceri si parla poco e male, in cui i minori finiscono dentro non solo perché il reato è grave ma perché il sistema fatica a trovare un’alternativa, è uno sguardo, certo a volte fin troppo rassicurante e consolatorio tipico di una fiction Rai, in alcuni passaggi anche più intimo e crudo alla Netflix (tant’è che si trova sulle due piattaforme), ma almeno è uno sguardo. Questo potrebbe essere il segreto del successo della serie dai numeri record e inediti per una produzione italiana. Regia di Carmine Elia, Milena Cocozza, Ivan Silvestrini. Una serie che ha prodotto video virali su TikTok e che fa cantare la sua sigla per strada da gruppi di adolescenti. Una serie che per una volta sembra parlare ai ragazzi e non ai loro genitori.

 

Mare Fuori è un racconto corale

Mare Fuori sta un po’ nel mezzo tra la tipica produzione Rai Fiction e quello che invece circola su Netflix, piattaforma che ha acquistato i diritti contribuendo al trionfo delle prime due stagioni. La terza per ora è su Rai Play. Della fiction Rai, Mare Fuori sembra perpetrare alcune “caricature”, alcuni personaggi sono calcati fin troppo nelle loro vesti. Uno su tutti il sensibile e tormentato Carmine, che già all’inizio della prima stagione deve misurarsi con la paternità (perché – è ovvio – la bambina nascerà e si chiamerà Futura). Lo spettatore insomma vede uno Stato che sempre c’è, un futuro per forza migliore per i ragazzi, una seconda possibilità nonostante tutto, un personale del penitenziario che nel proprio lavoro ci crede veramente.

Allo stesso tempo però, oltre le forzature per dovere di fiction, il racconto corale riesce a restituire un’umanità autentica dietro le sbarre, mostrando fragilità, dubbi, pentimenti, rimorsi di giovani cresciuti troppo in fretta, senza colpa per essere nati in una famiglia di camorra, senza colpa per essere già stati contaminati dal male degli adulti. All’interno del carcere un microcosmo prende vita: la legge del più forte, nascondere ogni segno di debolezza per sopravvivere. Ma soprattutto prendono vita percorsi di consapevolezza e responsabilità per gli errori commessi, e questa volta i ragazzi sono guidati da adulti che incarnano figure positive. Il titolo parla chiaro: Mare fuori è tutto quello che c’è fuori dalle sbarre, che i giovani guardano dalle loro celle, chiusi invece dentro. E tutta questa voglia di libertà si vede sullo schermo con i colori più vividi.

L’arrivo e il successo su Netflix

Inaugurata su Rai2 nell’autunno del 2020, Mare Fuori non è esplosa subito. La Rai inserisce questo prodotto nel filone de La Porta Rossa, Il Cacciatore, Rocco Schiavone, serie dalle tinte noir con l’obiettivo di diversificare il palinsesto. Col passare degli episodi la serie inizia a far affezionare gli spettatori, che spesso superano il milione e mezzo di media. Soprattutto su RaiPlay le visualizzazioni appartengono a un pubblico molto giovane e la Rai fa fatica a decifrare i dati (c’è da dire, a sua discolpa, che è considerata una televisione rivolta agli anziani, e l’età media degli spettatori è piuttosto elevata, e  poi che negli ultimi anni numeri così alti per un prodotto italiano rivolto ai giovani non si erano mai visti).

Quindi dati in crescita da prima che Netflix acquistasse i diritti. Di sicuro però l’arrivo delle prime due stagioni sulla piattaforma ha dato una grossa spinta e allargato il pubblico. Dopo essere sbarcata su Netflix a giugno dell’anno scorso, le due stagioni sono rimaste nella top ten italiana per ben 17 (la prima) e 18 settimane (la seconda): straordinario. Basta pensare che Stranger Things si è fermata a 15. Un’ultima annotazione spetta alla viralità dei contenuti che parte dagli utenti di TikTok, forse qualcuno ricorderà il video della suora che interrompe un bacio tra due attrici della serie. E su TikTok i maggiori iscritti sono quindicenni.

Cantare a squarciagola la sigla

Il gruppo di adolescenti cammina nel parco con i cellulari in mano che suonano a volume massimo la sigla di Mare fuori e la cantano a squarciagola. O meglio, dato che il parco si trova a Roma, cantano il ritornello. Non hanno ancora studiato le strofe: sono più difficili per chi non parla il napoletano.

La sigla è cantata da uno degli attori, Matteo Paolillo che nella fiction interpreta lo spavaldo Edoardo Conte. La canzone è stata prodotta da Lorenzo Gennaro e da Stefano Lentini, già compositore dei brani delle fiction Rai Braccialetti Rossi e La porta rossa. La canzone è stata certificata disco d’oro. Ecco perché la cantano tutti, anche per strada. Come la canzone, la serie è recitata in napoletano, spesso con i sottotitoli.

I personaggi e gli attori di Mare Fuori

Insieme agli attori più navigati, tra cui una Carolina Crescentini nel ruolo della direttrice del penitenziario e Carmine Recano in quello del comandante empatico verso i ragazzi, spiccano giovani talenti. Ognuno dei detenuti porta sulle spalle il peso del passato, ben indagato attraverso una serie di flashback sulle ore o i giorni prima dell’arresto. A sottolineare quanto la porta del carcere sia la cesura della loro esistenza.

La nomade Naditza che preferisce il carcere alla famiglia, interpretata da Valentina Romani. Ciro Ricci (Giacomo Giorgio), figlio di un boss e boss a sua volta dentro il penitenziario. Filippo Ferrari (Nicolas Maupas), il ragazzo della Milano bene, promettente pianista, che causa la morte di un amico. Nel cast ci sono anche, tra gli altri, Desirée Popper, Ivan Franek, Pia Lanciotti, Chiara Primavesi, Domenico Cuomo, Antonio De Matteo, Raiz, Ludovica Coscione, Greta Esposito e Massimiliano Caiazzo. Gli attori hanno guadagnato una nuova popolarità. Un’occasione forse anche per il cinema per rivolgersi a un target giovane, per parlare ai ragazzi e non ai loro genitori.