Susan Sarandon: “Hollywood è gestita da banchieri. Oggi il cinema è sempre più controllato, censurato e costoso”

“Gli artisti dovrebbero essere in grado di raccontare storie, è così che le civiltà sopravvivono. Voglio fare film in cui si incoraggiano le persone a essere protagoniste della propria vita”. In prima linea nello sciopero di attori e sceneggiatori, l'attrice - ospite il 28 settembre del Lucca Film Festival - si racconta a THR Roma

“Non posso parlare di nessun mio film. Capisco quanto sia difficile in questo momento fare promozione senza gli attori”. Ironica, pungente, lapidaria. Susan Sarandon, da quando è iniziato lo sciopero degli attori e sceneggiatori a Hollywood, è tra le numerose stelle del cinema scese in strada per protestare davanti agli Studios e alle sedi dei colossi streaming. “Un ristoratore mi ha regalato una grossa fetta di mozzarella mentre ero al picchetto. Mi ha detto: ‘Sono qui per sostenervi’”.

L’ultimo atto in ordine di tempo di una lunga carriera fatta di ruoli indimenticabili – da quello di Suor Helen in Dead Man Walking che le valse un Oscar nel 1995 a quello Janet Weiss in The Rocky Horror Picture Show passando per Thelma & Louise al fianco di Geena Davis – e un attivismo sociale e politico costante. “Voglio fare film in cui si incoraggiano le persone a essere protagoniste della propria vita. E a connettersi con altri esseri umani”.

Quello che sta accedendo a Hollywood come influirà sul futuro dell’industria cinematografica?

Speriamo di strappare un contratto più giusto ed equo che rifletta il modo in cui l’industria opera adesso e non come trent’anni fa. Soprattutto per quanto riguarda gli attori minori e la minaccia dell’intelligenza artificiale. È per questo che si tratta di una situazione del tipo “ora o mai più”. Con il passare del tempo, tutto diventerà sempre più complicato e con sempre meno diritti per gli artisti. La trattativa è importante anche perché riguarda una tendenza che si sta verificando nella vita di ogni lavoratore.

Julianna Margulies, Susan Sarandon e Rosie Perez picchettano davanti la sede di Netflix a New York

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Quale?

Gli amministratori delegati ricevono enormi rimborsi o bonus, mentre per i lavoratori sta diventando impossibile sopravvivere. Lo sciopero è molto importante non solo per il sindacato degli attori e sceneggiatori, ma per tutti i sindacati. E riflette una questione che riguarda tutti i lavoratori, quelli delle ferrovie, delle compagnie aeree, degli insegnanti o delle catene di fast-food. Perché l’avidità e il profitto anteposto alle persone sono ora una malattia riscontrabile in tutti luoghi di lavoro negli Stati Uniti.

L’intelligenza artificiale la spaventa o pensa che si debba solo trovare un equilibrio nel suo utilizzo?

Mi spaventa se significa prendere l’immagine di qualcuno, usarla in perpetuo in ogni film che si desidera senza che l’attore possa più avere il controllo. Andando in questa direzione, non so se dobbiamo mettere sotto copyright le nostre voci o noi stessi. O cosa fare esattamente per evitare che ciò avvenga. Penso che la gente voglia vedere l’umanità che si percepisce sullo schermo. Ci sono generazioni di bambini cresciuti giocando a videogiochi in cui i personaggi sembrano quasi reali. E forse per loro non sarà un insulto vedere immagini generate al computer di attori che fanno cose su cui non hanno potere. Penso che forse l’intelligenza artificiale sarebbe più adatta a ricoprire il ruolo di amministratore delegato. Potrebbe analizzare tutto e prendere decisioni in base alle vendite.

Lavora nell’industria cinematografica da molto tempo. Quali sono state le principali evoluzioni di cui è stata testimone?

La più grande è che ora l’industria è gestita da banchieri che non necessariamente amano i film. Anche ai tempi di Bette Davis c’erano tanti problemi, ma almeno quei capi degli Studios, misogini e quant’altro, erano interessati al cinema.

E tra gli aspetti positivi?

Ci sono alcune decisioni assunte durante lo sciopero per cui piccole produzioni, che non hanno fondi aziendali, hanno il permesso di firmare un accordo provvisorio che segua tutte le richieste del sindacato degli attori. Credo che se questo funzionerà, forse potremo ipotizzare un modo diverso di fare film, con budget più ridotti e raccontando storie più piccole.

Susan Sarandon alla prima di Bad Moms 2 – Mamme molto più cattive

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Il suo attivismo politico ha mai messo a rischio la sua carriera?

Penso ci siano stati dei rischi, ma mi sembra che sia come preoccuparsi se il tuo slip si vede quando stai scappando da un edificio in fiamme. Come cittadini, abbiamo il diritto e l’obbligo di chiedere informazioni necessarie per fare scelte adulte. E poiché sono collegata al mondo dei media, a volte le persone vengono da me con informazioni che non sono raccontate e che invece dovrebbero esserlo. E questo è il mio lavoro. Non dico a nessuno cosa pensare e non voglio candidarmi, ma posso aiutare. Posso contribuire ad aumentare le possibilità di far sentire certe voci che non vengono ascoltate.

Ha dichiarato di essere diventata attrice quasi per caso. Ma come si costruisce una carriera come la sua, partendo da un’esperienza fortuita?

La recitazione non è come un’operazione al cervello! Chiunque può recitare. I bambini lo fanno in continuazione. In realtà, la parte più difficile della recitazione è sopravvivere. Quando si invecchia o si ingrassa Hollywood tende ad avere le sue opinioni. Ma l’atto vero e proprio della recitazione è solo fingere. E se si ha la fortuna di prestare attenzione e di avere personaggi interessanti, si può migliorare sempre di più. Non devi andare a scuola per capire come si fa. La mia formazione è stata tutta sul lavoro. E sono grata di non averla presa troppo sul serio, perché mi ha permesso di avere una certa prospettiva sulla mia carriera. Ma ci sono anche altre persone che hanno frequentato la Juilliard, ad esempio, e hanno fatto un lavoro straordinario.

Cosa si augura per il futuro del cinema?

Spero ci siano più piattaforme a cui si possa accedere senza che sia tutto incredibilmente controllato, censurato o costoso. Le persone dovrebbero essere in grado di fare film e raccontare storie, perché è così che le civiltà sopravvivono. E se si ha intenzione di cambiare, di sfidare lo status quo, il cinema è il modo in cui si può scegliere di farlo. La narrazione può anche aumentare l’empatia verso persone con le quali si pensava di non avere nulla in comune.

È uno strumento molto potente. E mi auguro diventi meno controllata dal denaro e che si apra al pubblico. Un tempo c’erano così tanti cinema indipendenti che proiettavano film stranieri e piccole opere. Ma sono stati assorbiti come ha fatto Bill Gates con le aziende agricole. Questo è un filo conduttore: le multinazionali del denaro si accaparrano tutto ciò che è indipendente. Spero quindi che riusciremo a resistere. Anche in termini di narrazione.

L’articolo originale è stato pubblicato sul magazine The Hollywood Reporter Roma di agosto.