Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: bastava poco per fare meglio dei film. E per fortuna la serie Disney lo fa

Gli episodi, in streaming dal 20 dicembre, rileggono la mitologia greca e la saga letteraria di Rick Riordan per un nuovo pubblico di adolescenti, con una prospettiva moderna. Che però fallisce dal punto di vista estetico e stilistico

Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, la serie su Disney+, aveva un compito apparentemente semplice: essere migliore di quello che era venuto immediatamente prima.

Il film di Chris Columbus del 2010 Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini (seguito nel 2013 da quello di Thor Freudenthal) era così brutto – e più specificamente, era un adattamento talmente mal concepito della saga letteraria ispirata alla mitologia greca di Rick Riordan – che la serie doveva fare “poco di più” per riuscire nella sua missione. La buona notizia è che ce la fa.

Un nuovo pubblico, un nuovo adattamento

Con Riordan come co-creatore al fianco di Jonathan E. Steinberg, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo di Disney+ mostra un approccio fedele ai libri. Si rivolge al pubblico più giovane, ma valorizza gli aspetti del materiale originale in cui ci si può identificare maggiormente a qualsiasi età e fornisce la sua dose di eccentricità fantasy, con pochissimi cambiamenti potenzialmente criticabili.

Il che equivale a dire che è buona serie? Non del tutto. Nei primi quattro episodi, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo funziona grazie alla sua allegria e al suo senso di meraviglia, a un cast principale discreto e a diversi attori veterani entusiasti di far parte di questo mondo spesso goffo.

Ma quando si tratta di catturare i fan più “vecchi”, amanti dei libri, o il pubblico che arriva senza sapere nulla di questo mondo di fantasia, ecco che la serie fatica a trovare la portata epica richiesta dalla materia. È visivamente piatta e gli effetti speciali sono poco ispirati, e non suscitano la minima ammirazione.

Una scena di Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo

Una scena di Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo. Courtesy of Disney+

Percy Jackson, la trama

Walker Scobell interpreta Percy Jackson, un dodicenne che si definisce “ragazzino problematico”. Percy prende brutti voti, ha problemi di disciplina e a volte scorge creature fantastiche che nessun altro vede. Le cose precipitano durante una gita scolastica al Met, quando Percy apparentemente lancia un bullo in una fontana con la mente e forse uccide una professoressa di matematica (la Ms. Dodds di Megan Mullally) con una spada magica dopo che lei diventa una specie di creatura alata.

Solo che nessuno degli studenti si ricorda dell’esistenza di Ms. Dodds, e Grover (Aryan Simhadri) peggiora la situazione denunciando il suo bullismo del suo migliore amico Percy all’autoritario Mr. Brunner (Glynn Turman).

Con la prospettiva di una punizione, Percy torna a casa dalla madre (Virginia Kull) e dal rozzo patrigno (Timm Sharp) e lì riceve al contrario una rivelazione: il padre biologico che Percy non ha mai conosciuto era in realtà un dio greco dall’identità misteriosa, ma prevedibile. A quanto pare una situazione molto frequente: diversi figli mezzi-mortali degli dei vagano per la Terra in cerca di eroiche avventure ma, perlomeno in fase iniziale, frequentano il Campo Mezzosangue, un centro mistico in una valle segreta, così esclusivo da avere persino il proprio merchandising.

Quindi Percy è un semidio bisognoso di formazione. Grover in realtà è un satiro bisognoso di redenzione. E tutti i miti e i mostri dei miti – il Minotauro, Medusa, la Chimera e non solo – esistono davvero. Alla fine c’è una missione che prevede il furto del fulmine di Zeus, ma… per questo c’è tempo.

Una prima stagione introduttiva

A differenza del film, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo dedica un po’ più di tempo all’esposizione e alla costruzione dei personaggi. Ci vuole un intero episodio prima di arrivare al Campo Mezzosangue, il che ci permette di fare la conoscenza di Percy e della sua voce beffarda da ragazzino. È tutto ben fatto e vagamente didascalico, anche se, per tutto il lento svolgimento della serie, la mitologia viene raccontata in modo meno esplicito, quindi tenete a portata di mano il vostro prontuario di miti greci.

Gli dei sono presentati per metà come genitori sfaticati e per metà come predatori sessuali degni delle denunce del #MeToo. Quando Medusa fa una breve apparizione, la serie opta per un approccio molto empatico alla storia del personaggio, non abbastanza da renderla eroica, ma abbastanza da rendere esplicito che venire adescata e poi maledetta da litigiose divinità non dovrebbe fare di te la cattiva della situazione. Tutto il contrario.

Una prospettiva moderna ma poco interessante sulla mitologia greca

È un approccio intelligente e attuale alla storia della serie, ma è uno dei punti in cui questo viene fatto a spese della spettacolarità che gli utenti comunque cercano. Anche una Medusa più semplice e schietta è comunque una donna con i capelli di serpenti che tramuta in pietra chiunque osi guardarla. E se non si riesce a rendere queste cose in un modo visivamente interessante, si sta rendendo un cattivo servizio al pubblico. I capelli di serpente di Medusa non sono per nulla interessanti. E neanche le Furie che minacciano Percy e i suoi amici. E neppure il Minotauro che attacca Percy, sua madre e Grover quando si avvicinano al Campo Mezzosangue.

Il peggio è che i registi dei primi episodi, James Tobin e Anders Engström, sanno benissimo di avere a disposizione un piccolo budget per gli effetti speciali. Quindi Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo continua a riprendere le sue creature magiche di notte, da lontano o in modo totalmente evasivo, con scorciatoie stilistiche che risultano banali. Questo è un problema ricorrente con le serie Disney+ non legate alla Marvel o a Star Wars. Sembrano tutte fatte al risparmio.

Una scena di Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo

Una scena di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo. Courtesy of Disney+

Cosa funziona meglio nel nuovo Percy Jackson

Al di là dei costosi effetti speciali, altri aspetti della serie vanno decisamente meglio. L’umorismo che nel film di Columbus si era del tutto perso torna grazie al personaggio di Scobel. Simhadri ha una divertente energia nervosa, anche se né lui né la serie riescono a fare qualcosa di interessante con un personaggio mezzo caprino. E gli attori più anziani del cast in generale sono eccellenti. In meno di un episodio, Kull dà alla madre di Percy abbastanza spina dorsale e amorevole spirito materno da giustificare la devozione del figlio e Turman ispira subito autorità.

I primi quattro episodi si muovono velocemente – durano tra i 33 e i 44 minuti l’uno – e senza urgenza. È quasi impossibile che chi non ha letto il libro capisca l’importanza della questione del Fulmine, o tantomeno perché un dodicenne venga spedito a cercarlo dopo una formazione da semidio che ha l’aria di essere durata al massimo un paio di giorni. Anche se manca di ritmo e di meraviglia, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo è piacevole da vedere come introduzione adolescenziale a un mondo che molti ragazzini già amano.

Ed è già un’impresa eroica, considerato che l’obiettivo era solo di fare meglio dei film.

Traduzione di Nadia Cazzaniga