“Sono stata molto fortunata come attrice. All’inizio della mia carriera, ho lavorato con persone che mi hanno rispettata, chi più chi meno”. Così racconta l’attrice Léa Seydoux durante la conferenza stampa del 15 maggio per il film d’apertura del Festival di Cannes, The Second Act di Quentin Dupieux.
Nel corso dell’incontro, la stampa internazionale ha chiesto a Seydoux cosa pensasse dell’era #MeToo. “Alcune donne sono state davvero delle vittime. Ma nel mio caso, non posso paragonarmi a coloro che hanno vissuto e sperimentato eventi molto gravi”. Il #MeToo è una questione controversa in Francia, dove la percezione è che l’industria dello spettacolo sia stata lenta ad evolversi.
Seydoux aveva in precedenza parlato delle condizioni difficili in cui si è svolta la lavorazione di La vita di Adele, il film vincitore della Palma d’Oro nel 2013 che le ha dato fama internazionale e che conteneva una scena di sesso tra due donne della durata di sette minuti, che ha richiesto 10 giorni di riprese, mentre il film prevedeva più di 100 ciak per una singola inquadratura.
“Quando sei una giovane attrice è difficile. Si è più vulnerabili”, ha dichiarato Seydoux a Cannes. “C’è un grande rispetto quando si gira un film. Le persone tendono a essere più formali. Sento il cambiamento, anche nelle sequenze più intime. C’è più rispetto”.
The Second Act è opera del DJ francese Quentin Dupieux, che prende in giro l’industria cinematografica e l’ego di chi la circonda, utilizzando un’idea di “film nel film”. La pellicola affronta anche temi quali l’intelligenza artificiale e il MeToo. Nonostante tutto, il regista ha insistito sul fatto che “non c’è alcun messaggio” nel suo film, interpretato anche da Vincent Lindon, Louis Garrel, Raphaël Quenard e Manuel Guillot.
“Ho preso in giro praticamente tutti, compreso me stesso”, ha spiegato Dupieux. “È per divertirsi in questo mondo così inquietante e preoccupante”.
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