Se Barbie era l’antipasto, Povere creature! è il dessert

Ambedue i titoli sono film della rivoluzione del 2023, che ricorderemo come l’anno in cui è stata illuminata una femminilità libera che non vuole essere rinchiusa, né in una scatola (come la bambola della Mattel), né in una casa (vedi alla voce Poor Things). Eppure non sono stati accolti nello stesso modo

C’è una bacheca fuori dal Palazzo del Casinò sulla quale si possono scrivere tutti i commenti che si vogliono. Durante la Mostra di Venezia si può prendere un foglio e buttare giù ciò che si pensa (cercando la battutina più sagace, che magari ci scappa la condivisione su Twitter) e, chissà, vincere anche la miglior stroncatura del festival – è un premio esistente, consegnato da Gianni Ippoliti e il Codacons.

Una scritta recitava: “Ridateci i soldi… che dobbiamo andare al cinema e rivedere Poor Things con i fidanzati!!!”. Se la prima parte è lo slogan del suddetto stand (“Ridateci i soldi”), la seconda è perfetta per racchiudere il senso del film di Yorgos Lanthimos, vincitore del Leone d’oro (“Che dobbiamo andare al cinema e rivedere Poor Things con i fidanzati!!!”).

Perché tutto sommato Povere creature! fa la stessa operazione di Barbie. Ma se la pellicola di Greta Gerwig si è tirata dietro lo scetticismo dei tanti che l’hanno definita un “film per bambini”, l’opera di Yorgos Lanthimos può nascondersi dietro all’arzigogolamento dei dialoghi e l’estro distorto della regia. Anche una sana dose di grottesco non guasta, riuscendo subito a conquistare il cinefilo di turno (con Lanthimos giustamente, aggiungeremmo). Ma il tema dei due film è sempre lo stesso: l’indipendenza e l’intraprendenza della protagonista, in questo caso la “Frankenstein” Bella Baxter di Emma Stone.

Ma siamo davvero così semplici? Basta davvero così poco per classificare un film mainstream (Barbie) come mercificatore di un messaggio didascalico e capitalista, mentre un’opera con aspirazioni autoriali (Povere creature!), ma dal medesimo contenuto, come una tra le migliori pellicole dell’anno? Forse è il caso di notare anche che la seconda pellicola è diretta da un uomo, la cui posizione è ben meno in discussione rispetto a quella della regista di Lady Bird e Piccola donne. Ma non è necessario mettere il dito nella piaga.

Con Barbie c’è chi è stato capace di tacciare la pellicola di incitamento alla disuguaglianza, con gli uomini ritratti in una posizione sfavorevole in quanto sensibili, cedevoli, in grado di piangere. Sia mai, meglio continuare a immaginarli come dei super macho con cappelli da cowboy che trottano a cavallo (Ken approverebbe). Altri l’hanno definito una marchetta della Mattel – elementare Watson, risponderebbe Sherlock Holmes, visto che la casa dei giocattoli l’ha prodotto – forse dimenticando il passaggio in cui vengono citate le accuse di frode di cui è stata accusata Ruth Handler, creatrice della bambola.

Un’opera che ha dato fastidio per il suo essere sia un’esperienza ludica che una lezione sulla parità, con un finale che dimostra come sia le Barbie sia i Ken abbiano qualcosa da imparare. Fortunatamente a parlare è un botteghino che ha superato il milione al box office e ha fatto entrare Barbie al quindicesimo posto nella classifica dei film con il maggiore incasso della storia. Oltre ad essere diventato un caso di studio e di richiamo in tutto il mondo, bandiera di una battaglia che ha dimostrato di essere anche culturale, non dimenticando di far ridere dalla poltrona di un cinema. 

Povere creature! e la nuova dottrina del cinema (femminista)

La verità è che se Barbie era l’antipasto, Povere creature! è il dessert. Ma sono entrambi parte dello stesso buffet. Sono i film della rivoluzione, del 2023 che ricorderemo come l’anno delle lenti su una femminilità libera che non vuole essere rinchiusa, né in una scatola (di nuovo Barbie), né in una casa (di nuovo Povere creature!).

È intrepida, testarda, selvaggia. Non è affatto gentile. Reclama a gran voce cosa vuole, stufa di essere sempre educata (e edulcorata). E che non vorrebbe mai piacere a discapito della sua presa di posizione, solida, sulla donna e il suo ruolo nella società.

Noi lo apprendiamo insieme a Bella Baxter. La vediamo prima bambina, poi adolescente, infine adulta. Prima “figlia di”, poi “amante di”, infine “moglie di”. Mai appartenente solo a se stessa. Tutto avviene nello stesso corpo di Emma Stone, nel giro di poco tempo. Perché conviene comprendere subito come viene screditata e giudicata la donna. E che lo capiscano presto anche i fidanzati, giust’appunto.

Barbie e Povere creature! sono film che arrivano da anni pieni di cambiamenti, di trambusti irrefrenabili, che hanno coinvolto gli stessi premi. Yorgos Lanthimos arriva al Leone d’oro con un film femminista, dopo la vittoria di tre donne: Chloé Zhao con Nomadland, Audrey Diwan con La scelta di Anne – L’Événement (storia d’aborto, tra l’altro) e Laura Poitras con Tutta la bellezza e il dolore. Una bella responsabilità per il regista greco.

Come la protagonista Bella gira per il mondo cercando di conoscerne ogni angolo a fondo, così lo sguardo e soprattutto la rappresentazione femminile sta continuando a sperimentare per diventare sempre più distinta, identitaria e priva di catene. Costruendo una sua dottrina, capace di richiamare il più gran numero di fedeli (e spettatori) possibili.