Un lungo salto nel vuoto che non finisce mai. È quello in cui, per tutta la sua vita, si è ritrovato Pietro Valli. Un professore di letteratura con il volto di Elio Germano stimato dai suoi studenti ai quali, nel corso degli anni, ha dato più di un consiglio capace di cambiare il corso delle loro vite. Un uomo all’apparenza per bene, impegnato nel tentativo di far capire al ministero dell’istruzione che un altro modo di insegnare e avvicinarsi ai ragazzi è possibile. Ma il professore, a cui addirittura il presidente della Repubblica vuole conferire un premio, ha un segreto inconfessabile. Quello attorno a cui ruota Confidenza, il nuovo film di Daniele Luchetti in sala dal 24 aprile con Vision Distribution.
Confidenza: un film sull’amore e la paura
Dopo La scuola e Lacci, il regista torna ad attingere alle parole di Domenico Starnone, autore del romanzo omonimo (edito da Einaudi) da cui è tratto il film scritto a quattro mani con Francesco Piccolo. Un’opera che segna il punto finora più alto della carriera di Luchetti – autore di film diversissimi tra di loro ma spesso legati da tematiche ricorrenti – che riesce a gestire un materiale narrativo stratificato e complesso. Ambientato in fasi diverse della vita del suo protagonista, Confidenza è un film sull’amore e la paura.
L’amore che Pietro Valli dice di provare per Teresa (la sorprendente Federica Rossellini), ex studentessa con la quale inizierà una relazione destinata a lasciare un segno indelebile sulla sua vita. E la paura che l’insegnate prova, come un animale braccato, che quel segreto confidato all’orecchio della donna – per rendere il loro legame più profondo – possa trascinarlo negli abissi di un’esistenza priva di stima. Quella che lo nutre. Non è un caso che sposerà la collega Nadia (Vittoria Puccini) le cui prime parole rivolte all’uomo saranno una lusinga.
L’uomo contemporaneo e la sua mediocrità
Pietro Valli è lo strumento nelle mani di Starnone prima e di Luchetti poi per tratteggiare il ritratto dell’uomo contemporaneo. Fintamente modesto, profondamente insicuro, narcisista, con pensieri violenti e terrorizzato dall’idea di essere visto per ciò che è. Un mediocre che, per tutta la vita, ha finto agli occhi di chi gli sta intorno di essere (il) migliore. Una maschera dietro cui nascondere un’espressione di terrore costante. È come se il segreto di Confidenza crescesse a dismisura man mano che la narrazione avanza.
Un palloncino che si gonfia fino a scoppiare nella testa del suo protagonista – un grandissimo Elio Germano – che immagina a occhi aperti la sua fine creando fittizi scenari in cui la verità, finalmente, viene a galla.
Perché forse, nel profondo della sua coscienza, il protagonista di Confidenza non chiede altro che essere liberato da se stesso. Ma ha troppa paura di scoprire cosa accadrebbe se tutti sapessero davvero chi è. In quest’ottica la colonna sonora di Thom Yorke rafforza scrittura, regia e interpretazioni perché pensata per sottolineare quel senso di suspense che non lascia mai il racconto ma, al tempo stesso, evidenzia il grottesco – e perfino l’ironia amara – che contraddistingue la vita di Pietro Valli.
Un film che costringe pensare, dubitare, ipotizzare
Daniele Luchetti si fida del suo pubblico e lo chiama in causa. Impossibile non fare ipotesi, non sentire il crescere della pressione che attanaglia il protagonista. Confidenza è un film che costringe a pensare, dubitare, ipotizzare. E a domandarsi se quella mediocrità è anche un po’ la nostra, sempre così attenti a mostrare solo il nostro profilo migliore cercando di nascondere le brutture che abbiamo dentro. Una di quelle opere dove il non detto e il non mostrato sono ancora più forti delle parole e delle immagini perché, anche se non si possono sentire o vedere, sono palpabili.
Pietro Valli, che in letteratura potrebbe avere legami con i personaggi di Kafka e Italo Svevo, è come un equilibrista costretto a far girare incessantemente dei piattini su lunghi e sottili bastoni senza farli mai schiantare al suolo. Da un lato la stima, dall’altro il baratro. Due elementi agli antipodi che lo mantengono vivo, sempre all’erta. Ma quella tensione toglie il fiato e lo costringe in un vuoto perenne.
Come il maschile di Anatomia di una caduta, senza più coordinate, anche quello di Confidenza è destinato a muovere scompostamente le braccia all’aria cercando, invano, di aggrapparsi ad un appiglio. Justine Triet ce lo mostrava riverso a terra in una pozza di sangue, Daniele Luchetti condannato a una spirale senza fine.
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