Riccardo Milani: “Grazie ragazzi, il CSC merita totale adesione. È il punto di riferimento per chi vuole fare cinema”

"Una scuola che in tanti anni ha dato un contributo in termini di attori, attrici, cineasti, sceneggiatori, direttori della fotografia". Il regista, dal Giffoni Film Festival, racconta perché ha deciso di firmare l'appello a favore del CSC. E che "se le sale non sono piene è perché il luogo dei film non è più solo la sala". L'intervista con THR Roma

La sala verde del Giffoni Film Festival è piena di adolescenti. Sono tutti lì per ascoltare uno dei registi e sceneggiatori più amati del cinema italiano: Riccardo Milani. Il suo ultimo film, Grazie ragazzi, è stato uno dei successi della scorsa stagione cinematografica. Merito di una storia capace di strappare risate sincere e fotografare con realismo l’importanza salvifica della cultura, anche e sopratutto all’interno di un luogo chiuso come il carcere. Insieme a Mario Martone, Paolo Sorrentino, Alice Rohrwacher, Nanni Moretti e Wim Wenders è uno dei 600 firmatari dell’appello nato come conseguenza all’emendamento al DL Giubileo che rischia di cambiare per sempre il profilo del Centro Sperimentale di Cinematografia senza attendere la scadenza dell’attuale dirigenza e assoggettandolo alla politica.

Riccardo Milani

Riccardo Milani

È tra i tanti professionisti dell’industria cinematografica ad aver firmato la lettera a sostegno del CSC. Cosa l’ha spinta a farlo?

Ho sentito il mio fonico, Adriano Di Lorenzo, che mi ha spiegato bene le motivazioni e ho aderito. Conosco quella scuola. Negli anni è stata ed è un punto di riferimento per i ragazzi che vogliono fare questo mestiere. Penso che chi vive una realtà la conosce. E penso che se docenti e studenti abbiano deciso di aderire in maniera così decisa a difesa del Centro Sperimentale è perché evidentemente alcune proposte vanno condivise. Credo ci debba essere da parte delle istituzioni in generale la volontà di condividere alcune scelte e capire cosa possano voler dire per una scuola che in tanti anni ha dato un contributo in termini di attori, attrici, registi, sceneggiatori, direttori della fotografia. Tutte figure che hanno fatto e fanno parte del nostro mondo. C’è da parte mia una totale adesione.

Lo sciopero che sta bloccando Hollywood può essere un’occasione di riflessione anche rispetto alle problematiche del nostro settore?

Sì, le opportunità sono date anche da momenti come questi. Penso che un tema importante, nel nostro Paese e non solo, sia quella delle piattaforme. Al di là di questioni che riguardano le condizioni di precarietà di alcuni nostri comparti. Il nostro è un mestiere che se lo si fa con grande successo ti può fare guadagnare tantissimo. Ma ci sono tante figure che sono umiliate dalla scarsità di lavoro, dall’assenza di certezze. È un mestiere complicato da questo punto di vista. È bene che vengano richieste e garantite delle protezioni.

Quali sono i nodi da sciogliere?

La questione delle piattaforme va affrontata una volta per tutte. E i produttori devono avere il coraggio di dire che la piattaforma può garantirgli il rientro sui costi del film, che ci possono essere coperture importanti capaci di assicurare quello che la sala non assicura. Il luogo del teatro è il teatro e i teatri sono pieni. Il luogo della musica sono gli stadi e gli stadi sono pieni. Se le sale non sono piene è perché il luogo del cinema non è solo più la sala. E questo bisogna dirlo con grande sincerità e onestà. Se non si interviene sulle finestre, se non ci sono più novanta giorni ma un anno da dare alla sala come possibilità verso il pubblico, penso che questo discorso non avrà una conclusione se non quella di poter dire che il cinema torna in sala perché la sala è il luogo del cinema.

Il suo prossimo film, Un mondo a parte, vede protagonista ancora una volta Antonio Albanese. Cosa lo rende l’attore giusto per dare voce e corpo ai suoi personaggi?

Con Antonio abbiamo affinità di vario tipo, da quella umana a quella professionale. Ci piace stare lontani da quello che è il contorno, dalla frequentazione di un mondo che ci piace quando lavoriamo. Siamo felici di quello che facciamo, delle persone che incontriamo e ci concentriamo su questo. Con un profilo più basso su tutto il resto, sull’apparire a tutti i costi. Nessuno dei due è così. Abbiamo entrambi caratteri simili, taciturni, non particolarmente espansivi però anche una grande passione per il nostro Paese. E Antonio è una persona che per formazione e percorsi di famiglia ha attraversato l’Italia dal nord al sud. Questo percorso di analisi del nostro Paese lo abbiamo fatto in tanti film con tanti temi. Compreso quest’ultimo. Ci piace raccontarlo con ironia ma anche non nascondendo i drammi che molti di quei temi si portano. Come in questo caso quello dell’abbandono scolastico.

Il tema del Giffoni Film Festival quest’anno è “Indispensabili”. Secondo lei cos’è indispensabile per il nostro Paese?

Umiltà, onestà, coraggio, coerenza. Tutti valori che dovrebbero essere alla base della nostra convivenza. Penso che la comunità sia indispensabile. Ed è fatta di tante cose. Anche di rispetto dell’autorità e della magistratura. Quando una comunità si sbriciola lo fa perché non ha più questi riferimenti. È necessario il loro recupero.