Willem Dafoe: “Non ho risposte sulla salvezza degli uomini. È già difficile provare a salvare me stesso”

"Qualcuno potrà sicuramente riconoscersi negli uomini-oppressori di Povere Creature!" racconta l'attore nei panni del dottor Godwin Baxter, diretto da Yorgos Lanthimos e al fianco di Emma Stone per il film Leone d'oro in sala dal 25 gennaio. "Dio e Gesù? Sono entrambi simpatici"

Willem Dafoe è cresciuto in mezzo ai medici. La madre è medico, il padre è medico, uno dei suoi sette fratelli è medico. È per questo che una delle più grandi paure dell’essere umano, recarsi in ospedale, per l’attore rappresenta più un tornare a casa, un respirare quel senso di ritrovo familiare.

Quando era solo un adolescente lavorava come portinaio alla clinica del padre, accompagnandolo in giro per le visite ai pazienti e avendo da subito a che fare con la medicina, la malattia e il tornare sani – anche se forse non si è preso cura bene del suo udito: “Potrei essere diventato sordo, troppi film di guerra”. Che la professione dei genitori abbia influito sulla propria carriera? No. Ma per l’aver interpretato uno scienziato per Povere creature! di Yorgos Lanthimos lo ha sicuramente aiutato, come ammesso durante la presentazione a Roma dell’opera, in sala dal 25 gennaio.

Per il regista greco, che ha tratto il suo film premiato con il Leone d’oro dal romanzo omonimo di Alasdair Gray, l’interprete è il dottor Godwin Baxter, padre e demiurgo della protagonista Bella di Emma Stone, che in quel “God” racchiude in sé il senso divino e onnipresente di una figura creatrice, vicina all’idea di Dio, ma ben più terrena ed umana.

Proprio Dafoe, che per Martin Scorsese nel 1988 è stato Gesù ne L’ultima tentazione di Cristo, e che non trova molte similitudini tra “padre” e “figlio”: “Sono però entrambi simpatici. O, almeno, lo sono per me”.

Povere creature!, tra uomini oppressivi e donne libere

Più che Dio – anche se il riferimento cristologico rimane – Godwin è un Frankenstein al contrario, che pur avendo adoperato con metodi poco ortodossi sul cadavere della giovane donna suicida, impiantandole il cervello del feto che aveva in grembo, non rimane ripugnato dalla sua creatura, bensì ne ricopre il ruolo di padre.

“Frankenstein disconosce il suo mostro. Godwin dona a Bella una seconda possibilità, una donna che aveva optato per il suicidio e che invece lo scienziato riporta in vita. E, così, fa anche con se stesso. C’è qualcosa di positivo, eccitante e generoso nel gesto di Godwin – afferma Dafoe – Seppur poco etico”.

Willem Dafoe in Povere creature! di Yorgos Lanthimos

Willem Dafoe in Povere creature! di Yorgos Lanthimos

Che di salvezza, se di salvezza vogliamo parlare, ne hanno bisogno più gli uomini che le donne nell’era del post #MeToo, delle rivoluzioni femministe nella società e nella cultura (e, perciò, anche al cinema) e della conquista del botteghino da parte dei personaggi femminili, di cui Bella Baxter è l’incarnazione perfetta.

“Non ho una risposta per la salvezza degli uomini”, confessa l’attore. “So che Povere creature! ritrae con umorismo il modo in cui cercano di opprimere la libertà delle donne. E che quest’ultime hanno una resistenza sessuale ben più elevata del genere maschile, probabilmente è per questo che ha cercato di sottometterle per tanto tempo. È un’era di grandissimi cambiamenti, vent’anni fa un simile film non sarebbe stato accolto alla stessa maniera. E, per il momento, tutto ciò che posso provare a fare è solamente cercare di salvare me stesso”.

Willem Dafoe, il trucco di Godwin e la stella sulla Walk of Fame

Un film, Povere creature!, orchestrato da un talento europeo, da un regista che “non ti dà delle vere indicazioni, ma ti guarda recitare e suggerisce poi degli accorgimenti. Tutto con fare sornione, quasi prendendoti in giro, sperando di spronarti”. Un inventore di mondi Lanthimos, in sintonia con la sua musa Emma Stone (“Sul set eravamo lì per lei, a darle il nostro appoggio, un talento flessibile e senza l’atteggiamento da diva), il cui film è stato impreziosito dai costumi di Holly Waddington – che hanno tratto ispirazione da Francis Bacon – e dalle tre ore di trucco per Godwin/Dafoe.

“L’ho fatto prima e probabilmente continuerò a farlo anche dopo. Il trucco è uno strumento fantastico, permette di guardarti per ore mentre ti nascondi dietro a una maschera in cui svanisce te stesso e appare il tuo personaggio. È comodo? Niente affatto. Ne vale la pena? Assolutamente sì”.

Un attore che non ha più bisogno di cercare sfide, sebbene il remake dell’horror Onibaba rimane un sogno ormai quasi tramontato (“Mi toccherebbe interpretare la vecchia anziana, quella sì che è una sfida!”), e che l’8 gennaio ha ricevuto la sua stella sulla Walk of Fame: “È stata una bellissima cerimonia”, racconta Dafoe.

“Mi sono sentito parte di una comunità. Se sei un attore che lavora a livello nazionale e internazionale, se ti sposti in continuazione tra produzioni da blockbuster e cinema indipendente, non hai un luogo specifico in cui ritrovarti con le altre persone. La stella, invece, è un riconoscimento universale che mi ha fatto sentire parte di un insieme. È stato divertente e commovente. Difficile se mi fermo a pensare che quella stella sul pavimento resterà anche quando io non ci sarò più”.